Microdati, per conoscere (e migliorare) i territori: una risorsa sottovalutata
Internet delle cose, sensoristica, comunicazione M2M: tutti questi strumenti, logiche e paradigmi, attraverso i big data, stanno già investendo come un diluvio le amministrazioni, ma solo in casi molto rari si è in grado di sfruttare a pieno queste risorse. Eppure i dati, la loro analisi, la loro comprensione aiuterebbero le città ad alzare un po’ lo sguardo oltre il traguardo della giornata, del mese o, al massimo, del mandato del sindaco
16 Dicembre 2016
Paolo Testa, Capo Area Studi e Ricerche Anci Responsabile Osservatorio Nazionale Smart City Anci, ICity Lab 2016
Il rapporto ICity Rate 2016 ci lascia in eredità tre elementi su cui bisogna riflettere in vista del nuovo anno ormai vicino. Il primo è quello più evidente, anche solo in termini visuali: il divario tra Sud e Nord. Tutte le cartine “Italia” di tutti i valori, di tutti gli item, mostrate nel Rapporto disegnano un’Italia spaccata in due.
Non lo scopriamo nel 2016 grazie a ICity Rate, ma questa situazione viene qui messa in un’evidenza drammatica. Non è quest’evidenza che vorrei sottolineare, ma piuttosto soffermarmi sulle “macchie” che su ogni cartina troviamo all’interno dei monocolori che caratterizzano (a valori invertiti) Nord e Sud: credo che questi siano i territori da tenere sotto massima osservazione. Da una parte, perché al Nord mostrano zone di sofferenza che rischiano di sganciarsi dagli esempi positivi che le circondano. Prendiamo ad esempio il fattore “legalità”: non scopriamo certo oggi che si sta alzando “la linea della palma”, ma drammaticamente vediamo che fenomeni di criminalità organizzata, riciclo di denaro e inferenze sul ciclo dei rifiuti si stanno radicando al Nord e portano alcuni territori a peggiorare progressivamente le loro performance complessive. Dall’altra parte, in termini positivi, al Sud si riconoscono (soprattutto all’interno di singoli item) delle “isole” di eccellenza che, anche se non si esprime in valori assoluti, evidenziano territori che vanno incoraggiati e protetti, costruendo le condizioni affinché questi fungano da volano ed esempio per le macroregioni di riferimento.
Il secondo tema di riflessione riguarda le città metropolitane. La loro nascita e il loro avvio si sta rivelando un processo delicatissimo. Come ANCI lavoriamo molto con le città metropolitane, abbiamo investito molto sia a livello politico attraverso il Coordinamento dei Sindaci Metropolitani, sia a livello tecnico con il Tavolo di lavoro dei responsabili dei piani strategici metropolitani e viviamo giorno per giorno le difficoltà e le tensioni che in quei territori si stanno vivendo per “passare il crinale” verso il pieno compimento della riforma. Credo che, in questa fase delicata, non ci si debba troppo soffermare sulla definizione amministrativa dei confini, ma guardare piuttosto al lavoro che le città metropolitane stanno già facendo soprattutto riguardo l’organizzazione territoriale in Ambiti Omogenei e in Unioni di Comuni.
Terzo elemento di commento è su quelle che nel rapporto sono chiamate le “piccole capitali”, città di medio-grandi dimensioni che raggiungono delle perfomance di eccellenza su molte leve e in molti ambiti. La questione delle ex province, oggi aree vaste, e della riorganizzazione del territorio anche al di fuori delle città metropolitane, ha le stesse dinamiche, anche se non sempre ha le stesse leve normative, che sono a disposizione delle città metropolitane. La riorganizzazione delle aree vaste è un tema che va messo bene a fuoco anche perché, e qui entro nella seconda fase di commento più tecnico, i dati dell’ICity Rate sono riferiti quasi sempre a livello provinciale, e quindi ciascuna città trova un posizionamento che è spesso riferito al territorio della provincia di riferimento e non solo alla città capoluogo. Un limite, questo, del come i dati si raccolgono e vengono messi a disposizione in questo Paese: chi si occupa, come me, di analisi del territorio accoglie volentieri l’indirizzo dell’Istat, confermato anche da grandi investimenti che sono in corso, di georiferire il dato, di collegarlo all’elemento geografico.
La questione dei microdati è in Italia, per i pochi appassionati del tema, un tema rilevante perché abbiamo pochissimi dati, spesso sono dati amministrativi, quindi dati che vengono messi a disposizione con una certa lentezza rispetto al manifestarsi dei fenomeni e sono a livello comunale, se non a livello provinciale o addirittura a livello regionale. In questo abbiamo tanta strada da fare rispetto ai paesi anglosassoni – dove, invece l’attenzione al microdato è quasi maniacale. È molto importante per l’ANCI, in particolare per l’Ufficio Studi che, in occasione del Rapporto ICity Rate, si ritorni a parlare dell’importanza dei dati, un po’ perché appunto cerchiamo attraverso questo movimento di anticipare alcuni grandi cambiamenti che sono ormai dentro le amministrazioni comunali: mi riferisco all’internet delle cose, alla sensoristica, alla comunicazione machine to machine, a tutti quegli strumenti, logiche e paradigmi che, attraverso i big data, stanno già investendo come un diluvio le amministrazioni e che rarissimamente siamo in grado di sfruttare in pieno. Ancora troppo spesso le decisioni nei contesti urbani vengono prese su diretta pressione dell’opinione pubblica, sulla contingenza quotidiana piuttosto che su questioni territoriali, economiche, sociali più profonde e radicate, ma magari poco evidenti. Invece sappiamo bene quanto i dati, la loro analisi, la loro comprensione ci aiuterebbe ad alzare un po’ lo sguardo oltre il traguardo della giornata, del mese o, al massimo, del mandato del sindaco. Anche perché i problemi che abbiamo di fronte richiedono delle risposte di periodo lungo e questo lo scopriamo ogni giorno di più. L’allargamento del numero degli indicatori che ha caratterizzato quest’anno il Rapporto io credo che sia di grande importanza, e mi piace molto l’approfondimento sul tema della legalità perché, è chiaro, non esistono territori sviluppati senza una cultura della legalità che sia patrimonio collettivo della comunità locale.
In termini generali, più che sul rating, credo sia importante soffermarsi sui trend che caratterizzano le performance delle città. Credo sia molto importante, per il decisore pubblico, comprendere se la propria città si stia muovendo in senso positivo o negativo rispetto alle singole leve, perché questo andamento testimonia i risultati ottenuti sul territorio e evidenzia eventuali aree di criticità meglio di quanto possa fare la posizione nella classifica assoluta delle città.
Il ruolo che ANCI ha assunto nella partecipazione al gruppo di lavoro per la realizzazione del Rapporto è coerente con l’impegno più ampio che l’Associazione ha preso in questa direzione. Per consolidare e sviluppare la conoscenza del sistema delle autonomie, ANCI punta molto sulle comunità di pratiche, cioè su quegli insiemi di persone che si occupano delle stesse materie, che hanno problemi comuni e cercano soluzioni condivise adattandole alle singole realtà. Tutti concordiamo sull’importanza dell’integrazione di questi dati quantitativi con l’analisi dei fenomeni che giornalmente accadono sul territorio, quindi con la conoscenza dei progetti e dei processi che sono in corso. In ANCI stiamo raccogliendo questi percorsi, questi processi d’innovazione e li mettiamo a disposizione di tutti i Comuni (e non solo loro) attraverso una piattaforma web che ha l’ambizione di costituire il luogo dove i progetti in corso nelle nostre amministrazioni, siano essi di rigenerazione urbana o d’innovazione sociale, di sostegno all’economia o di trasformazione digitale, abbiano una visibilità utile al loro riuso.
Questa piattaforma, inoltre, ha l’obiettivo di garantire a livello nazionale l’accumulazione, l’elaborazione e lo scambio di dati raccolti su scala locale, di avere visibilità “in tempo reale” sui problemi e (ancor di più) sulle soluzioni in essere nei Comuni e, attraverso la definizione degli indirizzi prioritari di intervento, di orientare i comportamenti dei diversi attori in campo.