La cultura come motore di un ‘nuovo’ Welfare: quali strumenti per la ripresa
In questi mesi di emergenza sanitaria, quasi la totalità degli attori culturali ha implementato i propri servizi a distanza e molte realtà hanno sperimentato prodotti innovativi per soddisfare da remoto la domanda di cultura dei cittadini. Visite virtuali, dirette live, programmi ad hoc accessibili on demand, tra le novità introdotte. E ben il 96% degli attori che hanno attivato servizi on line dichiarano di volerli mantenere anche dopo il superamento della crisi. Sono alcuni numeri che emergono dall’ultimo Rapporto di Federculture. Li abbiamo commentati con il Presidente Andrea Cancellato
26 Novembre 2020
Michela Stentella
Content Manager FPA
La crisi generata dalla pandemia che ha segnato e sta segnando il 2020 ha colpito duramente il settore della cultura, che deve fare i conti con scenari totalmente mutati e con un impossibile ritorno alla “normalità” pre-crisi, almeno nel medio periodo. Le imprese della cultura, quindi, come tutti gli altri settori produttivi devono ripensare i propri modelli, le condizioni di sostenibilità, il rapporto con i pubblici, le modalità di offerta e fruizione di contenuti ed esperienze di visita. Alcune lo stanno facendo e hanno reagito veicolando la propria offerta tradizionale in forme del tutto nuove. E il 96% degli attori che hanno attivato servizi on line relativi alla propria attività dichiarano di essere intenzionati a mantenerli anche dopo il pieno superamento della crisi. È uno degli aspetti che emerge dal 16° Rapporto Annuale Federculture IMPRESA CULTURA, presentato il 3 novembre scorso, che quest’anno ha come sottotitolo “Dal tempo della cura a quello del rilancio”.
“Nella fase del lockdown c’era prima di tutto la necessità di mantenere il rapporto con il proprio pubblico – sottolinea Andrea Cancellato, Presidente di Federculture – quindi l’uso delle piattaforme digitali è stato praticato, con soluzioni in molti casi innovative e sperimentali, proprio per mantenere questa relazione in vista della riapertura, perché nessuno a primavera immaginava che questa situazione sarebbe durata tanto a lungo. Invece al momento non siamo ancora nelle condizioni di immaginare la nuova normalità e questo indubbiamente fa nascere un approccio diverso alla produzione e alla fruizione culturale”.
“Ovviamente – aggiunge Cancellato – noi non pensiamo per il futuro ad una partecipazione alla vita culturale esclusivamente digitale, tuttavia è certo che la fruizione cambierà, non sarà più quella di una volta. Siamo consapevoli che il digitale sarà uno strumento rilevante e quindi occorrono professionalità specifiche, che oggi ci sono solo parzialmente. Bisogna essere preparati a utilizzare questi strumenti, per cui un tema centrale è quello della formazione del personale. Il digitale non è una scorciatoia o un’alternativa rispetto alla produzione culturale ‘tradizionale’, richiede un approccio specifico. Quando noi vediamo la prima della Scala in televisione, oltre all’opera del regista teatrale c’è anche quella del regista televisivo, sono due cose distinte, in platea e in televisione non stiamo assistendo in realtà allo stesso spettacolo”.
Vediamo ora qualche altro numero del Rapporto Federculture (per il Rapporto completo rimandiamo al sito istituzionale). Il Rapporto dedica un approfondimento ai venti anni che hanno preceduto l’attuale crisi per capire quali erano le dinamiche in atto prima che il Coronavirus destabilizzasse l’intero sistema, descrive i diversi impatti che virus e lockdown hanno avuto sul mondo della cultura e offre delle chiavi di lettura su come ripartire quando la crisi sarà superata. Prima della pandemia, si partiva da un contesto già problematico, che vedeva negli ultimi 20 anni una significativa riduzione delle risorse pubbliche per il settore culturale, ponendo l’Italia in fondo alle classifiche europee (la media Ue dell’incidenza della spesa in cultura sulla spesa pubblica totale è del 2,5%, mentre noi siamo fermi all’1,6%). L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ovviamente ha poi rotto tutti gli equilibri.
Nei mesi di maggio e giugno 2020 Federculture ha somministrato ai propri associati un questionario sugli impatti della crisi da Covid-19 al quale hanno risposto 54 tra gli enti culturali più rappresentativi del settore nazionale, per lo più attivi nell’ambito espositivo e museale, 44%; e dello spettacolo, 41%, soprattutto del Centro e Nord del Paese e per la maggior parte Fondazioni, 52%. Oltre il 70% degli enti culturali ha stimato perdite di ricavi superiori al 40% del loro bilancio, ma il 13% prospetta perdite che superano il 60%.
Tornando al tema della reazione alla crisi, molti attori del comparto cultura hanno reagito veicolando la propria offerta tradizionale in forme del tutto nuove, anche lavorando in modalità smart working (per l’85% degli enti) e praticamente la totalità degli attori culturali, 80-100% a seconda dei settori, ha implementato i propri servizi a distanza. Inoltre, molte realtà hanno sperimentato anche la possibilità di offrire prodotti culturali nuovi ed innovativi per soddisfare da remoto la domanda di cultura dei cittadini. Specie nell’ambito museale, la produzione di visite virtuali, di dirette live o di programmi ad hoc, accessibili on demand, è andata ovunque ben oltre il 50% delle complessive proposte culturali fruibili a distanza. E ben il 96% degli attori che hanno attivato servizi on line dichiarano di volerli mantenere nel proprio palinsesto anche dopo il pieno superamento della crisi e l’auspicato ritorno alla normalità. Ma proprio riguardo le aspettative sull’uscita dalla crisi solo il 22% immagina un ritorno alla normalità, mentre il 50% prospetta una riduzione e ridefinizione delle proprie attività, e ben il 73% teme una riduzione di fondi.
Cosa serve quindi per affrontare questi cambiamenti e guardare al futuro? Prima di tutto investimenti, sottolinea Cancellato, per cui “insieme a tutti gli altri soggetti culturali del paese abbiamo chiesto e ottenuto la creazione di un Fondo per la cultura per prestiti di lungo periodo riservati alle istituzioni culturali, che devono avere il tempo per progettare e sviluppare. È un Fondo importante che sarà attivato a giorni, affinché il 2021 sia l’anno della trasformazione della produzione culturale. Chiaro poi che ogni settore culturale ha esigenze particolari, si deve quindi tenere conto di questa pluralità di luoghi, di produzione e di fruizione culturale”.
“La cultura – conclude Cancellato – deve rappresentare il motore di un ‘nuovo’ Welfare Italiano, l’elemento chiave del vivere in comunità e della coesione del Paese, il fattore più rilevante della nostra riconoscibilità nel mondo. Usciremo stremati da questa crisi, di questo dobbiamo essere consapevoli. Come facciamo a cavarcela? Ci vuole grande consapevolezza della nostra qualità e della nostra storia. Per questo abbiamo chiesto al ministro Franceschini di preparare una grande campagna nazionale di fruizione culturale, dai borghi alle città, dai grandi ai piccoli centri di produzione culturale, per sostenere un settore fondamentale per il rilancio del paese. Il digitale ci può aiutare e forse lo abbiamo sottovalutato in passato, ora si tratta sulla scorta di questa esperienza tremenda che stiamo vivendo di farne tesoro e di utilizzarlo di più e meglio”.