Prende il via con questa videointervista la rubrica “I protagonisti del cambiamento”, con cui Gianni Dominici, Direttore generale di FPA, darà voce e volto alle persone direttamente impegnate nei processi di trasformazione (organizzativa, digitale, ecologica) necessari per la ripartenza del paese. Con Antonio Naddeo, Presidente dell’ARAN, facciamo il punto sul contratto del pubblico impiego, sul nuovo istituto delle “famiglie professionali” e su come aprire ai talenti le porte della PA
16 Settembre 2022
Redazione FPA
Cosa dovrebbe fare il nuovo governo per sostenere il rinnovamento della PA? Certamente non dovrebbe presentare l’ennesima riforma: al contrario, è necessaria una semplificazione burocratica anche delle norme che regolano le pubbliche amministrazioni. Dovrebbe invece partire da tre questioni: contratto, riorganizzazione e reclutamento. A sottolinearlo è Antonio Naddeo, Presidente dell’ARAN, l’agenzia che svolge la contrattazione con le organizzazioni sindacali per regolare il rapporto di lavoro nel pubblico impiego e accompagna le amministrazioni nell’applicazione dei contratti collettivi.
Naddeo elenca quindi tre azioni su cui concentrarsi:
- concludere questa tornata contrattuale e cercare di avviare la contrattazione 2022-2024 con un certo anticipo;
- lavorare sull’organizzazione delle amministrazioni. Un esempio è lo smart working, che funziona solo se è una leva che spinge l’amministrazione a riorganizzarsi;
- assumere sì i giovani, ma anche nuovi dirigenti che abbiano la capacità di gestire le persone e le risorse finanziarie, perché i dirigenti sono le leve per innovare.
Il punto sui contratti
Il 2021-2022 ha segnato un momento di svolta per la contrattazione nel pubblico impiego: si sono finalmente sbloccati, infatti, i contratti triennali del 2019-2021. Prima la firma, a gennaio 2022, dell’ipotesi di accordo delle Funzioni centrali (anche se per la firma definitiva si è dovuti arrivare a maggio del 2022), poi l’ipotesi di accordo per la Sanità e per le Funzioni locali (questi tre accordi riguardano circa un milione e duecentomila dipendenti pubblici). Ora rimane l’ultimo contratto dei comparti, quello dell’Istruzione e Ricerca, con circa un milione di dipendenti. A seguire, dovranno partire tutti quelli dell’area dirigenziale. Un percorso lungo, che si scontra con procedure che probabilmente andrebbero semplificate soprattutto nella fase di controllo. Ma questa tornata contrattuale è importante anche perché ha portato l’introduzione di strumenti che vengono dati alle amministrazioni per la loro organizzazione e per la gestione del personale, rispecchiando una visione diversa e necessaria della PA: una PA che punti sulle competenze, sulla valorizzazione dei talenti, sulla riorganizzazione dei processi.
Analisi dei fabbisogni e famiglie professionali
Tra le principali innovazioni del nuovo contratto ci sono le famiglie professionali, uno strumento a disposizione delle amministrazioni e che queste dovranno adottare con l’obiettivo di cambiare a partire dall’analisi del fabbisogno. Nelle linee guida del Dipartimento della funzione pubblica (appena pubblicate in Gazzetta Ufficiale) è scritto chiaramente: dobbiamo superare il turnover classico, “le nuove assunzioni da parte delle amministrazioni pubbliche non consisteranno più nella sostituzione di vecchie figure con altre identiche, ma guarderanno al futuro, alle nuove competenze che devono sostenere la trasformazione della Pa prevista dal Pnrr”. Occorrono professionalità nuove e caratterizzare da flessibilità e capacità di fare cose diverse.
Una PA che si apre ai talenti: la proposta di un Open day della PA
Come disse Piero Calamandrei in un discorso dell’11 febbraio 1950 “la scuola è un organo costituzionale”. Il talento nasce nella scuola e poi nelle università. Da qui l’idea di un “Open day” delle pubbliche amministrazioni rivolto agli studenti delle scuole superiori per mostrare un volto della PA lontano dallo stereotipo che la mostra come “vecchia” e “polverosa” e che è ancora diffuso tra i giovani. Ci sono invece amministrazioni molto evolute, che anche dal punto di vista digitale non hanno nulla da invidiare al settore privato. Ma questo non dipende da una legge o dal contratto, dipende dalle persone.
Ed è proprio dalle persone che ripartiamo in questa rubrica che inauguriamo oggi con l’intervista ad Antonio Naddeo.
La Rubrica “I protagonisti del cambiamento”
Durante il periodo più intenso della pandemia abbiamo cercato, tramite lo strumento della videointervista, di dare voce e volto a coloro che nella PA sperimentano, con ruoli diversi, soluzioni innovative ai problemi complessi che le pubbliche amministrazioni si trovano ad affrontare.
Avevamo poi raccolto le interviste in un Almanacco scrivendo, in quell’occasione, che “ascoltando queste voci, emerge una PA ben diversa dal luogo comune e dalla retorica politica. È l’Italia delle istituzioni che avevano già cominciato a sperimentare lo Smart Working ben prima della pandemia, dei professori che hanno lavorato per una scuola innovativa riconosciuta a livello mondiale, dei comuni italiani impegnati a rendere i servizi digitali accessibili. È la PA che crede nell’empowerment dei dipendenti pubblici, nella formazione, nell’etica. È la PA che sperimenta, che applica i principi e le soluzioni del co-design, degli open data, del lavoro agile”.
Ora, a due anni e mezzo dall’inizio della pandemia che ha sconvolto il mondo, è il momento dell’execution, dell’esecuzione, dello svolgimento, dell’attuazione delle politiche volte a rilanciare il paese e, di nuovo e più che mai, il loro successo è legato alle persone. Ripartiamo, quindi, con una nuova rubrica dedicata ai “protagonisti del cambiamento” che operano all’interno delle amministrazioni, sui territori, dentro le scuole e le università, nei nodi più vitali della società civile, e che sono direttamente impegnati nei processi di trasformazione (organizzativa, digitale, ecologica) necessari per la ripartenza.