Il futuro del lavoro nella PA, tra smart working e modelli ibridi: facciamo il punto a FORUM PA 2023

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Quando guardiamo all’adozione di nuovi modelli organizzativi per il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, la sensazione è che si stia vivendo una fase di transizione dai contorni ancora sfumati. Tra lavoro agile, modelli ibridi, nuove competenze e piattaforme tecnologiche, il 18 maggio a FORUM PA 2023, in due distinti appuntamenti, cercheremo proprio di capire quali strade si aprono per il futuro del lavoro nella PA

13 Aprile 2023

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Laura Lapenna

Responsabile Area formazione, FPA

Foto di Thought Catalog su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/UK78i6vK3sc

Passato il clamore dell’emergenza sanitaria, si sono ridotte forse anche le occasioni di dibattito e studio su quei processi che nei giorni del lockdown hanno vissuto un’accelerazione intensa, quasi spiazzante. Tra i fenomeni più innovativi introdotti proprio in quei giorni difficili, senza dubbio, figura il lavoro agile negli enti e nelle organizzazioni pubbliche.

Tre anni dopo, nella nuova normalità, occorre fare i conti con le scelte adottate per misurare la coda lunga degli effetti di un innesco senza precedenti. Eppure, quando affrontiamo il tema dell’adozione di modelli di smart working nella pubblica amministrazione la sensazione è che stiamo vivendo una fase di transizione dai contorni ancora sfumati.

Per avere un’idea più chiara di questo passaggio è utile confrontare due istanze emerse negli ultimi mesi del 2022.

Da un lato, nel rinnovo dei contratti del pubblico impiego si è data una definizione al lavoro agile, distinguendolo dal lavoro da remoto. All’articolo 36 del rinnovato contratto del comparto funzioni centrali, infatti, leggiamo:

“Il lavoro agile è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro”

È evidente quindi la volontà non solo di riconoscere il fenomeno e iscriverlo tra le pratiche diffuse nella pubblica amministrazione anche dopo la straordinaria fase della pandemia, ma di attribuirgli caratteri e connotati propri che rimandino a nuovi modelli di organizzazione del lavoro e a nuove modalità di valutazione delle performance del singolo dipendente.

Dall’altro, i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano rilevano che con la fine dell’emergenza da Covid-19 molte realtà pubbliche hanno deciso di riorientarsi verso modelli di lavoro tradizionali: nel 2022 il lavoro agile è stato scelto solo nel 57% degli enti, a fronte del 67% dell’anno precedente.

È ovvio che si tratta di un processo complesso e multidimensionale, articolato in più componenti.

Al primo posto c’è sicuramente lo sforzo necessario e ancora incompleto di attuare un vero e proprio cambio di paradigma. Lo smart working funziona non solo, e non tanto, se passa attraverso accordi individuali, ma se riesce a iscriversi in un processo di rimodulazione delle attività quotidiane. Funziona se il ripensamento dei carichi di lavoro non è poggiato sul singolo dipendente, ma centrato su di lui. Funziona se contribuisce a portare nuove sfide, nuove competenze, se arricchisce le professionalità esistenti.

Il secondo tassello chiama in causa proprio le competenze. Accompagnare il cambiamento in questa precisa situazione vuol dire essere sicuri, da un lato, che i dipendenti (e i dirigenti) abbiano il giusto bagaglio di competenze digitali che consenta loro di vivere con consapevolezza e serenità un modello di organizzazione professionale a elevato impatto tecnologico; dall’altro lato, non esiste uno scenario nel quale immaginare una centralità maggiore per competenze trasversali quali l’intelligenza emotiva e l’intelligenza collettiva: strumenti fondamentali per supportare modalità di interazione e condivisione con l’altro sicuramente più articolate. 

Il terzo punto da analizzare – di un elenco potenzialmente infinito – fa riferimento alla diffusione dello smart working come facilitatore della conciliazione vita-lavoro. È palese come la crescita del benessere personale si leghi all’appagamento professionale: se il modello di lavoro non è focalizzato sul dipendente, ma piuttosto lo fa sentire isolato e poco coinvolto, non potrà esserci, in definitiva, un miglioramento generale della qualità della vita. Inoltre, sempre a proposito di conciliazione, in ottica di genere le implicazioni dell’adozione del lavoro agile sono diversissime e ancora non del tutto esplorate. 

Una doppia occasione di confronto e di approfondimento su queste tematiche sarà il prossimo FORUM PA, nella giornata del 18 maggio. In presenza al Palazzo dei Congressi di Roma.

Il primo appuntamento – dalle 12 alle 13:30 –  è il talk “Competenze, modelli organizzativi e piattaforme tecnologiche per il futuro del lavoro nella PA”: insieme a protagonisti delle PA centrali e locali ci chiederemo se la riorganizzazione delle modalità di lavoro tra nuovi obiettivi, scrivanie dematerializzate e nuovi modelli di leadership poggia su una solida base di competenze digitali, sulle soluzioni tecnologiche strategiche e gode del giusto spirito interno di condivisione e collaborazione.

Nella stessa giornata, dalle 17:30 alle 18.20 nella sala Academy 2, daremo spazio all’intervento formativo “Smart Working: come riprogettare l’organizzazione del lavoro in un modello ibrido” tenuto da Emanuele Madini, Partner di P4I – Partners4Innovation e Senior Advisor dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. L’intervento sarà l’occasione per condividere alcuni approcci e modelli come l’Hybrid Team Canvas che consentono ad ogni ufficio o struttura organizzativa di riprogettare l’organizzazione del lavoro in coerenza con un modello di lavoro ibrido, ridefinendo le modalità di collaborazione e di allineamento, i riti sociali, le pratiche lavorative e le modalità di misurazione dei risultati. 

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