In Sanità scatta il rischio digital divide: è tempo di accompagnare i cittadini ai nuovi servizi

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Da una recente ricerca Censis-Arsenàl.IT, emergono interessanti elementi per l’analisi del percorso più efficace per la diffusione dei servizi digitali sanitari, con un approccio da “sanità attiva” e attento all’inclusione digitale

30 Maggio 2016

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Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione

Uno dei nodi cruciali per il successo della trasformazione digitale italiana è quello delle competenze digitali, soprattutto per un Paese in cui (secondo il Digital Economy and Society Index –DESI) il 28% della popolazione non è mai andato su Internet e il 57% ha competenze digitali inferiori al “livello base”. Ancor di più questa centralità è importante per la sanità digitale, dove è l’intera sostenibilità del sistema che dipende dalla diffusione adeguata dei servizi digitali, e quindi dalla loro fruizione.

Interessante, in quest’ambito, la recente ricerca Censis, condotta con Arsenàl.IT, Centro Veneto Ricerca e Innovazione per la Sanità Digitale , su “Cittadini e sanità digitale”, presentata all’ultima edizione di ForumPA, perché ci permette di entrare nell’analisi dettagliata del comportamento della popolazione (approfondendo il caso veneto).

Nella situazione generale indicata dall’Osservatorio Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano nel 2015, secondo cui il 26% della popolazione italiana ha utilizzato internet per accedere a informazioni sulle strutture sanitarie, il 24% ha prenotato online le prestazioni sanitarie, il 15% ha consultato online i propri documenti sanitari (es. referto), il Veneto è certamente una regione tra le più avanzate, grazie alla disponibilità ampia di servizi digitali innovativi.

Tra i tanti dati dello studio Censis- Arsenàl.IT, e di altre ricerche collaterali svolte nel Veneto, ci interessa però sottolinearne alcuni che consentono di fornire indicazioni per una migliore diffusione dei servizi digitali sanitari (e non solo), e che in qualche modo possono essere letti in una logica di percorso:

  • la conoscenza della disponibilità dei servizi digitali è ancora molto da migliorare. Ben il 53% dei giovani non sanno quali siano i servizi disponibili, e così circa il 48% della popolazione complessiva (rilevazione del progetto europeo Sustains), di cui l’84% della popolazione over-65;
  • il miglior modo per far conoscere i servizi digitali sanitari è il passa-parola di amici-familiari e, nella rilevazione specifica sul servizio di refertazione-online, il 74,1% degli utenti ha conosciuto il servizio grazie al personale sanitario;
  • tra chi conosce i servizi digitali e non li usa, la principale motivazione è la preferenza per il contatto diretto (e forse anche la mancanza di fiducia nel servizio online) con 41%, mentre le risposte di chi non ne percepisce l’utilità (22%) e di chi esplicita la propria incompetenza (21%) sono molto legate alla carenza di competenze digitali;
  • si conferma la forte correlazione tra la semplicità di un servizio digitale e la sua fruizione, diretta. Nel caso del servizio dei referti-online, infatti, utilizzato dal 60% dei veneti, oltre un terzo dei referti scaricati online (35,2%) riguarda gli utenti ultrasessantacinquenni, di cui il 45% scarica autonomamente il referto.

E quindi è necessario, come si sottolinea nelle conclusioni della ricerca, che la sanità pubblica si prenda carico di fronteggiare i rischi dell’esclusione digitale, “ progettando percorsi dedicati per le fasce di utenza meno acculturate digitalmente ” e, più in generale, che l’approccio sia quello della “sanità attiva”, “ una sanità che sappia andare alla ricerca della propria utenza e dei suoi bisogni senza aspettare passivamente che siano i cittadini a cercare i servizi ”.

Da questi e dagli altri dati, pur rilevati in una singola regione (e in qualche caso anche solo nel territorio di un’azienda sanitaria) si evidenzia pertanto un messaggio forte e chiaro: la diffusione dei servizi dipende dalla cura e dall’attenzione che pone la PA in tutto il percorso, dalla progettazione alla comunicazione, dall’ascolto degli utenti al monitoraggio. E, soprattutto nel caso sanitario, è il personale del settore pubblico che diventa principale agente di cambiamento e di informazione, molto di più che la comunicazione mass-mediatica. Perché per avvicinarsi ai servizi digitali bisogna fidarsi. E, da parte della PA, bisogna tenerci davvero.

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