L’intervista di Gianni Dominici a Carlo Giacobini, componente del Comitato scientifico della Consulta per le Persone in Difficoltà. Dobbiamo creare una rete di protezione per le persone più fragili che non sia pensata solo per rispondere a un’emergenza come la pandemia, dobbiamo valorizzare le comunità territoriali e le comunità trasversali nate in quest’ultimo anno, dobbiamo investire per facilitare l’incontro e la comunicazione tra i decisori e le organizzazioni locali, anche quelle informali che troppo spesso non hanno voce
23 Marzo 2021
Redazione FPA
Giornalista, consulente, formatore e docente, Carlo Giacobini si occupa da molti anni di disabilità e politiche sociali e sociosanitarie. Attualmente componente del Comitato scientifico della Consulta per le Persone in Difficoltà, in questa intervista rilasciata a Gianni Dominici racconta la sua visione sul tema della “fragilità”, che in quest’ultimo anno ha mostrato più che mai tutte le sue sfaccettature. Abbiamo scoperto di essere fragili dal punto di vista sanitario, personale, psicologico, strutturale, ma ovviamente questa dimensione ha pesato ancora di più laddove si è andata ad innestare su equilibri già in partenza delicati, come nel caso delle persone con disabilità.
“Probabilmente il sistema non era pronto ad assorbire un evento di tali dimensioni – esordisce Giacobini – ci siamo resi conto, non solo che il sistema sanitario non era in grado di reggere e che esistevano fortissime sperequazioni e difformità territoriali, ma anche che mancava una rete di protezione sociale ad ampio spettro. Non sto parlando solo delle persone con disabilità, ma anche di tutte le persone che già vivono in uno stato di isolamento, come molti anziani. Una riflessione che dovremmo fare, a partire dal PNRR, è come essere in grado di rispondere alle emergenze. Serve prima di tutto un sistema che non può essere basato solo sul volontariato e sul volontarismo, ma deve essere organizzato in maniera scientifica e ramificata sul territorio”.
In tutto questo, però si deve rilevare un aspetto positivo: la nascita e il moltiplicarsi, anche grazie al diffondersi dell’uso delle piattaforme digitali, di momenti di incontro informali e diffusi (sia nel territorio che aggregati per temi) tra persone che si sono confrontate non solo per “auto e mutuo aiuto”, ma anche per avviare delle riflessioni. “C’è tutto un mondo nuovo che si sta muovendo – sottolinea Giacobini – e questo probabilmente porrà delle opportunità nuove in termini di partecipazione e anche di rappresentanza verso le istituzioni”.
C’è in qualche modo un ritorno alle comunità di pratica on line: a fronte di un problema, di una minaccia, il peer to peer, il rapporto tra pari, le comunità di scopo possono diventare un punto di riferimento importante.
L’intervista tocca poi altri nodi centrali: il tema dell’accessibilità dei servizi pubblici online per le persone con disabilità (e si ricorda che a partire dal 23 giugno 2021 si dovranno applicare anche alle app degli enti pubblici le “Linee guida sull’accessibilità degli strumenti informatici”); il tema dello smart working come opportunità, ma anche come rischio di ulteriore isolamento.
Ecco quindi alcuni consigli che emergono dalla riflessione di Giacobini, come lesson learned per il futuro: creare una rete di protezione, che serva a rispondere non solo alle grandi calamità, ma anche alle “piccole” emergenze del quotidiano; ripensare la partecipazione e l’ascolto dei cittadini attraverso le comunità territoriali e le comunità trasversali; investire nel facilitare l’incontro e la comunicazione tra i decisori (in particolare locali) e le organizzazioni anche informali, come quelle delle famiglie che troppo spesso non hanno voce.