L’ufficio del futuro: come lavoreremo nella PA del 2050?

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Immaginiamo di fare un balzo in avanti di circa 30 anni e di aprire la porta di un ufficio pubblico. Cosa troveremmo? Riusciamo a immaginare come lavoreranno i dipendenti del futuro? Tra uso intelligente delle tecnologie, valorizzazione delle competenze e attrazione dei talenti, ecco come potrebbe cambiare la PA in una logica “ibrida”

4 Novembre 2022

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Andrea Tironi

Project manager Digital Transformation, Consorzio.IT

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Sara La Bombarda

Responsabile per la Transizione Digitale presso Regional Agency for Technology and Innovation - Puglia

Photo by Christina @ wocintechchat.com - https://unsplash.com/photos/HocFQHhGjDE

L’ufficio del futuro (a cura di Andrea Tironi)

Oggi rientro in ufficio dopo due settimane di ferie. Sono Maria e lavoro in una pubblica amministrazione locale (un comune). Nel mio ufficio siamo in tre, io Marco e Giovanna. Beh, siamo tre essere umani. Chissà cosa avrebbero pensato i miei colleghi di 20-30 anni fa, che nello stesso comune erano in 30 a fare lo stesso lavoro. Poverini, costretti a copiare dati da un software all’altro, dal gestionale al software dei vari Ministeri, come macchine. Mi ricordano un po’ le telegrafiste di cui ho letto su qualche libro, che quando non c’era lo switching automatico telefonico dovevano mettere in collegamento le persone manualmente nelle telefonate mediante dei connettori da infilare in pannelli. Così era per questi miei antenati-colleghi: inserivano il dato nel gestionale per poi copiarlo nel software del Ministero di riferimento, tanto per dirne una.

Per fortuna oggi ci siamo evoluti. Grazie all’interoperabilità (lo scambio di dati automatico) abbiamo dati che viaggiano da soli da un sistema all’altro, completando profili di cittadini, dando informazioni alle Forze dell’Ordine, permettendo alla sanità di conoscere il profilo di una persona prima di vaccinarla (ricordo che mia nonna mi raccontava che, ai tempi della pandemia di Covid19, doveva comunicare lei quali medicine prendesse o quali allergie avesse prima di essere vaccinata, roba da matti…).

E dove non arrivano queste integrazioni, abbiamo i nostri colleghi robotici. Infatti, come dicevo, in ufficio siamo: tre umani, un drone di consegna, due chatbot e tre robot di supporto. Ve li presento. Ma prima finisco di dirvi chi sono io: sono una dipendente comunale del 2050, ho 25 anni, sono laureata in burocrazia informatica. Sono un misto di legale e informatico: conosco le leggi, ma so come sviluppare programmi e gestire gli strumenti informatici per la PA. Sono un ibrido umanistico-stem. Con me ci sono Marco, 35 anni, e Giovanna, la mia responsabile che ha 40 anni…anche loro sono laureati.

I miei colleghi robot invece sono in primis Ada e Mario, i chatbot che si occupano di rispondere alle domande degli utenti e aiutarli nella compilazione di pratiche. Essendo macchine sono instancabili e non si fermano mai, e sono sempre disponibili all’ora in cui l’azienda o il cittadino hanno bisogno. A volte non riescono a risolvere il problema presentato (perché non lo capiscono o perché si tratta di un caso particolare), allora girano una segnalazione a me o Marco e noi controlliamo: prima di tutto rispondiamo all’utente entro le 24 ore previste dal sistema, dopodiché capiamo se possiamo implementare in maniera puntuale la risposta che ha bloccato il chatbot, oppure se il chatbot va “re-trainato” perché la non-risposta è dovuta a un nuovo trend di richieste dei cittadini o a una nuova normativa.

Mentre vi parlo sono appena arrivata alla scrivania: sul monitor principale del monitoraggio vedo che Ada e Mario hanno una percentuale di risposta dell’85%, quindi molto bene. In mia assenza non ci sono stati nuovi trend particolari (o, se ci sono stati, Marco li ha gestiti mirabilmente). Mentre sono presa a guardare le statistiche, sento il rumore delle eliche: è Luca (il drone messo) che ha portato un documento a una signora anziana. Certo sarebbe stato meglio inviare una email, ma nonostante siamo nel 2050 ci sono ancora persone che amano ricevere documenti di carta…quindi per ora teniamo ancora un drone-messo per questo tipo di consegne.

Il volto virtuale di Luca è simpatico (ai droni volanti abbiamo messo un volto per non farli sembrare troppo “freddi”) e a volte penso che alcune persone chiedano ancora il documento di carta per poterci scambiare due parole, in fondo Luca è sempre educato e attento e le routine di dialogo (nonché il riconoscimento linguistico e facciale) sono abbastanza buone nel suo modello per permettergli di conversare per qualche minuto con un certo interesse con domande di cortesia, per esempio sullo stato di salute di una persona. Ecco perché riceve ottimi voti come feedback per le sue missioni.

Luca si è appena seduto (è atterrato) nella sua postazione e ha iniziato la ricarica. Nel frattempo entra in ufficio Marco, ci salutiamo e scambiamo due parole: mi dice che vuole vedere con me un paio di modifiche ai robot di supporto: Matteo, Manuela e Gionata.

Manuela è un robot di supporto (un rpa robot process automation) che si occupa di integrazioni. Lavora instancabilmente in tutti i processi (legacy e non) per cui fare un’integrazione è troppo costoso, o l’azienda del software non esiste più. Certe volte ha bisogno di essere aiutata, perché in processi così specifici qualche miglioria va attuata, ma per il resto va come un treno. Prende dati da un’interfaccia e li posiziona nell’altra, senza stancarsi e senza sbagliare. E soprattutto senza deprimersi: poveri i miei colleghi di una volta, fare questo lavoro doveva essere davvero noioso e svilente. Iniziamo quindi a lavorare su Manuela per una piccola modifica a un processo, derivante dalla difficoltà di un software di ricevere un carattere copiato dal software di origine del dato. In pochi minuti dovremmo cavarcela: l’immigrazione di persone da altri stati comporta ogni tanto questi problemi, tutto nella norma.

Nel frattempo arriva Giovanna, mi chiede delle vacanze. Tutto ok le dico io. Anche lei mi sembra che stia bene. Giovanna è un mostro nell’intelligenza artificiale e nella gestione dei robot, uno dei migliori della Scuola di Burocrazia Informatica in specializzazione Robotica del suo anno. Ha fatto diverse pubblicazioni e spesso viene chiamata nelle università per raccontare la sua esperienza e quella del nostro ufficio. Con lei iniziamo a lavorare su Matteo e Gionata, che sono due specialisti di altissimo livello. Più volte altri enti ci hanno chiesto di poterli “copiare”: come da “best practices” PA abbiamo reso le loro reti neurali disponibili a tutti in open source.

Gionata si occupa di controllo dei documenti prodotti dai vari software: non gli scappa un campo mancante, un dato errato, un flag fuori posto. Grazie al collegamento con tutte le basi dati centrali riesce a macinare terabyte di dati al giorno e a incrociare le informazioni in modo che i dati che arrivano da aziende e utenti siano sempre perfetti.

Matteo invece è il controllore finale: tutto quanto macinato dagli altri robot e droni viene da lui elaborato per trovare anomalie e presentarle. Analizza i trend, tiene conto delle leggi nuove o dismesse, riesce a fare una sintesi del lavoro dell’ufficio in report giornalieri, settimanali e mensili. Mentre Gionata ha algoritmi di apprendimento di ultima generazione, necessari per macinare le quantità di dati che gli vengono presentate, Matteo è invece raffinatissimo nell’analytics e data management.

Con Giovanna iniziamo a lavorare su Matteo, perché ha segnalato due o tre cambiamenti di trend che richiedono la nostra attenzione per eventuali modifiche dei parametri di Gionata. Non sono ancora infatti in grado di influenzarsi tra di loro i nostri colleghi robot, ma ci stiamo lavorando.

Ah dimenticavo: noi tre umani con i nostri sei amici robot lavoriamo in un grande comune italiano, siamo parte del team di gestione documentale, abbiamo un archivio di 8 trilioni di documenti in crescita esponenziale. Siamo raccordati a circa 20.000 basi di dati in tempo reale sia private che pubbliche e riusciamo a macinare giornalmente (o perlomeno per la maggior parte lo fa Gionata) 1 trilione di byte di informazioni.

Ma cos’è questo suono? Come passa il tempo, sono già le 18, devo andare. Ho un colloquio alle 18.30, pensa proprio ieri mi è arrivata una email da Google che vorrebbe assumermi. Sono curiosa di sentirli, ma dovranno farmi un’offerta proprio speciale per convincermi…qui nella PA posso imparare molto, fare carriera, lavorare con le migliori menti e oltretutto lo stipendio è buono. Vado per ascoltarli: confrontarsi con il mercato è sempre cosa buona. Ma il mio sogno è andare a lavorare sulle RPA dell’Istat, lì sì che puoi vedere delle cose mirabolanti al limite del senziente: prima o poi ci riuscirò.

Conclusione (a cura di Sara La Bombarda)

Cosa caratterizza l’aspetto fantastico di questo racconto? Cosa c’è di futuristico? Le tecnologie descritte già esistono e sono già in uso, nel privato è già consuetudine dare valore alle competenze (formate sulla base dell’esperienza) più che al titolo di studio (e ai titoli di studio), esiste tutto un mondo dove sono già valorizzati gli “ibridi”.

Cosa c’è di speciale? Immaginare un’organizzazione efficiente, moderna, che invece di fare semplicemente bu(ro)siness, produce servizi al cittadino. Cosa c’è di visionario? Associare alla PA la caratteristica di essere attrattiva, addirittura competitiva in fatto di risorse umane qualificate. Alla fine è principalmente uno l’elemento che conferisce il tono avveniristico a questo racconto: il fatto che si tratti di PA.

Il 2050 sembra una data plausibile per ambientare la storia di Maria? È forse troppo lontana, visto come si accorciano le distanze temporali se si parla di tecnologia. Ma forse non lo è, dato che si parla di PA.

È un dato di fatto che il tempo si dilata nei corridoi della Pubblica Amministrazione. La normativa, per quanto cogente, si ingarbuglia…capita che processi lineari si contorcano e si diramino molte volte. Spesso ci si perde…tra le carte, tra le persone, tra le consuetudini cristallizzate, tra le relazioni. Un mondo enorme, infinito, difficile da circoscrivere, difficilissimo da segmentare. Ma la sua complessità è anche la sua forza: le infinite diramazioni significano anche pervasività, capillarità, presenza.

Proviamo a fare in modo che il 2050 non sia un futuro lontano, nemmeno per la PA.

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