Cambiare le regole di reclutamento della dirigenza nella PA
Riceviamo e pubblichiamo con piacere un interessante intervento, sul tema dell’accesso alla dirigenza pubblica, di Giovanni Di Pilla, Direttore Generale della ASL RM G.
12 Ottobre 2009
Giovanni Di Pilla*
Riceviamo e pubblichiamo con piacere un interessante intervento, sul tema dell’accesso alla dirigenza pubblica, di Giovanni Di Pilla, Direttore Generale della ASL RM G.
“Fannulloni si diventa” è il titolo di un convegno-seminario della Bocconi sulla PA che credo abbia colto nel segno. Chi entra infatti nella PA non solo per soddisfare una sacrosanta esigenza di lavoro, ma anche animato da spirito di servizio e senso civico per offrire il meglio di sé, delle sue conoscenze e della sua voglia di imparare, ne resta quasi sempre deluso e frustrato per “l’andazzo” che trova, legato a modalità di lavoro, contrattuali e di processo che inducono a farraginosità, supremazia delle carte sulle concretezze e sui risultati reali, eccessiva frammentazione di ruoli e funzioni, mansioni ecc, scarse o nulle possibilità di essere valorizzati e promossi per merito, ma spesso per relazioni e contiguità o nella migliore delle ipotesi per titoli cartacei e anzianità, quindi deresponsabilizzazione,disimpegno scarse motivazioni e attaccamento al proprio lavoro come servizio alla collettività.
Tutto ciò dovrebbe essere contrastato ed eliminato o quanto meno ridotto a fenomeno marginale, certo da una riforma complessiva della PA, più dalla parte dei cittadini e, non solo sulla carta, ispirata a criteri gestionali privatistici, da contratti meno astrusi e complicati fatti per favorire il lavoratore e non il cittadino, e comunque senza controparte vera. I lavoratori hanno i loro sindacati i cittadini praticamente nessuno, né coloro che sono chiamati a gestire come manager pubblici le diverse articolazioni della PA.
La Dirigenza che dovrebbe, poi, avere il compito di dirigere gli uffici e i processi decisionali dal primo gradino fino al vertice manageriale e Istituzionale viene reclutata quasi tutta dall’interno della PA con una normativa chiaramente corporativa e di casta che impedisce di fatto che nella PA siano introdotti elementi di innovazione, efficienza, di freschezza di chi vi accede direttamente dall’esterno attraverso percorsi che non prevedano necessariamente un ingresso in funzioni non dirigenziali e solo dopo 5 anni di queste funzioni l’accesso ai concorsi per la dirigenza che a volte sono riservati solo per loro. È una procedura assurda, autoreferenziale tipica di una PA ripiegata su se stessa che non accetta a priori novità che possano venire dall’esterno.
Giovani formati in prestigiose Università italiane e straniere con Master specifici e certificati, con esperienze di lavoro in altrettanto prestigiosi Istituti o Aziende private, o che addirittura hanno svolto ruoli e funzioni consulenziali o di lavoro precario nella PA, apprezzato e ritenuto indispensabile dai Dirigenti di Ministeri o Uffici pubblici, non possono essere assunti come dirigenti, ma neanche partecipare ai concorsi per la dirigenza nella PA.
Il tempo, gli anni qualche volta, passati in altre Strutture che non siano della PA o anche passati come consulenti o precari nella stessa PA non hanno alcun valore! Solo in Italia esiste una tale procedura per il reclutamento della dirigenza nella PA. Una vera follia! I risultati sono sotto gli occhi di tutti: inefficienza, poca disposizione all’innovazione, invecchiamento.
In pratica la dirigenza della PA che dovrebbe rappresentare il motore e lo stimolo per una gestione moderna, efficiente, innovativa, motivata e secondo modelli privatistici della macchina pubblica, viene selezionata quasi elusivamente dopo un lungo periodo(5 anni) di permanenza di ruolo in posizioni subdirigenziali e quindi dopo aver acquisito non solo competenze, ma soprattutto i difetti e tutti i “vizi” presenti nella PA ed esserne diventato parte integrante. Solo allora ha si ha “titolo” a partecipare ai concorsi per la dirigenza, quindi dopo essere stato, dico per estremizzare, depotenziato a sufficienza ed essere diventato “uno di loro”, senza “grilli per la testa”. Insomma si può entrare nella PA con le migliori intenzioni e diventare un “fannullone” anche a causa delle norme che regolano la vita interna e l’accesso nella PA specialmente delle figure dirigenziali.
* Direttore Generale ASL RM G