L’intervista di Gianni Dominici ad Alessandra Poggiani, Direttore Generale di Venis S.p.A., sul tema della trasformazione digitale. L’emergenza sanitaria ha rivelato l’importanza dell’infrastruttura digitale nel permettere alla PA di garantire la continuità dei servizi, come alcune esperienze hanno confermato anche durante questo nuovo stop invernale. Serve però progettare il futuro puntando su alcune priorità, come la formazione e il cambiamento professionale per far sì che gli investimenti in trasformazione digitale diventino un asset del nostro Paese
25 Novembre 2020
Redazione FPA
Da quando l’emergenza pandemica ha costretto la maggior parte dei cittadini nelle proprie case è emersa sempre più l’importanza della connessione digitale nel favorire l’accesso e la fruibilità di alcuni servizi essenziali alla cittadinanza.
Le PA hanno quindi risposto con lo stesso obiettivo, ovvero quello di mantenere la continuità dei servizi, sebben in alcuni luoghi la messa a terra è stata più efficiente che in altri, spesso grazie al lavoro pregresso in termini di dotazione infrastrutturale e di formazione dei dipendenti.
In questa puntata Gianni Dominici intervista Alessandra Poggiani, Direttore Generale di Venis S.p.A., società ICT in house della Città di Venezia e operatore locale di telecomunicazioni. Già docente presso varie università, Poggiani ha sviluppato una profonda conoscenza dei temi che ruotano intorno alla trasformazione digitale, consolidando il suo sapere nel periodo che ha assunto le funzioni di direttore generale dell’AgID.
“La digitalizzazione nella PA passa più dai processi che dalla tecnologia” afferma Poggiani, rimarcando il lavoro fatto nella città metropolitana di Venezia in termini di messa a disposizione della cittadinanza di un’infrastruttura digitale adeguata e utile al mantenimento dei servizi anche durante il lockdown. In questo modo anche l’impatto sui dipendenti è stato minore rispetto ad altre città, grazie a quelle prassi che già da qualche tempo comprendevano il lavoro da remoto e l’utilizzo di determinate tecnologie.
“Abbiamo imparato che gli switch off sarebbero serviti”, continua Poggiani, ovvero che trasportare totalmente alcuni servizi dall’analogico al digitale, così come si è stati costretti a fare durante il lockdown primaverile, avrebbe forse accelerato un processo di transizione che altrimenti sarebbe stato frenato dalla molteplicità dei servizi ed esigenze dei cittadini.
Un esempio su tutti è quello di SPID, ormai sdoganato, ma riguardo il quale serve ancora lavorare per raggiungere quella percentuale di popolazione anziana o con un livello basso di conoscenza della rete.
Parlando poi della necessità di sfruttare al meglio l’ingente somma dei fondi europei che arriveranno grazie al Recovery Fund e al NextGenerationEU, Poggiani sottolinea quanto questi investimenti non siano pensati per ritornare a quella che chiamiamo normalità, bensì per il rilancio del paese, che non può non passare da politiche per la famiglia e per il lavoro, soprattutto ora che grazie allo smart working si è capito che per essere creativi non si può spendere la propria vita chiusi in un ufficio. Serve investire in formazione, riconversione e cambiamento professionale, dimostrando che utilizzare quei soldi in un certo modo porta risultati concreti, come nel caso della PA.
“Nella PA la crisi ha portato buoni consigli”, conclude Poggiani, facendo vacillare alcune rigidità come quella del luogo di lavoro o quella della necessità di avere giovani che ricoprano anche cariche importanti. Un buon turnover, infatti, aiuta anche i lavoratori più maturi ad appassionarsi nuovamente. Un ruolo fondamentale lo giocheranno le città, quale luogo dove i problemi avvengono e vanno risolti, e per farlo ci vuole una visione paese più completa.