FerrarAzione: Fare e Rifare, con il crowdsourcing delle relazioni umane

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Dopo il terremoto dell’Emilia dello scorso anno, molte cose sono state fatte e oggi sono in corso. Insieme a tante altre persone coinvolte a vario titolo nei processi della ricostruzione, abbiamo provato a riflettere e a misurarci con il dramma e la responsabilità. Da qui è nato un documento, “Il Manifesto della ricostruzione sostenibile”, presentato anche a Smart City Exhibition 2012. Un manifesto nel quale passando attraverso gli asset portanti della vita di una città si è provato a tracciare le linee ideali della ricostruzione non solo dei muri ma, in particolar modo, della identità di una comunità ferita. In questo anno, procedendo con gli strumenti delle ordinanze e delle priorità, si è data attenzione alle scuole, alle case, alle imprese, ai municipi. Un lavoro faticoso che richiederà almeno un decennio per restituire ciò che c’era e ci appartiene. A latere sono partite molte azioni spontanee, iniziative a supporto di raccolte fondi, tra queste ci piace ricordare quella che abbiamo supportato come cittadine assieme a tante altre persone del nostro quartiere e della città: FerrarAzione.

24 Luglio 2013

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Alessandra Vaccari e Rossella Zadro

Dopo il terremoto dell’Emilia dello scorso anno, molte cose sono state fatte e oggi sono in corso. Insieme a tante altre persone coinvolte a vario titolo nei processi della ricostruzione, abbiamo provato a riflettere e a misurarci con il dramma e la responsabilità. Da qui è nato un documento, “Il Manifesto della ricostruzione sostenibile”, presentato anche a Smart City Exhibition 2012. Un manifesto nel quale passando attraverso gli asset portanti della vita di una città si è provato a tracciare le linee ideali della ricostruzione non solo dei muri ma, in particolar modo, della identità di una comunità ferita. In questo anno, procedendo con gli strumenti delle ordinanze e delle priorità, si è data attenzione alle scuole, alle case, alle imprese, ai municipi. Un lavoro faticoso che richiederà almeno un decennio per restituire ciò che c’era e ci appartiene. A latere sono partite molte azioni spontanee, iniziative a supporto di raccolte fondi, tra queste ci piace ricordare quella che abbiamo supportato come cittadine assieme a tante altre persone del nostro quartiere e della città: FerrarAzione.

La storia di FerrarAzione  nasce dai cittadini di un quartiere, quello medievale della città e di una Parrocchia, quella di Santa Maria in Vado (SMV). Considerando la criticità di cui avevano esperienza diretta – ovvero chiesa e chiostro chiusi dal 20 maggio, senza vedere ancora alcun movimento nella direzione della ricostruzione, dal momento che chiese – parrocchie sono l’ultima priorità che la ricostruzione si è data –  queste persone hanno inteso provare ad allargare la responsabilità anche per tutte quelle situazioni analoghe che necessitano di aiuto tanto quanto SMV. Qui il terremoto ed il silenzio di questo anno hanno scosso le idee e le coscienze. E’ stata lanciata una chiamata alle armi, della pace ovviamente, per tutta la città. 

  • FerrarAzione porta con sé le potenzialità per divenire un laboratorio, un luogo fisico e metafisico nell’ambito del quale dare vita sia ad un modello di ripristino di ciò che, in seguito ad un sisma ha subito una violenta ferita sia ad una più ampia visione che riconosca al suo interno un nuovo modo di concepire le relazioni, il ruolo pubblico, la politica, l’economia, il sociale e gli altri asset che concorrono alla costruzione e al vivere di una comunità e di un luogo.
  • FerrarAzione è anche una occasione  per lanciare Ferrara quale luogo per sperimentare un innovativo modello di azionariato sociale, anche come possibile futura forma di economia collaborativa per uno sviluppo sostenibile. Nel nostro caso facendo sì che chi dona per solidarietà e per ricostruire divenga azionista del progetto che sosterrà. 
  •  Un azionariato, per ora, simbolico – etico che può essere adottato,in qualsiasi altro contesto economico, per una economia che si basa sulla responsabilità individuale, sull’empowerment o potere diffuso, sul management delle idee migliori e del valore/merito delle persone, sull’inclusione nelle decisioni. Credo che oggi, forse più che in altre epoche storiche, questo possa essere un collante ed un volano per l’economia.
  • Nasce anche dalla consapevolezza che la città dispone di importanti risorse intellettuali, umane, valoriali che possono diventare veicolo per un modello in cui la responsabilità e la volontà dei cittadini si mobilita per riprendersi la propria identità e per restituirla a chi, più di altri, l’ha perduta. Il terremoto ha colpito non tutti in egual misura. Spetta a chi è stato più fortunato, mobilitarsi anche per gli altri. Dalla disperazione alla speranza.
  • E’ un esercizio pieno di cittadinanza attiva, in aiuto alle risposte dovute alle numerose criticità del momento che impegneranno l’intera comunità per decenni ancora.
  • Dallo stare insieme e fare comunità intorno ad obiettivi comuni può derivare il passaggio dalla disperazione di oggi alla speranza. È insieme agli altri che si crea la qualità della vita. L’identità non è nel soggetto ma è nella relazione. Proponiamo il recupero della dimensione comunitaria. La dimensione comunitaria diventa dimensione civica, qualità collettiva della vita. Non passa attraverso la vita politica ma attraverso la vita civile. Crescita della cultura della relazione, della vita comune, del civismo, del fare governance con i cittadini. Oggi ci dicono che fanno governance con i piani economici. La governance si fa attraverso la vita comune. Nel nord Europa fanno tutto con vita comunitaria. Noi italiani facciamo fatica. Ma hanno ragione quelli che affermano e praticano che “collaborare è migliore che competere”. Risvegliamo le coscienze e la passione.
  • Partendo dal concetto di ricostruzione che, in prima analisi significa ricostruire la fiducia delle persone, della vita sociale e relazionale, ancor prima dei muri caduti, ci si è posti la questione delle chiese e dei luoghi di culto che, per la loro ormai consolidata tradizione, da sempre rappresentano gli spazi in cui si svolgono in grande parte le connessioni dei quartieri della città. Nella nostra realtà le chiese sono punti di aggregazione e vita quotidiana insostituibili. Ospitano le parrocchie, le palestre per i ragazzi, le sedi delle contrade del palio, le sale riunioni, usate anche per le feste di compleanno, ecc. Assistono allo scorrere del tempo e con esso dell’esistenza delle persone, attraverso le stagioni della vita. Momenti vitali per pensionati, che in questo modo, ancora utili, si mettono a disposizione per curare i ragazzini, seguirli nei compiti di casa ecc.. Luogo sicuro per i ragazzini, approvato dalle famiglie. Lì ci si riunisce ed aggrega per realizzare obiettivi comuni. Le nostre meravigliose chiese attirano i turisti di tutto il mondo. Senza di queste diminuisce anche l’indotto turistico e l’economia locale e rionale ne risentono.
  • C’è bisogno di ricostruire non solo i muri danneggiati, ma anche la comunità che ora è piegata sotto le conseguenze della perdita subita. Il terremoto è stato terribile, ma più il tempo passa e più le ripercussioni si acuiscono. Ed anche il degrado del nostro patrimonio artistico, patrimonio dell’Umanità.
  • Certamente la ricostruzione deve essere bipartisan, comprensibile, etica, democratica, condivisa, identitaria, trasparente, giusta e legale. La gente si deve riconoscere e conoscere il percorso e l’oggetto della ricostruzione. Questi elementi di tipo valoriale non possono prescindere da una seria riqualificazione ambientale ed una altrettanto importante programmazione e pianificazione territoriale (investimento per oggi e per il futuro delle generazioni). I finanziamenti, di qualsiasi provenienza, devono essere tracciabili e dedicati ai progetti della ricostruzione: nessuna speculazione deve essere consentita, è necessario governare con i cittadini per vigilare. Noi vogliamo esserci per Ferrara oggi e domani.
  • Le chiese e luoghi ad esse connessi sono l’ultima priorità che la ricostruzione si è data. Le chiese, oltre ai motivi suddetti, sono un patrimonio culturale, storico, artistico immenso. Sono un museo del mondo e dell’Umanità. I turisti che scelgono di visitare Ferrara sono mossi anche dalla curiosità per le nostre antiche chiese, piene zeppe di tesori rinascimentali irripetibili e difficilmente così belli. Perdendo le chiese perdiamo anche l’interesse del mondo per la nostra città. La prospettiva è che queste possano riaprire, forse, tra 10 anni. In quali condizioni di conservazione verseranno affreschi e mura, dopo anni di chiusura? Da cittadini attivi possiamo partire da lì con il nostro lavoro intellettuale, umano, organizzativo.
  • La dimensione di questo progetto travalica i territori ferraresi. La problematica e la risoluzione devono essere esportate anche all’estero. Un richiamo alla collaborazione anche oltreoceano. In aiuto ad un museo del mondo. 

Il primo evento di FerrarAzione è stato in favore del chiostro di Santa Maria in Vado. Già dal titolo “Sacro e profano nella Ferrara medioevale” si capisce che si è parlato di miracoli, molti in quell’area, delle figure femminili della Vergine di S. Maria in Vado, di S. Teresa Trasverberata, di S. Caterina, di Lucrezia Borgia (sepolta al Corpus Domini). Una triangolazione mistica, religiosa e anche molto profana, magica. Gli esperti hanno lavorato sodo sulle fonti storiche. L’evento si è svolto il 21 giugno, primo giorno d’estate e vi hanno partecipato quasi 400 persone.
Chi ha versato un contributo, qualsiasi cifra sia, è diventato azionista simbolico – etico – morale del progetto di riapertura del chiostro. L’azionista ha ricevuto un mattoncino, prodotto con materiale inerte riciclato, simbolo dell’azione, da incidere con il nome del progetto e dell’azione. Tutto all’insegna della trasparenza e della rendicontazione dell’utilizzo dei fondi.

Non filantropi ma azionisti. I mattoncini, prodotti con materiali della filiera degli inerti nell’ambito del progetto europeo www.Lowaste.it , di cui il Comune di Ferrara è capofila, avranno eco-design, brand, riconoscimento da parte della Ue. E’ prevista la realizzazione di un enorme pannello su cui appendere i mattoncini, man mano che aumentano gli azionisti, per veicolare l’immagine della dimensione e dell’insieme.

Si sta lavorando per definire meglio che forma debba assumere FerrarAzione e come realizzare concretamente l’azionariato sociale. A tale scopo stiamo anche studiando gli atti di due importanti esperienze di azionariato sociale realizzate a Ferrara:

  • Apertura del primo asilo dell’infanzia (1850) avvenuta attraverso la vendita delle cedole azionarie emesse dalla Cassa di risparmio di Ferrara, cedole che servivano alla gestione dell’asilo che, in origine era uno “scaldatoio “ per bambini di strada e poi assume la valenza di un luogo di educazione ed istruzione per i bambini bisognosi. (Ad opera di Maria Luisa Grillenzoni).
  • Il recupero del Palazzo di Ludovico il Moro, oggi Museo di Spina, avvenuto intorno al 1935, sempre con l’azionariato sociale.

La prossima iniziativa di FerrarAzione riguarderà il ricamo, al suo significato antropologico, storico e politico ed economico nello scorrere dei secoli. Il ricamo ed i suoi intrecci con l’architettura, la pittura, la scultura, le scienze umane ma anche con la geometria, l’algebra, la matematica in generale, e le nuove tecnologie. Aspetti sempre trascurati ma base essenziale dell’arte del ricamo. E il suo essere volano del potere contrattuale e sociale faticosamente conquistato dalle donne (i ricamatori erano uomini). Un’arte ancora oggi troppo spesso legata allo stereotipo della ricamatrice massaia, da sfatare con l’aiuto di dimostrazioni pratiche e racconti, lezioni di esperti, università, nuovi materiali. Era lavoro, è lavoro. I “nuovi makers” possono nascere se si fanno riaffiorare le conoscenze e si contaminano con ciò che la società contemporanea produce di positivo. Anche in una comunità dove l’artigianato e la piccola industria non si sono sviluppate causa latifondi e grandi imprese. Ma ci proviamo. Seminiamo, rammendiamo, colleghiamo.

FerraraAzione è una esperienza di human smart city perché:

  • Nasce da cittadini e non dalle istituzioni
  • Nasce da una esigenza concreta
  • Nasce da una consapevolezza concreta scaturita da una privazione
  • Vuole essere un contenitore per tutta la città
  • Propone un modello di responsabilità diffusa su problemi reali che rischiano di diventare veicolo di perdita per sempre di patrimonio sociale, culturale, monumentale, economico
  • Ha catalizzato l’attenzione dell’intera città
  • Ha permesso anche alle cooperative sociali di lavorare e può diventare lavoro vero con i mattoncini (bomboniere, altro), con il ricamo, con gli interventi piccoli e veloci di cui si vuole occupare. Non può sostituirsi all’intervento pubblico, ma essere complementare per riattivare la speranza e le azioni
  • Azionariato sociale può essere esportato come nuova forma di economia collaborativa
 

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