Prendendo come riferimento l’esperienza nazionale degli
open data di Camera e Senato – un’iniziativa ormai consolidata che nel 2014 ha visto anche la realizzazione di un hackathon all’interno di Montecitorio – nasce
OpenArs, il nuovo portale che restituisce sotto forma di dati aperti la documentazione prodotta dall’Assemblea Regionale Siciliana. In questo caso il portale, che verrà presentato ufficialmente il
9 novembre prossimo a
Palermo, in occasione del
raduno annuale della community Open Data Sicilia, non è un’iniziativa “ufficiale” dell’assemblea regionale ma nasce come una classica azione da hacker civico. Ne abbiamo già parlato in questo
articolo proprio a firma di Giovanni Pirrotta (Università di Messina) che ha sviluppato il progetto OpenArs insieme a Davide Taibi del CNR. Oggi torniamo sul tema e approfondiamo, in particolare, caratteristiche e opportunità degli open data parlamentari. Lo facciamo nel corso di una chiacchierata con
Andrea Borruso, che è presidente dell’
Associazione onData, fa parte della community Open Data Sicilia, è uno degli autori delle linee guida Open Data del Comune di Palermo e, come lui stesso dice, di notte fa il “civic hacker”.Ad Andrea
chiediamo prima di tutto
di cosa
parliamo quando parliamo di “open data parlamentari”. “Gli open data parlamentari, come tutti i
dati aperti, hanno delle caratteristiche ben definite in termini di formato,
modalità di accesso e licenza – precisa Andrea -. Cosa contengono? Disegni di
legge, interpellanze parlamentari, risoluzioni, interrogazioni, ordini del
giorno, iter legislativi, sedute…La cosa interessante è che dentro OpenArs c’è
anche un po’ di storia del parlamento regionale. Come avviene nei progetti
nazionali di Camera e Senato, sono stati infatti raccolti i dati storici delle
legislature precedenti. È interessante verificare nel tempo quali sono stati i
temi affrontati dai parlamenti, chi erano le figure principali, da quale
territorio provenivano, perché all’interno di questi dati c’è un’anagrafica
completa della vita parlamentare e della vita dei deputati. Si può andare
indietro nel tempo fino alla prima legislatura, accedendo ai dati in formato grezzo, senza dover sfogliare a mano centinaia di
pagine web o pdf, il che consente di fare indagini particolari in maniera
immediata”.Un patrimonio molto vario, quindi. Ma una volta
capito cosa contengono questi dati parlamentari in formato aperto, il passaggio
successivo è capire cosa possiamo farci. Insomma,
a chi interessano questi dati e perché? “L’utilizzo
spesso più utile è quello inaspettato, quello a cui non avevi pensato”,
esordisce Andrea, che ci ricorda come la sorpresa sia sempre dietro l’angolo,
anche per chi ha ideato il progetto e ha reso disponibili i dati. Poi entra nel
dettaglio e dice: “Il primo punto di interesse per tutti è che attraverso gli
open data abbiamo la possibilità di andare direttamente alla fonte per scoprire
senza mediazioni come “camminano” gli atti legislativi. Se, per esempio, sono
interessato a seguire i decreti legge legati a uno specifico tema posso
iscrivermi a un servizio che mi avvisa ogni volta che questi decreti vengono
aggiornati o approvati. Questo mi consente di prendere decisioni in maniera
informata. Sono un’azienda? Posso scoprire finanziamenti e opportunità. Sono un
cittadino o un’associazione? Posso provare a reagire nel momento in cui un
provvedimento che considero errato non è ancora diventato legge. Questo
ovviamente funziona solo se a fianco di una PA che vuole essere trasparente e
coinvolgere i cittadini ci sono comunità che hanno voglia e capacità di
cogliere questa apertura”.È in questo
contesto che si collocano il lancio di OpenArs e il raduno di Palermo, il cui
tema principale è quello dei
Linked
Open Data
, dati aperti che
consentono di creare ponti tra sorgenti di dati differenti e di raggiungere il
livello più alto di fruibilità, pari alle 5 stelle di Tim Berners-Lee. Una
scelta non casuale, dato che il modello di riferimento di OpenArs, come abbiamo
detto all’inizio, sono le piattaforme dati di
Camera e
Senato che del “web semantico” hanno fatto la loro
filosofia e il loro punto di forza.Andrea ci
racconta quindi cosa accadrà a Palermo il 9 e 10 novembre e cosa si aspetta, in
particolare, dall’hackathon del secondo giorno. “Il 9 novembre presenteremo
OpenArs mentre il giorno
dopo ci sarà l’hackathon e sarà questo il momento per capire come usare questa
materia prima che abbiamo a disposizione. Ci auguriamo che siano presenti non
solo sviluppatori ma giornalisti, avvocati, attivisti, comuni cittadini e
proprio a loro potremo chiedere: cosa ti serve? Come vorresti poter usare
questi dati che ora sono a disposizione? Nel 2014 venne fatto un
hackathon all’interno della Camera dei deputati a Roma durante il quale
vennero realizzate app, dashboard, racconti giornalistici. Noi vogliamo proprio
emulare quel tipo di azione. I linked data sono ancora un tema per tecnici, per
cui l’importante è saperli raccontare. Per questo, in occasione dell’hackathon,
potremmo cominciare a creare i primi report visuali sulla vita parlamentare.
Anticipo che durante l’hackathon verrà presentato un
Google Assistant, realizzato sempre da Giovanni Pirrotta, su cui non ho grossi dettagli, ma a
cui immagino si potranno fare domande in linguaggio naturale relative ai dati
contenuti in OpenArs”.Abbiamo detto che OpenArs non è un’iniziativa
“ufficiale” dell’assemblea regionale, ma il dialogo sembra comunque avviato
come ci dice Andrea: “Abbiamo scelto come sede per la prima giornata, quella
del convegno, proprio Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento regionale
siciliano. Simbolicamente entriamo nel “ventre della balena”, perché per noi è
fondamentale il confronto con chi vive tutti i giorni il parlamento, sia per
dirci se abbiamo fatto degli errori sia per aiutarci ad andare avanti. Il
dialogo è buono, speriamo di poterlo portare avanti e
ci auguriamo che la piattaforma sia implementata
in maniera ufficiale
. Sarebbe un
risultato vincente per entrambi. Un progetto come questo, infatti, è
sostenibile solo se viene implementato internamente anche per una ragiona
tecnica: OpenArs viene realizzato grazie a una classica attività di scraping per
cui, semplificando, diciamo che un bot, un programma, in maniera periodica
“scarica” i dati dal sito dell’ARS e questa è un’operazione lunga che non
sempre va in porto. Se invece fosse implementato internamente, lo scraping non
servirebbe perché avrei accesso direttamente al database”.Ma come mai
ancora si fatica ad avviare iniziative di questo tipo dall’interno delle
amministrazioni? “A volte le difficoltà sono dovute a limiti culturali – spiega
Andrea – per cui può capitare di fare un po’ di open data, ma “solo per
rispettare obblighi normativi”. Quello che serve invece è visione e competenza
su questi temi,
serve orizzontalità nella consapevolezza di alcuni (pochi) elementi di
base
. Non avere
idea di come funzionano i dati, cosa sono, cosa abilitano, come devono essere
pubblicati, è un problema. Se continuiamo a dirci che è un fatto tecnico
facciamo un errore. Avviene poi ancora troppo spesso che ogni ufficio abbia il
suo modo di conservare, gestire e pubblicare i dati, e questa scelta non è
sostenibile a livello di costi e gestione”.Infine,
cosa fare per coinvolgere il territorio sul tema open data? “L’
engagement dei
cittadini
si costruisce favorendo
la crescita della cultura del prendersi cura e anche dando evidenza ai
risultati – conclude Andrea –. Per esempio se fai una app per raccogliere
segnalazioni sui rifiuti urbani in città e poi non ti prendi cura di segnalare
quando il problema è risolto, di presentare i risultati o, per esempio, di fare
la classifica dei cittadini più collaborativi, coinvolgere diventa complicato.
Le cose devono essere leggibili e ben narrate”.Appuntamento quindi a Palermo il 9 e 10 novembre con il
raduno annuale della community Open Data Sicilia