Il mediatore tecnologico: nuove professioni per valorizzare la ricerca
Un professionista in grado di far dialogare imprese e ricercatori, incrociando le esigenze di innovazione delle prime con le competenze scientifiche dei secondi. È il mediatore del trasferimento tecnologico, una nuova figura che potrebbe aiutare il nostro Paese a recuperare posizioni nella corsa all’innovazione. Stefano Ciccone, Direttore del Parco Scientifico Romano, ci spiega di cosa si tratta.
25 Settembre 2009
Michela Stentella
Un professionista in grado di far dialogare imprese e ricercatori, incrociando le esigenze di innovazione delle prime con le competenze scientifiche dei secondi. È il mediatore del trasferimento tecnologico, una nuova figura che potrebbe aiutare il nostro Paese a recuperare posizioni nella corsa all’innovazione. Stefano Ciccone, Direttore del Parco Scientifico Romano, ci spiega di cosa si tratta.
“L’innovazione è ormai un luogo comune: dalla pubblicità dei dentifrici ai programmi di governo appare sempre più come una parola magica per stimolare l’interesse e la fiducia dei cittadini. Eppure il nostro Paese è agli ultimi posti in tutte le statistiche sull’investimento in ricerca e sulla capacità innovativa delle imprese. Una situazione su cui pesa l’assenza di adeguate politiche di sistema, ma anche la grande frammentazione delle imprese e la loro scarsa vocazione ad investire in innovazione”. A sottolineare questa contraddizione tra annunci e realtà è Stefano Ciccone, Direttore del Parco Scientifico Romano – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.
Le cifre confermano quest’analisi: è di poche settimane fa l’ultimo rapporto Eurostat su scienza, tecnologia e innovazione in Europa, che fotografa un’Italia ben lontana dall’obiettivo contenuto nella strategia di Lisbona, ovvero arrivare entro il 2010 a un investimento in ricerca e sviluppo pari al 3% del PIL. Più in generale, è l’Unione Europea ad essere in notevole ritardo: nel 2007 i 27 Paesi membri hanno investito complessivamente in ricerca la stessa percentuale di PIL dell’anno precedente, pari all’1,85% (poco meno di 229 miliardi di euro). Solo due Paesi hanno rispettato gli impegni di Lisbona, raggiungendo e superando il 3%: La Svezia e la Finlandia. Per l’Italia si parla di una spesa corrispondente all’1,13% del PIL (dati 2006, gli ultimi disponibili).
Cosa fare per invertire la rotta, quindi incentivare la ricerca e valorizzarne i risultati, trasformandoli nella leva di un nuovo sviluppo? Una risposta potrebbe arrivare dalla disponibilità di nuove figure professionali. “Nello scorso decennio si sono sviluppate iniziative, agenzie, uffici per il trasferimento tecnologico degli atenei e dei centri di ricerca, impegnate nella promozione di nuove forme di integrazione tra mondo della ricerca, tessuto produttivo e comunità locali – sottolinea Stefano Ciccone -. Sono cresciute esperienze e competenze capaci di far accedere le nostre ricerche e le nostre imprese alle reti internazionali per partenariati di sviluppo, di gestire la filiera dell’innovazione dallo scouting dei risultati della ricerca, alla promozione degli spin-off innovativi, fino all’individuazione di investitori e partner industriali per lo sviluppo di risultati innovativi”.
Oggi le competenze necessarie per proseguire su questa strada sono racchiuse, secondo Ciccone, nel cosiddetto “mediatore del trasferimento tecnologico”: una figura in grado di promuovere reti locali di supporto all’innovazione e di stimolare una nuova capacità delle amministrazioni locali e dei diversi attori del territorio a “fare rete” per valorizzare risorse e competenze.
Ma cosa deve saper fare in concreto un mediatore tecnologico?
“Deve saper parlare e comprendere il linguaggio degli imprenditori da una parte e della ricerca dall’altra, traducendo le esigenze di innovazione delle imprese in progetti concreti – risponde Ciccone -. Deve saper operare nelle pubbliche amministrazioni locali e negli uffici di trasferimento tecnologico degli enti di ricerca pubblici e privati, facilitando il matching dei bisogni tecnologici delle PMI con le competenze scientifiche disponibili nel sistema della ricerca pubblica, attraverso la mediazione e lo scambio continuo tra questi attori istituzionali. Deve saper gestire processi complessi, quali la stipula di accordi per la gestione della proprietà intellettuale, la promozione di imprese innovative da parte di ricercatori pubblici o la costruzione di accordi di sviluppo tra imprese e ricercatori”.
“Si tratta di un profilo professionale che, ad oggi, non è formalizzato nei corsi di studi universitari, ma è il frutto dell’integrazione di competenze diverse e di esperienze concrete. Ora sta per partire a Roma un Corso di Alta formazione per ‘Mediatori del Trasferimento Tecnologico’ nato dalla collaborazione tra Artea Studio Srl e la Società per il Parco Scientifico Romano Scarl e realizzato con il supporto di Spin-Over – Incubatore d’imprese finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Del resto – conclude Ciccone – il supporto all’innovazione rappresenta un’opportunità di occupazione per gli operatori qualificati, capaci di stimolare processi e relazioni tra sistemi, linguaggi e culture differenti”.