EDITORIALE

La carta regna, standard OIL ignorati dal 60% degli enti locali: la denuncia di Abi

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Una recente indagine condotta presso un numero significativo di enti ha evidenziato che l’adozione dell’OIL e la connessa definitiva eliminazione dell’uso del cartaceo nello scambio di informazioni con il tesoriere finalizzate all’effettuazione dei pagamenti e delle riscossioni riguarda solo il 40% degli enti locali. Tramite i dati forniti dalle banche svolgenti funzioni di tesoreria, è stato analizzato un campione di circa 18.000 enti

26 Gennaio 2016

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Rita Camporeale, responsabile Ufficio Sistemi e Servizi di Pagamento, ABI

Pur in presenza di segnali di un sostanziale cambio di passo, è certo, sulla base di dati e statistiche ufficiali, che il nostro Paese nella sua globalità registri una generale lentezza nella razionalizzazione e digitalizzazione dei servizi di pagamento. E’ evidente in particolare come il ricorso al contante quale metodo di pagamento, seppur diminuisca costantemente, resti comunque elevato rispetto a quello riscontrato negli altri Paesi europei, nei quali il ricorso a strumenti alternativi, già molto diffuso, cresce a ritmi nettamente superiori.

Le cause del ritardo, molteplici e di complessa analisi in questo contesto, sembrano tuttavia potersi collegare a due principali profili:

  • la carenza di una adeguata e diffusa cultura/informazione/formazione in materia;
  • un certo grado di rigidità del contesto normativo che a volte, soprattutto nel comparto della finanza pubblica e locale, tende a non adeguarsi con immediatezza e a mantenere alcune complessità di lettura e di coordinamento tra le diverse e numerose norme. L’opportuna prassi metodologica (avviata lo scorso decennio in materia di finanza locale) relativa alla emanazione dei Testi unici ha risolto solo in parte il problema, attenuando marginalmente il complesso compito degli interpreti e degli operatori.

Sul primo profilo emerge purtroppo che, tralasciando i casi ove l’uso del contante è collegato alla non tracciabilità dei pagamenti per finalità illegali, l’utilizzo di metodologie non evolute è spesso fonte di informazioni inadeguate.

E’ rilevabile, in proposito, una sostanziale preoccupazione rispetto al buon fine del pagamento; una inconsapevolezza dei notevoli costi impliciti connessi all’uso del contante; una anomala percezione di costi elevati legati al ricorso a strumenti evoluti di pagamento.

Sul punto si evidenzia una particolare attenzione da parte del mondo bancario e finanziario volta al miglioramento della cultura digitale della clientela bancaria in termini di sicurezza, convenienza e facilità dell’utilizzo di canali e strumenti evoluti di pagamento.

Con riguardo al secondo profilo occorre evidenziare che la rigidità del contesto normativo di riferimento ha indubbiamente contribuito a rallentare il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione facendo sì che la stessa rimanesse per molto tempo ancorata a metodologie gestionali e di relazione non al passo con i tempi.

Il processo di informatizzazione della PA – il quadro normativo

Nell’ultimo decennio si è assistito ad una forte accelerazione nell’iter di adeguamento tecnologico dell’attività della Pubblica amministrazione in tutte le sue articolazioni e con particolare riguardo agli enti ascrivibili al comparto degli enti territoriali.

Con specifico riguardo alla gestione finanziaria ed al tema dei pagamenti, tale processo – tuttavia ancora in itinere – è stato fortemente agevolato dall’emanazione di norme di finanza pubblica e lo-cale le quali hanno via via fornito un contesto normativo di maggiore adeguatezza dipanando una serie di dubbi operativi che di fatto avevano contribuito a mantenere nel tempo una sostanziale arretratezza sia rispetto al settore dei pagamenti tra privati sia con riguardo alle metodologie già in uso tra gli operatori pubblici europei.

In particolare, è solo a partire dal 2005 che si registra una concreta e significativa evoluzione normativa tesa a supportare adeguatamente un processo di effettivo snellimento gestionale e di sempli-icazione dei processi inerenti le movimentazioni finanziare degli enti e i rapporti con l’utenza.

Trattandosi di pagamenti da e verso la PA e tenuto conto del particolare sistema che caratterizza le PA italiane e che si incentra nella figura, obbligatoria per legge, del “tesoriere” (braccio operativo dell’ente), tali normative hanno opportunamente avuto riguardo ai rapporti tra enti e banche tesoriere finalizzati all’effettuazione dei pagamenti e delle riscossioni; è iniziato così un processo di snellimento di un quadro normativo desueto che impediva di accogliere gli interventi di razionalizzazione operativa già in uso presso altri comparti dell’operatività bancaria.

In tale contesto è stata dunque fortemente voluta la norma che nel 2005 ha modificato il TUEL (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – D. Lgs. 267/2000) e che ha innovato i rapporti di tesoreria e il sistema dei pagamenti e delle riscossioni della PA.

Ne è dunque derivata una regolamentazione che ha finalmente sancito (sia pure in modo articolato poiché, di fondo, resta complesso e pieno di implicazioni il quadro di finanza pubblica):

  • la legittimità dell’uso di ordinativi di pagamento e di riscossione informatici con eliminazione dei supporti cartacei;
  • la più ampia possibilità di conciliare gli obblighi di legge inerenti la contabilizzazione delle entrate e delle uscite di denaro pubblico con l’utilizzo di ogni strumento di pagamento di-verso da contante, messo a disposizione dai sistemi interbancari evoluti.

Ancor più decisivo l’intervento del legislatore nel 2011, con l’emanazione, sempre in tema di pagamenti da e verso la PA, dell’art. 12 del DL n. 202/2011, riferito a tutti gli enti pubblici (Pubbliche amministrazioni centrali e locali – PAC e PAL) e non solo agli enti territoriali (essenzialmente comuni e province) come per il predettoTUEL.

La norma ha opportunamente introdotto un principio basilare: risulta invertito il rapporto pagamenti per cassa/pagamenti elettronici nel senso che questi ultimi, oltre che conciliabili – come già sancito dalla norma del 2005 – con i complessi meccanismi di acquisizione delle somme nella disponibilità degli enti imposti dalle norme di finanza locale, sono da considerare adottabili in via ordinaria, in assenza di diverse indicazioni specifiche.

L’evoluzione nel comparto Riscossioni – l’art. 5 del CAD

Nel contesto delle norme epocali di finanza pubblica e locale è di massimo rilievo l’art. 5 del CAD come modificato, nel 2012, dal decreto «Crescita». E’ infatti norma suscettibile di rilevanti impatti per i cittadini, le imprese, la PA, gli operatori economici, i prestatori di servizi di pagamento.

Quali cambiamenti in concreto?

Si passa da un sistema nel quale la banca svolge un servizio di riscossione per conto della PA (la quale impone agli utenti le modalità con le quali pagare) ad un sistema «molti a molti» nel quale è l’utente che, in un contesto evoluto di progressivo abbandono del contante, decide dove con quale strumento e canale e presso quale prestatore di servizi di pagamento (PSP) effettuare il pagamento.

Sotto il profilo tecnico il collegamento «molti a molti» è reso possibile grazie alla piattaforma tecnologica (Nodo dei Pagamenti – SPC) messa a disposizione e gestita dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). Tutte le pubbliche amministrazioni devono aderire al Nodo; i PSP non sono obbli-gati ma occorre considerare che la mancata adesione al Nodo equivale ad impossibilità di entrare nel circuito dei soggetti abilitati a riscuotere le somme dovute alla PA.

In sostanza l’art. 5 consente ai soggetti in rapporto di debito con la PA di effettuare i pagamenti

(i) con tutti gli strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie dell’informazione e della co-municazione (quindi, oltre che con bollettini e bonifici bancari e postali, attraverso l’uso della monetica, delle carte di debito credito e prepagate, altri strumenti elettronici che prevedono l’addebito in conto, POS fisici e virtuali, addebito diretto;

(ii) presso ogni PSP che il debitore (l’utilizzatore finale, secondo la terminologia usata dall’AgID) ritenga autonomamente di individuare sul mercato.

A fronte di tale diritto sussiste l’obbligo della PA di porre in condizione l’utente di pagare ed a tal proposito deve fornirgli alcuni dati fondamentali tra i quali lo IUV (identificativo univoco di ogni singolo pagamento), codice che consente di seguire il pagamento in tutte le sue fasi e di pervenire da ultimo alla sua riconciliazione amministrativa.

Si tratta di una riforma molto ampia e che richiede necessariamente un tempo congruo di graduale adeguamento. Una volta a regime la Riforma recherà una serie di obiettivi vantaggi sia in termini di riduzione e progressiva eliminazione del contante sia con riguardo all’evoluzione in senso quali-quantitativo di servizi evoluti di pagamento sicuri ed affidabili.

Punti di criticità

Appare dunque evidente che il contesto normativo, sempre più adeguato ed in linea con l’evoluzione delle moderne tecniche di comunicazione ed informazione, stia contribuendo sensibilmente ad accelerare l’evoluzione in senso tecnologico dell’insieme degli enti della Pubblica Amministrazione.

Si rileva tuttavia che il percorso è ancora lungo e che i tempi per un generale adeguamento non sono definibili, variando in relazione alle diverse tipologie di enti in un contesto che, da un lato, non prevede termini perentori e, dall’altro, non è scevro di problemi di impatto e adeguamento.

Si consideri ad esempio il tema dell’ordinativo informatico – OIL. Da oltre dieci anni si sono definiti, d’intesa con la preposta Agenzia per la digitalizzazione del Paese (ora AgID), gli standard OIL; tuttavia non si è ancora pervenuti ad un significativo grado di diffusione dei nuovi sistemi per obiettive difficoltà degli enti nel superamento delle tradizionali tecniche gestionali.

Una recente indagine condotta presso un numero significativo di enti ha evidenziato che l’adozione dell’OIL e la connessa definitiva eliminazione dell’uso del cartaceo nello scambio di informazioni con il tesoriere finalizzate all’effettuazione dei pagamenti e delle riscossioni non è ancora patrimonio della maggioranza degli enti. Più in dettaglio, tramite i dati forniti dalle banche svolgenti funzioni di tesoreria, è stato analizzato un campione di circa 18.000 enti appartenenti alle seguenti otto categorie: regioni, province, comuni, altri enti locali quali ad esempio unioni di comuni e comunità montane, aziende sanitarie locali, istituzioni scolastiche, università, camere di commercio.

Di tali enti nella loro globalità, solo il 40 per cento ha adottato l’OIL con valore giuridico e con eliminazione del cartaceo. La percentuale sale al 55% laddove si consideri il totale degli ordinativi gestiti, in ragione dell’incidenza dei flussi generati da enti di maggiori dimensioni. Con riguardo ai comuni la percentuale sale lievemente attestandosi al 44%. Significativa la circostanza che non tutte le regioni risultano allineate; anche le scuole, per le quali sussiste dal 2011 una forte indicazione ministeriale in termini di adeguamento, adottano l’OIL solo nella percentuale del 65%.

Non v’è dubbio che sul tema OIL, come su tutti gli altri inerenti l’attività degli enti (rivolta alla gestione interna, all’offerta dei servizi, al colloquio con i cittadini e con le imprese sul territorio), il processo evolutivo è ormai avviato in modo stabile e significativo. E’ vero altresì che trattasi di un processo che ha i suoi tempi, non brevi, di attuazione. Compito del Legislatore e delle Autorità preposte, in sinergia con tutti gli operatori interessati, è quello di effettuare un costante monitoraggio della materia (sul punto è di tutta evidenza l’importanza del ruolo svolto da AgID), per l’individuazione di soluzioni e proposte che via via agevolino le tappe di un percorso il cui obiettivo è l’efficienza di una Pubblica Amministrazione sempre più rispondente alle esigenze avverti-te sui territori di competenza.

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