S@lute2016 – Ricoverato, ma a casa propria: i successi ignorati del telemonitoraggio in Italia
In Italia situazioni di “ricovero virtuale” afferiscono a tutt’oggi alla sfera della sperimentazione: in realtà le tecnologie sono mature e non ci sono particolari elementi di ostacolo se escludiamo le situazioni di oggettiva impossibilità al telemonitoraggio per assenza di copertura di connettività
26 Ottobre 2016
Paolo Colli Franzone, Osservatorio Netics
La spesa ospedaliera incide sulla spesa complessiva del SSN per un quasi 40%: valori non ancora a lungo sostenibili soprattutto in quanto non più “difendibili”: numerose fonti autorevoli identificano “ampi margini di contenimento della spesa” qualora si riesca ad incidere sulla quantità di giornate di ricovero in quella sorta di “terra di mezzo” rappresentata dal periodo che intercorre fra il momento in cui un paziente è clinicamente dimettibile e quello in cui egli viene effettivamente dimesso.
Anche questo effetto trae molto spesso le sue cause da quelle riconducibili all’eccesso di medicina difensiva: “il paziente è dimettibile ma non si sa mai”. In altri casi, la dimissione ritardata è frutto di processi organizzativi interni ai reparti non efficientati a dovere.
La soluzione alla prima tipologia di cause (atteggiamento difensivo e necessità di mantenere monitorato il paziente ancorché tecnicamente dimettibile) è riconducibile a uno scenario di “ricovero virtuale”. In effetti, il “ricovero virtuale” è applicabile a numerosi casi di bassa e medio-bassa intensità di cura e nella stragrande maggioranza dei casi relativi a pazienti in riabilitazione.
Il paziente viene “ricoverato” al proprio domicilio, invece di essere trasferito in reparti di “deospedalizzazione protetta” o in RSA, e viene costantemente monitorato attraverso strumenti collegati in remoto col reparto di degenza. La somministrazione di terapie viene assicurata da caregivers afferenti alla sfera familiare del paziente col supporto – laddove necessario – di personale paramedico qualificato.
In casi particolari di emergenza, personale medico interviene al domicilio del paziente. In Italia situazioni di “ricovero virtuale” afferiscono a tutt’oggi alla sfera della sperimentazione: in realtà le tecnologie sono mature e non ci sono particolari elementi di ostacolo se escludiamo le situazioni di oggettiva impossibilità al telemonitoraggio per assenza di copertura di connettività.
Di fatto, il vero ostacolo è di natura organizzativa e riconducibile allo schema classico del “si è sempre fatto così, perché cambiare?”.
Anche se sono del tutto evidenti le ricadute in termini di razionalizzazione dei costi, alleggerimento dei carichi di lavoro in reparto, innalzamento della qualità della vita per il paziente e per i suoi familiari.
Le sperimentazioni sinora avviate in alcune regioni italiane dimostrano come i costi si abbattono di oltre il 50% (tetto massimo giornaliero di un ricovero virtuale pari a 250 €, contro un minimo di 5-600 € per un ricovero ospedaliero) e la qualità della prestazione (anche in termini di esito) non viene minimamente inficiata.
Nei Paesi dove la spesa sanitaria è posta prevalentemente a carico delle compagnie di assicurazione, il “telericovero” è prassi abitudinaria, spinta dalla leva del contenimento dei costi. Si badi bene che in quegli stessi Paesi tipicamente vige il principio della penalizzazione sui ricoveri ripetuti entro un periodo solitamente compreso fra i 30 e i 90 giorni, quindi il “ricovero virtuale” si dimostra efficace anche in termini di esito positivo dell’acuzie.
Ipotizzando di spostare il 5% delle giornate di ricovero di pazienti acuti e il 10% di quelle di pazienti in riabilitazione, grazie all’adozione di soluzioni e servizi di “ricovero virtuale” (assistenza ospedaliera domiciliarizzata), è possibile generare economie di gestione per 1,39 miliardi di Euro all’anno, ma soprattutto è possibile incrementare considerevolmente la qualità dei servizi resi al paziente senza minimamente intaccare i livelli occupazionali e la quantità di prestazioni erogate.
La figura sotto riportata è estratta da “Scenari di Sanità Digitale”, report conclusivo di S@lute2015 (Roma, settembre 2015). Il tema sarà ripreso anche nell’edizione 2016 di S@lute, dal 10 al 12 novembre a Milano.
Fonte: “Scenari di Sanità Digitale”, Osservatorio Netics, 2015