Internet Governance e Codice Azuni
Carissimi, torno al mio appuntamento settimanale con l’editoriale dopo una pausa estiva che spero sia stata per tutti serena. Torno con un tema che non ho avuto modo di commentare perché venuto alla ribalta il 5 agosto quando il nostro sito era già in ferie. Si tratta dell’iniziativa di discussione sulla Internet Governance messa in piedi dal Ministero per la PA e l’Innovazione. Come sempre partiamo prima dai fatti, mi scuso preventivamente se infarcirò il testo di link, ma credo che in temi delicati come questo ciascuno si debba fare una suo opinione anche con una navigazione personale. A gennaio 2010 si è riunito un gruppo di lavoro informale e volontario (oltre che ovviamente non retribuito) che, su invito del Ministro Brunetta, ha cominciato a riflettere sul tema della “governance” di Internet. Come forse avete letto ho partecipato anche io cercando di dare un contributo sulla base della mia esperienza di innovazione nelle amministrazioni pubbliche.
7 Settembre 2010
Carlo Mochi Sismondi
Carissimi, torno al mio appuntamento settimanale con l’editoriale dopo una pausa estiva che spero sia stata per tutti serena. Torno con un tema che non ho avuto modo di commentare perché venuto alla ribalta il 5 agosto quando il nostro sito era già in ferie. Si tratta dell’iniziativa di discussione sulla Internet Governance messa in piedi dal Ministero per la PA e l’Innovazione.
Come sempre partiamo prima dai fatti, mi scuso preventivamente se infarcirò il testo di link, ma credo che in temi delicati come questo ciascuno si debba fare una suo opinione anche con una navigazione personale.
A gennaio 2010 si è riunito un gruppo di lavoro informale e volontario (oltre che ovviamente non retribuito) che, su invito del Ministro Brunetta, ha cominciato a riflettere sul tema della “governance” di Internet. Come forse avete letto ho partecipato anche io cercando di dare un contributo sulla base della mia esperienza di innovazione nelle amministrazioni pubbliche.
Cominciamo con un nota sulla parola “governance”:
Lo so, a molti dà fastidio usare una parola inglese e spesso sono stato rimproverato in rete per questo, ma è veramente difficile tradurre “governance” in italiano. Mi aiuterò citando la definizione presa dal sito della ISOC – Società Internet italiana (www.isoc.it) che ci aiuterà anche ad entrare in tema Definizione operativa di “Internet Governance”:
"La governance di Internet è lo sviluppo e l’applicazione da parte dei governi, del settore privato e della società civile, nei loro rispettivi ruoli, di principi, norme, regole, procedure decisionali e programmi condivisi che determinano l’evoluzione e l’uso di Internet."
Il termine “Internet Governance” non è facilmente traducibile in italiano; una traduzione del tipo "governo della rete Internet" è certamente fuorviante perché verrebbe interpretata facilmente come una funzione che dovrebbe essere prerogativa dei governi e quindi gestita dal settore pubblico. Come insegna il Prof. A. A. Martino la parola "governance" deve essere intesa nei termini che si usa in Toscana quando si dice "rigovernare la tavola". In tempi più recenti, si tende a vedere sotto la accezione "governance" una serie di altri aspetti che sono collegati alla rete, come ad esempio i diritti umani, la libertà di espressione, l’accesso e i costi, la neutralità della rete, la creazione di competenze, la calunnia, la diffamazione, la frode, la mistificazione, le politiche fiscali, la pedopornografia, protezione della proprietà intellettuale (trademark e copyright), la protezione del consumatore, la protezione della privacy per le informazioni personali memorizzate nei registri del domain name system, il controllo sulle intercettazioni di traffico e-mail, la comunicazione VOIP, la comunicazione istantanea (IMS) ed altre modalità di comunicazione come il WiMAX, lo spam, la sicurezza etc…
Dopo un po’ di lavoro si è deciso di mettere giù un programma di lavoro che partisse da una consultazione allargata sui temi in discussione, anche perché, come vedremo subito, proprio la definizione del perimetro dell’Internet Governance è parte fondamentale del tema.
Nasce così il progetto battezzato “Codice Azuni”. L’idea di riferirsi ad un giurista della navigazione marittima come Azuni nasce solo dal fatto che questo personaggio ottocentesco ha cercato, su incarico di Napoleone, di trovare il bandolo delle mille “regole” della navigazione presenti al suo tempo non con una superlegge da imporre a tutti, ma con una ricognizione dal basso di quanto già si faceva alla ricerca di convergenze praticabili (sul sito www.azunicode.it trovate tutta la storia).
Il 4 agosto è stata lanciata una consultazione su un testo (lo trovate qui) che in verità non è certamente un codice, ma è un primo tentativo appunto di definire i temi, i problemi aperti, le questioni con cui confrontarsi. In un primo momento si è detto che la consultazione sarebbe durata un mese (anche perché il 14 settembre c’è l’appuntamento annuale dell’Internet Governance Forum promosso dall’ONU a Vilnius e c’era l’ambizione di trarre dalla consultazione se non un documento definito, quanto meno un progetto di lavoro), poi si è chiarito esplicitamente, per ovvie ragioni di calendario, che la consultazione sarebbe rimasta aperta anche oltre.
Provo a riassumervi prima il documento (comunque è di una decina di pagine, potete leggerlo anche da soli!) e poi i commenti. Alla fine qualche commento.
Il documento presentato alla consultazione si compone di quattro brevi capitoli e un’introduzione. Nell’introduzione si ricorda l’importanza epocale di Internet, la necessità di garantirne uno sviluppo continuo e democratico con un approccio aperto, partecipato e trasparente; si ricorda poi la nascita dell’Internet Governance Forum a Tunisi nel 2005 (per ricordarvi cosa è successo lì vi propongo di leggere qui il commento di Arturo Di Corinto, uno dei partecipanti di allora, che riporta un po’ di storia oltre che un suo parere sull’operazione Codice Azuni) e la necessità di un approccio “multi-stakeholders” ossia che coinvolga il maggior numero possibile di “portatori di interesse” ossia aziende, società civile, cittadinanza organizzata, utenti e loro associazioni, politici, governi, ecc.
I capitoli successivi in breve sono così strutturati:
1. Quale governance? Il dibattito in corso. Qui si ricorda lo stato dell’arte della discussione in seno alla Commissione europea (vedi questo link) e l’iniziativa di matrice italiana (magna pars furono Stefano Rodotà e Fiorello Cortiana), condivisa poi anche dal Brasile, per una “Carta dei diritti della rete” (vedi qui quello che ne scrivemmo allora).
2. Le questioni da affrontare. qui si ricordano i quattro temi classici dell’Internet Governance proposti dalle Nazioni Unite: a) utilizzo sicuro e stabile della rete; b) concorrenza, privacy, diritti d’autore; c) evoluzione di Internet, accesso universale, lotta al digital divide, rispetto delle diversità, inclusione, open source; d) infrastrutture tecniche e gestione delle risorse critiche (indirizzi ad esempio). Si mette in luce l’intrinseca difficoltà della regolamentazione di una rete così intrinsecamente aperta.
3. Il perché di un “Codice Azuni”. Qui dopo aver ricordato la storia di Domenico Alberto Azuni, si sottolinea la assoluta imprescindibilità di un approccio bottom-up.
4. Come “orientarsi”? Qui si accennano tre principi chiave da cui partire: a) promozione dell’uso consapevole e responsabile delle tecnologie (sarebbe a dire alfabetizzazione); b) affidabilità e attendibilità delle fonti di informazione; c) rete aperta, affidabile, ubiqua e accessibile. Si propone poi un’attività di doppia mappatura che parta da una consultazione degli utenti: a) mappare le principali problematiche della rete, sia quelle per cui esistono delle regole se pure a volte informali, sia quelle per cui regole non ci sono; b) mappare le opportunità della rete pensando in termini di impatto socio-economico.
Sin qui il documento. Nel primo mese sono giunti circa 200 tra commenti e contributi. Non pochi visto che si trattava del mese di agosto. Riassumerli tutti è difficile e non è agevolissimo neanche leggerli perché sono in tre posizioni diverse (in home page come commenti generali; a commentare più specificatamente il progetto qui; nella più strutturata sezione di contributi alla pagina della richiesta di commenti).
Provo a raccontarveli per famiglie:
- contrari per definizione a qualsiasi regola: regolamentare Internet è di per sé una bestemmia. La rete è libera e così deve rimanere, qualsiasi intervento è pericoloso;
- non è qui il problema, ma nell’accesso alla rete: famiglia numerosa che individua un ostacolo a monte nel digital divide, nell’accesso ancora non per tutti, nella mancata alfabetizzazione dimostrata anche dalla posizione di code dell’Italia come utenti Internet tra i Paesi OCSE, nella persistenza di una limitazione grave all’’uso del wifi come la cosiddetta legge Pisanu (obbligo di identificare chiunque acceda alla rete anche dagli hot spot pubblici); insomma prima di occuparsi della governance c’è ben altro da fare;
- la consultazione è un buon punto di partenza: sono pochini invero i commenti benevoli e speranzosi, ma ci sono, tutti comunque sono in attesa di capire cosa ne uscirà;
- la consultazione è assurda nei tempi e nei modi: sono quelli che si sono arrabbiati (e come dargli torto?) quando sembrava che la consultazione dovesse chiudersi a fine agosto dopo 30 giorni che per molti degli italiani sono di ferie; le precisazioni successive non li hanno convinti. Anche sulle modalità di interazione sono state fatte molte critiche e indicate esperienze eccellenti ad es. usando il modello wikipedia (l’enciclopedia che viene scritta dagli utenti);
- i contributi strutturati: in realtà non sono molte le proposte concrete, ma una soprattutto c’è ed è di segno fortemente critico e insieme fortemente propositivo. Si tratta del cosiddetto “Internet Manifesto” proposto da Arturo di Corinto che ripercorre tutti i temi caldi con una particolare attenzione alla libertà della rete, alla sua neutralità, alla impossibilità di applicare alla rete e ai suoi oggetti i classici schemi del diritto d’autore, alla privacy, al ruolo delle amministrazioni pubbliche per la costruzione di quello che Fiorello Cortiana chiama l’ecosistema della conoscenza.;
- infine un folto numero di commenti OT (vuol dire in gergo off-topic ossia fuori tema) basati quasi tutti su un’opposizione politica: “da questo governo di impostori non possiamo aspettarci che trucchi…”; ovviamente rispettabilissime opinioni, ma diciamo così non molto utili.
Un brevissimo commento è d’obbligo, ma di questo tema così importante parleremo ancora.
Direi che si è trattata di un’iniziativa opportuna e motivata: siamo ancora all’inizio della partita e ancora ci sono molte possibilità di giocarcela bene, mi permetto però di esplicitare qualche suggerimento che per altro esprimerò direttamente nel gruppo di lavoro che si riunirà di nuovo tra breve:
- non avere fretta: anche il famoso Azuni per la sua opera impiegò molti anni. E’ necessario insistere nel coinvolgere il maggior numero di stakeholders possibili: più aziende (specie le piccole aziende innovative che in Italia non mancano), più cittadinanza organizzata, più “popolo della rete”;
- usare l’appuntamento di Vilnius come punto di partenza di un percorso, non come traguardo: è troppo vicino, abbiamo poco in mano, l’Italia non è nella posizione di dare lezioni; ciò nonostante l’esperienza di Tunisi e di Rio de Janeiro nel 2005 e nel 2007 ci dicono che le nostre idee possono essere apprezzate se portate con spirito inclusivo;
- lanciare una fase due della consultazione che punti alla costruzione condivisa di “capitoli” e di temi attraverso una discussione meno generica e più puntuale sulle cose;
- non pretendere di ricominciare tutto da capo: di questi temi discutiamo da anni, abbiamo una reputazione internazionale seria, esiste un Internet Governace Forum Italiano che si è costituito due anni fa a Cagliari (per altro anche quello con la promozione del Ministro Brunetta). Non sprechiamo quanto già fatto, ma usiamolo per costruire.
Chiudo facendo mia la frase conclusiva dell’articolo che Arturo Di Corinto ha pubblicato sul sito del Il Sole 24 Ore del 2 settembre: Il codice Azuni insomma è un’opportunità per rivedere l’approccio del Belpase verso la rete ed evitare le frammentarie e talvolta improvvide iniziative per regolamentarla finora fallite proprio a causa dell’assenza di un dibattito ampio e plurale. Quello che in molti chiedono è di non ricominciare sempre daccapo, ma di dare continuità istituzionale a un’iniziativa necessaria, che coinvolga veramente tutti, e senza la quale si rischia che sul web valga solo la legge del più forte.