Luci (molte) e ombre (qualcuna) del “Piano operativo Strategia nazionale per le competenze digitali”

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Dopo avervi raccontato cosa prevede il “Piano operativo Strategia nazionale per le competenze digitali”, torniamo sul tema con questo breve commento, che vuole mettere in luce alcuni importanti meriti del Piano, soprattutto dal punto di vista del metodo, e anche qualche punto che deve trovare ancora una sua migliore definizione

14 Gennaio 2021

Carlo Mochi Sismondi

Presidente FPA

Photo by Khara Woods on Unsplash - Photo by Khara Woods on Unsplash

Il 23 dicembre scorso è stato pubblicato il Piano Operativo che costituisce un importante strumento nella realizzazione della Strategia nazionale per le competenze digitali approvata nello scorso agosto. Una descrizione approfondita del Piano è già uscita sul nostro sito a firma di Michela Stentella ed un articolo esplicativo è anche su AgendaDigitale.eu a firma degli autori del Piano, Nello Iacono ed Erika Miglietta.
In questo breve contributo vorrei mettere in luce alcuni importanti meriti del Piano, soprattutto dal punto di vista del metodo, e anche qualche punto che deve trovare ancora una sua migliore definizione.

Come forse avete letto il Piano indirizza pertanto le 41 linee di intervento individuate nella Strategia attraverso 111 azioni e prevede un cruscotto di oltre 60 indicatori per monitorare l’impatto sui 4 assi di intervento. La prima nota positiva non può essere quindi che un apprezzamento per aver cominciato a mettere sul tavolo tutto quello che tante e diverse organizzazioni hanno fatto e stanno facendo per migliorare la competenza digitale del paese. Il Piano non poteva né eliminare né nascondere la frammentazione che c’era, ma almeno ora è messa in ordine sul tavolo e possiamo quindi vedere chiaramente le sovrapposizioni e, soprattutto, le omissioni. Quelle parti della strategia che non avevano ancora trovato riscontro nelle azioni.

Altrettanto positivo mi è sembrato il metodo usato per la stesura del Piano, un percorso che è definito come “corale” e partecipato e che in effetti ha coinvolto Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Università, istituti di ricerca, imprese, professionisti, Rai, le associazioni e le varie articolazioni del settore pubblico interessate alle azioni, oltre che le organizzazioni aderenti alla Coalizione Nazionale, con una regia affidata al Comitato Tecnico Guida di Repubblica Digitale, coordinato dal Dipartimento per la trasformazione digitale. Il Piano, inoltre, tiene conto anche dei primi contributi pervenuti dalla consultazione pubblica aperta sul sito partecipa.gov.it.

Un altro aspetto certamente utile del metodo usato è la caratteristica del Piano di essere un continuo work in progress e di aver previsto successive edizioni in continuo aggiornamento. In un campo in mutamento così rapido, come quello delle competenze digitali, e in presenza di tanti soggetti attivi mi pare doveroso non dare nulla per definitivo, ma essere pronti alla massima flessibilità, pur mantenendo la coerenza negli obiettivi strategici.

Una particolare e non comune attenzione è stata poi dedicata al sistema degli indicatori e quindi alle azioni di monitoraggio. A tal fine è stato definito un cruscotto di indicatori di performance, predisposto a partire dagli indicatori inseriti nel Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione Europea e dai Digital Maturity Indexes (DMI) elaborati dall’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano. Da quest’ultima analisi è stata tratta anche la distinzione tra Fattori abilitanti, ossia gli elementi che permettono la partecipazione dei cittadini e dei lavoratori alla trasformazione digitale e i risultati da ottenere che misurano l’effettiva partecipazione. Questa attenzione mette in luce una sensibilità alla valutazione delle politiche pubbliche che non è, purtroppo, comune.

Un buon lavoro quindi, ma ci sono anche degli aspetti che dovranno essere meglio definiti nelle prossime edizioni del Piano. Ne aspettiamo un aggiornamento ogni sei mesi.

Il primo punto critico è l’altra faccia della ricchezza delle azioni che il Piano propone. Tale abbondanza -stiamo parlando ricordo di 111 azioni – non vede ancora un ranking di priorità. Sono elencate azioni di diversissima importanza, dalla connettività a tutte le scuole ai laboratori enologici digitali. Altrettanto significativo è che, per ora, non sono indicate le risorse finanziarie necessarie per ciascuna azione né gli strumenti di finanziamento. È una mancanza che trova ampia giustificazione nell’attuale situazione di definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e di attribuzione dei relativi fondi, ma senza una dimensione economica si fa fatica a valutare sia l’effettiva raggiungibilità dell’obiettivo sia il rapporto costi-benefici. Attiene alla stessa difficoltà l’ancora non definita armonizzazione di questo Piano con il PNRR, nella parte che riguarda la trasformazione digitale del paese. Sotto questo aspetto c’è ancora del lavoro da fare.

In conclusione, quindi, un’ampia sufficienza a questo Piano, un incoraggiamento agli estensori e alle organizzazioni interessate, assieme all’invito a proseguire nella strada del metodo aperto e collaborativo, dell’analisi puntuale dei risultati ottenuti e dei loro impatti delle varie componenti della società, e con un richiamo a precisare meglio costi, benefici e strumenti finanziari.

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