ACI sperimenta le nuove frontiere dello smart working
Le prime sperimentazioni mostrano alcuni sviluppi possibili nel 2018 del modello in termini di risparmio per i conti pubblici, riduzione dell’assenteismo, razionalizzazione delle risorse immobiliari e non solo. A raccontarcelo Alessandra Zinno, Direttore Risorse Umane e Affari Generali – ACI
8 Febbraio 2018
Patrizia Fortunato
L’anno 2017 ha segnato una tappa normativa fondamentale sullo smart working rappresentata dalla Legge n.81 del 22 maggio 2017 recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, che ha coinvolto diverse amministrazioni pubbliche. L’ACI – Automobile Club d’Italia – ha ricevuto un impulso a seguirne l’implementazione dalla dott.ssa Maria Barilà a capo dell’Ufficio per l’organizzazione ed il lavoro pubblico della Funzione Pubblica, costituendo presso il Dipartimento un gruppo di progettazione e sperimentazione del modello smart working.
A raccontarcelo Alessandra Zinno, Direttore Risorse Umane e Affari Generali – ACI.
“Lo smart working – afferma Zinno – nasce in ACI come progetto sperimentale biennale nel 2017, con la creazione di un gruppo di lavoro e la stesura di un documento che ha visto la collaborazione di varie componenti dell’amministrazione che potessero, con la propria competenza e il reciproco scambio di idee, formulare una proposta organica ai vertici e successivamente ai Sindacati, nel momento in cui si andrà a discutere gli effetti sui modelli organizzativi in termini contrattuali”.
In questa fase è stata immaginata una possibilità di lavorare in spazi che fossero altro rispetto alla sede naturale di lavoro e che non si conciliasse necessariamente con il domicilio (differenziandosi così dal telelavoro).
“Abbiamo – precisa Zinno – individuato due strutture presso le quali sperimenteremo in via pressoché operativa il modello dello smart working e al quale non agganceremo alcun nesso contrattuale e incentivante”, in quanto la normativa sul lavoro agile stabilisce che la prestazione lavorativa debba svolgersi entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro, su base giornaliera e settimanale, derivanti dalla contrattazione collettiva.
La prospettiva auspicata è che le promesse normative non rimangano sulla carta; attualmente il Contratto Collettivo Nazionale relativo al personale del comparto funzioni centrali deve essere rilasciato in via definitiva, dopo la certificazione della Corte dei Conti.
Intanto l’ACI continua a muoversi nella giusta direzione, usando questo tempo per sperimentare il modello. “Fatto questo – specifica Alessandra Zinno – partirà una formazione interna rivolta sia ai dirigenti che al personale e un piano di comunicazione, in modo che le due strategie influenzino l’orientamento culturale e aziendale” in termini di sensibilizzazione.
In realtà, in questa fase ACI non ha ancora del tutto sciolto la riserva se estendere il lavoro agile anche ai dirigenti, che normalmente sono già degli smart worker “a loro insaputa”, per la modalità di lavoro flessibile che utilizzano anche fuori dall’ordinario presidio dell’orario di lavoro.
È stato presentato lo strumento dello smart working a tutti i dipendenti attraverso un’informativa ed è stata condotta un’indagine interna per comprendere quanto interesse ci fosse verso il modello.
Il percorso di formazione da avviare parte dall’esito dell’indagine interna fatta, che è servita anche a comprendere quale fosse il livello medio di alfabetizzazione digitale.
“Nel percorso di formazione – sottolinea il Direttore – abbiamo immaginato una fase di sensibilizzazione e una fase di addestramento. Le attività di formazione richiedono: un cambio di scenario delle competenze digitali; una giornata dedicata al change management che si occupa della gestione del cambiamento e di come i dipendenti rispondono portando anche del benchmarking a questo tipo di istituto; una seconda giornata dedicata alla social enterprise in una logica di tecnologia a supporto dei processi HR; una parte dedicata alla sicurezza sul lavoro e sulla formazione specifica legata alla tipologia di prestazione richiesta e attesa”.
È necessario sensibilizzare il dirigente sul fatto che lo smart worker non è colui che tende a svincolarsi dagli impegni.
“Serve fare una formazione che consenta alle persone e ai dirigenti di lavorare con la giusta serenità. È chiaro che questo si deve accompagnare a un buon sistema di monitoraggio degli obiettivi e delle attività produttive. Noi dirigenti pubblici – precisa Zinno – dobbiamo essere da una parte sensibili alle forme flessibili di lavoro, dall’altro però dobbiamo monitorare le attività lavorative, ma con la possibilità di conciliare anche esigenze personali, a volte temporanee con la giusta maturità organizzativa e “da adulti” e verificare che il personale lavori con i giusti tempi e modi rispetto agli obiettivi professionali.
Esiste già uno strumento adeguato per la valutazione delle performance, ma il rischio è che la valutazione venga confusa con l’oggettività della misura.
“Uno dei due decreti attuativi della riforma Madia ha rivisitato il sistema di misurazione – e io afferma il Direttore – l’ho posto come obiettivo 2018 per la mia direzione.
Sono uscite le linee guida e, dopo la sperimentazione, vorrei inserirle all’interno del progetto sperimentale sulla valutazione.
Delle persone del mio gruppo “si sperimenteranno” come smart worker con delle attività ben definite e proveremo a misurarle. Allo smart worker devo dare un obiettivo legato alla sua attività settimanale o monosettimanale. È ancora tutto da sperimentare ma, potendo anche contare sul nostro sistema informativo considerato “un’eccellenza” nell’ambito della PA, l’impossibile diventa difficile quindi possibile.
Quali sono le ricadute sulla produttività?
“Immaginiamo per certe tipologie di lavoratori la possibilità di recuperare sull’assenteismo, spesso condizionato da determinati contesti personali e familiari. Non abbiamo un tasso di assenteismo alto, potremmo ridurre contemporaneamente il part-time e venire incontro alle esigenze del dipendente in modo che mantenendo il full time la produttività ne guadagni.
Sono queste le due ricadute che ci aspettiamo di modificare: misurazione e assenteismo. Siamo un’amministrazione non giovanissima, dopo quasi 15 anni senza concorsi è difficile rinnovare la popolazione.
Contiamo di avere immissioni di giovani con i prossimi concorsi e lo smart working potrebbe servire a valorizzare la parità tra uomini e donne. Ma non solo. In generale l’ACI intende confermare uno dei valori importanti delle sue strategie ovvero andare incontro alle categorie deboli”. Già lo facciamo con diversi servizi. La nostra struttura territoriale e Federativa ce lo consente.
Lo smart working ha un impatto positivo anche sui servizi offerti al cittadino. Da anni l’ACI ha progetti di formalità PRA a domicilio, in aiuto delle categorie più deboli o in difficoltà.
“Sono altre attività che consideriamo di Smart Working. Il dipendente, dotato di un apposito “kit di lavoro”, lavora in modalità agile, senza dover passare dall’ufficio a timbrare. Sono queste le possibili soluzioni che immaginiamo”.
È tutto in fase embrionale, allora che cos’è che è stato disciplinato? “Tutto ciò che è rapporto amministrativo, responsabilità e privacy – precisa il Direttore -, sia pure con alcune sospensioni di giudizio, in vista della piena applicazione del Regolamento UE 2016/679 in materia di protezione dei dati personali, prevista il 25 maggio 2018.
Le prime sperimentazioni in ACI mostrano alcuni sviluppi possibili nel 2018 del modello in termini di risparmio per i conti pubblici. “Abbiamo formulato delle ipotesi di risparmio nel documento inviato alla Funzione Pubblica. Abbiamo un patrimonio immobiliare e vorremmo, anche qui in via sperimentale, provare a utilizzare gli spazi non pienamente utilizzabili per realizzare delle convenzioni con strutture pubbliche o private da offrire in “co-working”, in termini gratuiti o onerosi a seconda degli interlocutori. I nostri uffici spesso sono già informatizzati, quindi siamo molto avanti da questo punto di vista”.
Qual è l’obiettivo? ACI sta provando ad avviare sinergie o momenti di scambio, integrazioni tra progetti diversi e ad efficientare una politica di attenzione ai costi e ai benefici a vantaggio della collettività.