Il Piano della Salute della Puglia e il valore della partecipazione
La definizione delle politiche per la salute è uno dei nodi cruciali, e spesso spinosi, per le amministrazioni regionali che sono chiamate a tracciare le linee di indirizzo e dare risposte coerenti alle esigenze del territorio in cui operano. Le conseguenze di scelte che non rispondono ai bisogni dei cittadini sono spesso sotto gli occhi e sulla pelle di chi si trova ad avere a che fare con le strutture sanitarie, a vario livello.
Senza entrare nel merito di annose questioni che pure andrebbero affrontate e risolte, come gli sprechi, le inefficienze, il clientelarismo, la supremazia delle ragioni della politica sull’interesse (e il bene) generale, una possibile alternativa a decisioni calate dall’alto può trovare la propria chiave di volta nella partecipazione dei cittadini stessi alla definizione di queste politiche.
Un tentativo di andare verso questa direzione è il Piano di Salute Partecipato della Regione Puglia, alla cui stesura hanno contribuito i cittadini.
25 Novembre 2008
La definizione delle politiche per la salute è uno dei nodi cruciali, e spesso spinosi, per le amministrazioni regionali che sono chiamate a tracciare le linee di indirizzo e dare risposte coerenti alle esigenze del territorio in cui operano. Le conseguenze di scelte che non rispondono ai bisogni dei cittadini sono spesso sotto gli occhi e sulla pelle di chi si trova ad avere a che fare con le strutture sanitarie, a vario livello.
Senza entrare nel merito di annose questioni che pure andrebbero affrontate e risolte, come gli sprechi, le inefficienze, il clientelarismo, la supremazia delle ragioni della politica sull’interesse (e il bene) generale, una possibile alternativa a decisioni calate dall’alto può trovare la propria chiave di volta nella partecipazione dei cittadini stessi alla definizione di queste politiche.
Un tentativo di andare verso questa direzione è il Piano di Salute Partecipato della Regione Puglia, alla cui stesura hanno contribuito i cittadini.
Un esempio concreto è quello sulla salute di genere: “le donne – spiega Sasso – hanno, non solo uno stile di vita diverso dagli uomini ma una particolare modalità di fruizione dei servizi sanitari. Per esempio rifuggono dai ricoveri, preferendo ad essi le prestazioni ambulatoriali o i day hospital. Noi abbiamo una sanità ospedalo-centrica perché, nei fatti, i servizi territoriali non risultano essere molto efficienti per cui la gente che non sta bene si rivolge agli ospedali anche per gli esami di controllo, con la conseguenza di intasare gli ambienti che dovrebbero essere a disposizione dei malati più gravi”.
Il potenziamento dei presidi territoriali è, dunque, uno degli obiettivi da raggiungere ma oltre alla volontà dei cittadini questo richiede investimenti, sia in termini di risorse umane che economiche e spetterà, comunque, alla politica la scelta di come e dove allocare fondi ed energie.
Il confronto tra la visione politica/clinica dell’erogazione di servizi sanitari con quella dei cittadini ha fatto sì che emergessero due diverse visioni del sistema sanitario. “Il primo ritiene centrali gli aspetti della decisione mentre per i cittadini è fondamentale la valutazione (e quindi la verifica delle conseguenze delle decisioni n.d.r) e i cambiamenti consequenziali.
Per i politici e i clinici il modello informativo prevale su quello della partecipazione auspicata invece dai cittadini. Il modello politico/clinico è macrosistemico, quello individuato dai cittadini microsistemico: i politici pensano al sistema sanitario nel suo insieme, ma poi questo è fatto da tanti sottosistemi che hanno caratteristiche particolari, che operano in contesti diversi, e di questo bisogna tenere conto. Le leggi tendono a standardizzare ma le realtà sono molto eterogenee. Volendo ulteriormente astrarre da queste categorie viene fuori che per i politici le priorità sono il posti letto, gli ospedali e le tecnologie, i cittadini, di contro, mettono al primo posto i rapporti umani, l’organizzazione e la valutazione. Se noi pensiamo al sistema della salute come ad una rete, vediamo come i politici e i clinici pongono l’attenzione sui nodi della rete mentre i cittadini guardano alle relazioni. E’ chiaro che un sistema non può funzionare senza migliorare le relazioni. Queste due visioni sono, dunque, speculari ed è giusto che ognuna guardi l’altra”.
“È stata fatta una richiesta – risponde Sasso – da parte di 800 persone che hanno scritto rilevando i limiti di una serie di nomine non collegate alla professionalità. È una rivendicazione in piedi questa. Io penso che le nomine dei direttori generali non possano che essere di fiducia del management politico. Quello che al management si può chiedere e si può ottenere è che queste nomine tengano conto delle capacità dirigenziali e delle professionalità.
Non possiamo pensare che tra le persone di cui i politici si fidano non ci siano persone capaci, il discorso è che devono scegliere persone competenti e non solo affini dal punto di vista politico”.
“Secondo me è un piano fattibile anche perché abbiamo rilevato che il 20% delle criticità determina l’80% delle insoddisfazioni dei cittadini. Sono quindi un nucleo ristretto di problemi quelli che producono risonanze molto più ampie. Se tutte le strutture fossero più accoglienti e sensibili alla fragilità delle persone che hanno problemi avremmo già raggiunto un grandissimo risultato perché i cittadini potrebbero dire la loro, sentirsi confortati, avere fiducia”.