Italiani impreparati per la sfida della sostenibilità digitale: una ricerca del Digital Transformation Institute

Home Temi Verticali Energia e Ambiente Italiani impreparati per la sfida della sostenibilità digitale: una ricerca del Digital Transformation Institute

Non sfruttiamo la tecnologia digitale come risorsa per lo sviluppo sostenibile e non ci rendiamo nemmeno pienamente conto di quale sia il suo reale impatto ambientale. Questo uno degli aspetti che emerge da una ricerca del Digital Transformation Institute sulla consapevolezza degli italiani in materia di sostenibilità digitale. Un focus da non sottovalutare, se pensiamo che digitalizzazione e sostenibilità (ambientale e sociale) sono gli assi portanti del PNRR

20 Maggio 2021

F

Redazione FPA

Photo by Greg & Lois Nunes on Unsplas - https://unsplash.com/photos/h-nE8fy-vMQ

Grazie a Next Generation EU l’Italia potrà investire nei prossimi anni 191 miliardi di euro nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il PNRR. Piano che è basato su due assi: digitalizzazione e sostenibilità (ambientale e sociale). Ma qual è il livello di consapevolezza degli italiani su questi temi, e quale il loro punto di vista sulla sostenibilità digitale, sul ruolo della digitalizzazione come strumento di sviluppo sostenibile?

Se lo è chiesto il Digital Transformation Institute – Fondazione di Ricerca per la Sostenibilità Digitale che ha presentato oggi un’anteprima della ricerca “Italiani e Sostenibilità Digitale: cosa ne sanno, cosa ne pensano”.

“Il quadro che emerge da questi primi dati – sottolinea Stefano Epifani, Presidente della Fondazione – è un quadro estremamente complesso e variegato, che fornisce alcune indicazioni fondamentali dalle quali partire per iniziare a disegnare quella nuova normalità che serve per rilanciare il nostro Paese”.

Una visione ancora “ideologica” della sostenibilità

Una parte importante degli italiani pensa di conoscere il tema (l’80% afferma di avere una conoscenza abbastanza o molto precisa del concetto di sostenibilità). Tuttavia, approfondendo il dato, emerge un quadro che evidenzia una grande confusione nelle persone, che le porta ad interpretare tale concetto in una dimensione prettamente ideologica, senza che tale concetto abbia un impatto reale nei comportamenti o nelle azioni. Ciò emerge con forza a partire dalle priorità percepite: il 46% degli italiani ritiene prioritarie le scelte ambientali ed il 38% quelle orientate al benessere dell’individuo, con un residuale 16% che mette al primo posto le scelte economiche, ma allo stesso tempo una parte significativa di loro (ben il 62%) non è in grado di correlare la visione di sostenibilità che ritiene prioritaria con le scelte economiche e sociali che dovrebbero essere coerenti con essa.

Tecnologia, opportunità o rischio? Il problema è la conoscenza…

E per quanto attiene la tecnologia? Anche in questo caso i contrasti sono molto forti. Sono ben il 92% le persone che ritengono che il digitale sia fonte di opportunità (anche se il 71% ritiene che se ne debbano comprendere ancora i rischi), ma il 65% degli intervistati sostiene anche che esso è fonte di diseguaglianza, perdita di posti di lavoro ed ingiustizia sociale.

“È significativo, in tal senso – sottolinea Epifani – come la paura nei confronti della tecnologia aumenti proporzionalmente al diminuire della competenza: in altri termini meno si conoscono le tecnologie più le si temono. Questo ci deve insegnare molto sul ruolo centrale delle azioni delle Istituzioni rivolte ad aumentare il livello di consapevolezza e di competenza digitali degli italiani di ogni età”.

Sostenibilità digitale: una strada ancora in salita

Anche per questo è in salita, quindi, la strada per la sostenibilità digitale: ossia l’uso della tecnologia come strumento di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Benché la maggior parte degli italiani abbia ben chiara l’urgenza di affrontare problemi come il cambiamento climatico (74%) e l’inquinamento (76%) la maggior parte di essi, che pur si dichiara consapevole delle opportunità che già oggi offre la tecnologia digitale per affrontare questi problemi, nella pratica quotidiana non fa quanto potrebbe per usarle come strumento di sostenibilità.

Sono solo il 10% gli italiani che usano regolarmente applicazioni a supporto della riduzione dei consumi, mentre il 13% le usa raramente. Il 27% dichiara di non conoscerne l’esistenza, ma il dato più significativo è rappresentato da quel 49% che – pur specificando di conoscerne l’esistenza, comunque non le adotta. E la situazione non cambia di molto se ci si riferisce alle applicazioni per la gestione del ciclo dei rifiuti (che il 38% degli italiani non conosce ed il 35% non usa pur conoscendole) e per quelle dedicate ad abbattere gli sprechi alimentari (sconosciute dal 48% degli intervistati e non usate dal 38% di quanti dichiarano di conoscerne l’esistenza).

A ciò si aggiunge un ulteriore problema: se da una parte le persone non usano il digitale come strumento di sostenibilità, dall’altra non si rendono conto di quanto davvero esso – in ogni caso – impatti sull’ambiente. Più della metà degli intervistati sostiene che l’impatto ambientale della digitalizzazione sia forte (61% del totale), tuttavia sono solo il 13% coloro che riescono a quantificare correttamente il consumo effettivo di un’ora a settimana di streaming video (pari a quello di ben due frigoriferi collegati 24h).

Insomma: non solo non sfruttiamo appieno la tecnologia digitale come risorsa per lo sviluppo sostenibile, ma non ci rendiamo nemmeno pienamente conto di quale sia il suo reale impatto ambientale.

Conclude Epifani: “La situazione non cambia di molto se guardiamo alla sostenibilità economica e sociale. Si pensi ad esempio al ruolo delle piattaforme digitali, dei social network, dei motori di ricerca: è evidente una forte difficoltà delle persone nel contestualizzare il problema in termini complessivi. Il 90% degli intervistati è d’accordo nell’affermare che aziende come Facebook, Google, Apple o Amazon abbiano oggi troppo potere rispetto alla possibilità di influenzare i comportamenti delle persone, ed una percentuale quasi analoga (87%) afferma – conseguentemente – che i Governi debbano preoccuparsi del problema. Tuttavia il 50% degli intervistati è dell’idea che esse debbano essere lasciate totalmente libere di agire sul mercato. Allo stesso tempo, il 92% delle persone sostiene che garantire la privacy degli utenti sia una priorità, ma il 50% sostiene anche che tutto sommato i servizi personalizzati siano più importanti della privacy. Insomma: stiamo ancora elaborando questa seconda parte di dati, che saranno presentati nelle prossime settimane, ma già emerge un quadro caratterizzato da moltissimi apparenti contrasti che dovremo comprendere in profondità. Farlo è fondamentale per capire come supportare il processo di sviluppo del PNRR dal punto di vista delle aziende, delle Istituzioni e, naturalmente, dei cittadini”.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!