Norme complesse e senza obiettivi, l’analisi europea sul procurement italiano
Dallo studio è emerso, per il nostro Paese, che laddove la corruzione e l’inefficienza mettono a rischio il sistema di appalti pubblici esiste un deficit di capacità amministrativa, oltre che un’eccessiva complessità del quadro legislativo. Tra le criticità: orientamento agli elementi formali a discapito degli obiettivi finali
9 Giugno 2016
Roberto Diacetti e Manuela Palazzo, EUR S.p.A.
La rilevanza delle procedure di evidenza pubblica nell’economia degli Stati membri dell’Unione Europea è dimostrata da un dato eloquente: ogni anno la quota di spesa riservata agli appalti pubblici costituisce il 16% del PIL dell’Unione Europea; in Italia, vengono spesi circa 90 miliardi di euro per l’affidamento di lavori, servizi e forniture .
Nell’ambito della Pubblica Amministrazione la gestione delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici rappresenta un settore in corso di modernizzazione, con particolare riguardo al processo di razionalizzazione e ottimizzazione della spesa pubblica. La disciplina normativa del public procurement ha subito, nel corso degli anni, molteplici e significative modifiche finalizzate a dare attuazione ai principi affermatisi, con sempre maggiore continuità e persistenza, in ambito comunitario, orientati – in linea con i canoni costituzionali dell’economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa – alla tutela della par condicio e del favor partecipationis nell’individuazione sul mercato del contraente affidatario di una commessa pubblica.
L’emanazione del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice di contratti pubblici) quale primo corpo normativo unitario e organico di una disciplina fino ad allora regolamentata da una pluralità di fonti frammentate ha senz’altro contribuito ad introdurre regole più puntuali e di intuitiva applicazione.
In materia di tecniche di aggiudicazione centralizzata, già con l’emanazione della legge 13 dicembre 1999, n. 48 e s.m.i. (Legge finanziaria 2000), il legislatore nazionale ha introdotto disposizioni normative sempre più univoche e dettagliate. Invero, ai sensi dell’art. 26, comma 3, della predetta legge finanziaria, le amministrazioni pubbliche possono ricorrere alle convenzioni stipulate per l’acquisto di beni e servizi anche utilizzando procedure telematiche; la stipulazione di un contratto in violazione di tale regola è causa di responsabilità amministrativa. Successivamente, con d.l. 6 luglio 2012, n. 95, c.d. decreto spending review, il legislatore ha, persino, previsto la sanzione più incisiva della nullità in ipotesi di contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionamento mediante Consip S.p.A., che integrano, altresì, illecito disciplinare e sono causa di danno erariale.
Il richiamato art. 26 ha introdotto nell’ordinamento il c.d. Programma per la razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione e le disposizioni normative susseguitesi nel corso degli anni si sono orientate verso l’affermazione di un obbligo generalizzato, in capo alle Amministrazioni dello Stato, di approvvigionarsi facendo ricorso alle convenzioni della Consip, società per azioni interamente posseduta dallo Stato, preposta alla realizzazione del sistema delle convenzioni per qualunque categoria merceologica, ove tali convenzioni siano disponibili. Gli obiettivi che il legislatore ha inteso perseguire con l’introduzione di un sistema di acquisti mediante centrale di committenza – intesa come amministrazione aggiudicatrice mediante la quale viene gestita una pluralità di commesse nell’interesse e a vantaggio di più stazioni appaltanti – sono orientati al contenimento della spesa pubblica, all’accorpamento della domanda di lavori, beni e servizi, alla concentrazione delle procedure di acquisto con conseguente aumento dei volumi messi a gara, alla riduzione dei rischi connessi alla gestione delle procedure, all’accrescimento della specializzazione, in capo ai soggetti più qualificati, e alla riduzione del contenzioso.
Inoltre, dalla spersonalizzazione dell’attività amministrativa, quale conseguenza immediata dell’acquisto centralizzato, consegue la riduzione dei reati legati all’ esercizio dell’attività di affidamento di appalti pubblici svolta dalle commissioni giudicatrici. Con riferimento all’evoluzione normativa che ha concorso alla formulazione dell’attuale sistema di acquisti centralizzato occorre richiamare l’art. 33, comma 1, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, ai sensi del quale le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi, nonché il successivo comma 3, a mente del quale le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare le funzioni di stazione appaltante di lavori pubblici […] a centrali di committenza. Già con l’entrata in vigore del precedente codice dei contratti pubblici la possibilità di affidare le funzioni di stazione appaltante a centrali di committenza viene espressamente estesa alle amministrazioni aggiudicatrici; dunque, il c.d. sistema Consip inizia ad affermarsi anche con riferimento agli organismi di diritto pubblico e non più alle sole amministrazioni dello Stato. Ai sensi del nuovo codice degli appalti pubblici (d.lgs. 19 aprile 2016, n. 50) e, in particolare, con riferimento a quanto disposto nell’ambito delle definizioni di cui all’art. 3, lettera l) per «attività di centralizzazione delle committenze» si intendono le attività svolte su base permanente riguardanti:
1) l’acquisizione di forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti;
2) l’aggiudicazione di appalti o la conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti. Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 37, comma 3 “le stazioni appaltanti non in possesso della necessaria qualificazione di cui all’articolo 38 procedono all’acquisizione di forniture, servizi e lavori ricorrendo a una centrale di committenza ovvero mediante aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica”.
Con questa disposizione, il legislatore delegato ha inteso rafforzare il ruolo dell’ANAC e delle centrali di committenza (in particolare, Consip S.p.A.) in materia di public procurement con la previsione di un meccanismo alternativo secondo cui l’acquisto può essere disposto o a seguito di una qualificazione della stazione appaltante (con iscrizione nell’ “Elenco dei soggetti aggregatori” previa verifica dei necessari requisiti da parte dell’Authority a ciò preposta) ovvero mediante il ricorso alle procedure telematiche indette da Consip S.p.A.; tale meccanismo ha eliminato il margine di autonomia finora garantito anche ai committenti di ridotte dimensioni meno specializzati nel settore.
Dunque, una realtà, quella del public procurement, complessa e in costante evoluzione, rispetto alla quale la Commissione Europea, Direzione per le Politiche Regionali e Urbane, ha cercato – attraverso uno studio realizzato alla fine del 2015 da Price Water House Coopers, che ha coinvolto i 28 stati membri dell’UE – di fornire un quadro della situazione complessiva e regionale, con l’obiettivo di indicare i margini di miglioramento e le azioni al riguardo da pianificare. Dallo studio è emerso, per il nostro Paese, che laddove la corruzione e l’inefficienza mettono a rischio il sistema di appalti pubblici esiste un deficit di capacità amministrativa della pubblica amministrazione, oltre che una debolezza, intesa anche come complessità del quadro legislativo. Tra le criticità del sistema italiano, infatti, è stato ravvisato un eccessivo orientamento agli elementi formali e una scarsa considerazione degli obiettivi finali , dal momento che la complessità del sistema legale – prosegue il documento – ha portato a vuoti normativi e ad eccezioni che hanno favorito l’infiltrazione della corruzione. D’altro canto, il codice degli appalti italiano, tra i più stringenti in Europa, ha avuto fino, ad oggi, un impatto negativo sulla performance e generato un numero elevato di contenziosi, quindi di costi.
Oggi si può parlare piuttosto di smart public procurement inteso come un sistema giuridico fortemente orientato a fornire soluzione a contesti di natura strategica, gestionale e organizzativa fortemente dinamici, sia sul piano delle tecnologie che dei mercati, in grado di combattere la corruzione, senza paralizzare il sistema di acquisizione e, dunque, salvaguardare la competitività degli operatori economici italiani. Nel contesto del D.lgs 50/2016, il ricorso all’eprocurement può allora essere l’occasione per ricostruire un sistema di regole che coniughi l’efficienza di procedure telematiche, l’accrescimento della concorrenzialità e della tracciabilità con la responsabilizzazione indispensabile in materia. Questa è la vera sfida che si pone. Del resto Albert Einstein era solito dire “Non tutto ciò che conta può essere contato e non tutto ciò che può essere contato, conta”.