L’Istat si apre ai big data: la statistica non sarà più la stessa
Il momento di
mandare in pensione il tradizionale questionario statistico non è ancora
arrivato, ma sono già partite le prime sperimentazioni sull’utilizzo dei big
data. A raccontare la nuova frontiera della rilevazione statistica è stato il
presidente dell’Istat Giorgio Alleva, in occasione del suo intervento al
convegno inaugurale di Smart City Exhibition il 14 ottobre scorso.
21 Ottobre 2015
Michela Stentella
In un mondo in cui i dati vengono prodotti dalle fonti più disparate, in una quantità e con una velocità fino a qualche anno fa inimmaginabile, le tradizionali indagini statistiche dovranno necessariamente lasciare il posto a nuove metodologie di rilevazione e analisi. Il momento non è ancora maturo, servono nuovi strumenti, nuove competenze e un quadro normativo/legale in grado di garantire lo sfruttamento in sicurezza di questi dati tutelando al massimo la privacy di chi li produce (spesso i cittadini in prima persona). Tuttavia gli istituti di statistica si stanno già attrezzando e sono partite le prime sperimentazione di utilizzo dei big data, per capire se davvero sarà possibile sostituirli ai dati fino ad oggi raccolti direttamente presso le persone e le imprese.
“L’Istat ha condotto in questo senso delle sperimentazioni avanzate in collaborazione con Università ed Enti di ricerca utilizzando i dati che arrivano da diverse fonti: telefonia mobile, social media, scanner data. I risultati sono promettenti e immaginiamo, entro qualche mese, di mettere in produzione e utilizzare queste fonti nei nostri modelli”, ha detto il presidente dell’Istat Giorgio Alleva, in occasione del suo intervento al convegno inaugurale di Smart City Exhibition il 14 ottobre scorso.
Un esempio di sperimentazione è l’utilizzo dei dati di telefonia mobile per studiare gli spostamenti delle persone nel territorio in diverse fasce orarie e giorni della settimana, riuscendo così a classificare i movimenti della popolazione, da quelli tipici dei pendolari ad altri spostamenti più occasionali, e potendo così ottenere informazioni importanti e tempestive sulla mobilità, utili per la gestione delle infrastrutture dei servizi di trasporto.
E ancora: Istat ha studiato la possibilità di usare google trend e le informazioni ottenute dalle ricerche di lavoro effettuate in rete per migliorare i modelli di stima di indicatori importanti del mercato del lavoro, come il tasso di disoccupazione. Anche in questo caso i risultati appaiono promettenti, così come l’utilizzo dei data scanner per la stima dei prezzi dei prodotti. Insomma, i tempi non sono ancora maturi per sostituire le fonti tradizionali con le fonti provenienti da big data, ma la strada ormai sembra tracciata.
Si tratta di un’opportunità ma anche di una scelta obbligata, visto che, come ha sottolineato proprio Alleva, sono sempre di più le persone, soprattutto giovani, che non si mostrano disponibili a rispondere ai tradizionali questionari di rilevazione statistica.
I primi cambiamenti per passare da una produzione basata sulle indagini a una produzione basata sul patrimonio informativo già esistente sono già stati fatti. L’Istat, come ha sottolineato Alleva, non farà più i tradizionali censimenti decennali, ma sta sperimentando il nuovo censimento permanente della popolazione che si baserà su un sistema integrato di indagini sociali e sfruttamento delle informazioni amministrative già esistenti negli archivi della pubblica amministrazione.
Il futuro presenta ora diverse nuove sfide: capire come utilizzare e gestire i big data, volumi di dati enormi, eterogenei (per fonte e per caratteristiche) e in continuo aggiornamento; riuscire a coniugare tempestività e accuratezza; avviare partnership pubblico-privato (con i provider che detengono i dati) per l’accesso e lo sfruttamento di queste informazioni (e qui entra in gioco il discorso spinoso della privacy); creare infrastrutture informative basate su una pluralità di fonti e formare le competenze necessarie per utilizzare le nuove tecnologie e i nuovi metodi di analisi; promuovere la collaborazione tra i diversi istituti di statistica europei.
Guarda l’intervento di Alleva a SCE2015