Il software non basta, la PA senza carta la fanno le persone

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Se da una parte l’evoluzione tecnologica e le offerte delle software house possono aiutare la PA ad affrontare il cambiamento, dall’altra anche gli addetti ai lavori devono fare la loro: non serve organizzare dei corsi di formazione ad hoc per meglio conoscere la normativa quando poi l’atteggiamento è scettico

7 Giugno 2016

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Robert Braga, collaboratore Osservatorio Professionisti & Innovazione Digitale della School of Management Politecnico di Milano

Reduci dalla “tre giorni” di Roma dello scorso maggio, gli operatori della Pubblica Amministrazione hanno potuto constatare e/o avere conferma dello stato di informatizzazione/evoluzione della tecnologia e della normativa in merito alla produzione dei documenti in solo formato digitale. Ma come fare per essere pronti a non produrre più carta per la scadenza prevista dal legislatore di agosto 2016? (artt. 9 c.2 e 17 c.2 DPCM 13 novembre 2014).

Già il filosofo tedesco Martin Heidegger nella conferenza “la questione della tecnica” degli anni cinquanta poneva l’attenzione non tanto sulla problematica che il mondo si sarebbe trasformato in un completo dominio della tecnica (i personal computer sarebbero stati inventati alcuni decenni dopo) ma “ di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo ”.

Sovente mi capita di confrontarmi ed assistere colleghi che decidono di “fare il passo” verso uno studio più digitale oppure parlare con vari operatori della PA o delle imprese e, nella maggior parte dei casi, assisto ad atteggiamenti restii al cambiamento, vuoi per diffidenza vuoi perché “ ho sempre fatto così”, vuoi perché il senso del tatto dà una percezione più veritiera (?) del documento.

Quindi, nonostante il processo amministrativo di creazione di un documento si sia svolto digitalmente attraverso software gestionali installati in un computer (che non è più una macchina da scrivere), è necessario effettuare una stampa per “vedere e toccare” con mano il proprio lavoro quasi per averne conferma del buon esito.

Di fatto la carta è stata inventata prima dei computer; però per affrontare questa rivoluzione digitale occorre prendere atto che la trasformazione è già avvenuta e che i processi amministrativi esistenti devono essere ripensati in chiave digitale e, soprattutto, che i nuovi processi non possono che essere nativi digitali.

Se da una parte, quindi, l’evoluzione tecnologica e le offerte delle software house possono aiutare la PA ad affrontare il cambiamento, dall’altra anche gli addetti ai lavori devono fare la loro: non serve organizzare dei corsi di formazione ad hoc per meglio conoscere, ad esempio, la normativa quando poi l’atteggiamento è scettico. Nel passaggio al digitale occorre essere un po’ “umili”, non fermarsi alla prima difficoltà d’uso del software, ma investire qualche minuto per approfondire la funzionalità di un comando oppure chiedere consiglio al collega; un atteggiamento pro-attivo e propositivo, dunque, da parte di tutti può sicuramente fare la differenza .

Recentemente, dalla stampa si è appreso che il Ministro della Giustizia ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti di un magistrato che aveva rigettato la richiesta di provvisoria esecutività di decreto ingiuntivo perché l’avvocato non aveva depositato la copia cartacea (“di cortesia”) motivando la decisione col fatto che “ un giudice per decidere usa sottolineare ed utilizzare brani rilevanti dei documenti nonché piegare le pagine dei documenti così da averne pronta disponibilità quando riflette sulla decisione” e ancora “non può un giudice sottolineare lo schermo del computer, ovvero porre orecchiette al computer per segnalare le pagine rilevanti dei documenti”. Un atteggiamento sicuramente restio a modificare le proprie abitudini quando il mondo, come evidenziato in precedenza, lo ha già fatto. Nel caso di specie gli strumenti “ nota, evidenziatore, commenti ” – presenti in un popolare software di lettura dei file PDF – possono essere utilizzati come dei segnaposto ricercabili con l’apposita funzione di “trova testo”.

Se da un lato il software può svolgere numerose funzionalità, dall’altro occorre anche creare un ambiente di lavoro prodigitale in modo da rendere meno dirompente il passaggio dall’analogico al digitale; occorre cioè cercare di replicare i comportamenti analogici nella nuova esperienza digitale. Ne è un esempio l’installazione del doppio schermo (affiancato a quello già esistente): con un piccolo investimento [1] si posiziona verticalmente sulla scrivania un secondo monitor dove verranno visualizzati i documenti nella loro completezza (non occorre utilizzare il mouse per prendere visione dell’intero documento): come leggere un normalissimo foglio di carta. Questo concetto è lungamente ripreso anche dalla “guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali” della Small and Medium Practices Committee dell’International Federation of Accountants[2].

Questi sono solo alcuni esempi che dimostrano da una parte come la tecnologia e la normativa siano mature e come dall’altra come sono sempre le persone a fare la differenza: dipenderà quindi solo da tutti noi decidere se subire il cambiamento o, viceversa, esserne protagonisti.



[1] Mediamente intorno ai 100,00 euro

[2] tradotta in lingua italiana dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed esperti Contabili

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