Archivi digitali, ognuno per sé e l’interoperabilità è una chimera

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In seguito alla graduale chiusura delle Province e del conseguente passaggio di competenze alla Regione, si è verificato un problema su come gestire gli archivi digitali “ereditati”. Soprattutto perché ogni ente ha formato e
conservato secondo proprie logiche non sono necessariamente condivise, condivisibili
o comprensibili a chi debba prendersene carico. Sarebbe estremamente utile poter individuare un
interlocutore istituzionale che fosse
in grado di dare pareri e indicazioni

27 Settembre 2016

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Cristina Palumbo, coordinatore struttura stabile archivio e protocollo, Regione Friuli Venezia Giulia

In tema di documento digitale, gestione dei flussi documentali, digitalizzazione di archivi cartacei e creazione di fascicoli digitali per la gestione corrente delle pratiche, la Regione Friuli Venezia Giulia si è impegnata dalla fine degli anni ‘90 per consentire da un lato un risparmio di tempo nel reperimento della documentazione e dall’altro consentire al cittadino/utente di avere un rapido e trasparente rapporto con l’amministrazione.

In particolare, la struttura che gestisco si occupa, dall’interno degli Uffici della Presidenza della Regione, di fornire indicazioni sulla corretta applicazione delle regole contenute nel Codice dell’Amministrazione Digitale sia alle Aree operative omogenee dell’Amministrazione stessa che agli Enti locali del territorio regionale. Tale compito è in parte reso più agevole dal fatto che sia l’ente Regione che la maggior parte degli Enti locali del territorio utilizzano gli stessi programmi informatici forniti dalla società Insiel che, sotto diretto controllo della Regione, gestisce i sistemi e si occupa della conservazione.

In seguito alle ultime modifiche introdotte al Cad e all’evoluzione del digitale (es. fatturazione elettronica) la Regione è stata in grado di fornire gli enti in convenzione, entro i termini stabiliti dalle norme, strumenti aggiornati e soprattutto uguali per tutti così da consentire in maniera estremamente agevole, non solo di dare risposte veloci ad un gran numero di utenti/enti e utenti/cittadini, ma anche di contenere i costi di adeguamento e sviluppo delle applicazioni.

Recentemente, in seguito alla graduale chiusura delle Province e del conseguente passaggio di competenze alla Regione, alle neo costituite Unioni Territoriali Intercomunali (UTI) e ai Comuni, si è verificata una situazione critica: gli archivi digitali contenenti le registrazioni di protocollo, i fascicoli dei procedimenti amministrativi, i vari archivi cartacei (anche di valore storico) come vanno gestiti in questa fase di passaggio? Chi ne diventa il “legittimo proprietario”? Con quale criterio separarli?

L’esperienza archivistica maturata sulla carta ci aiuta solo in parte a risolvere il problema: i faldoni, le cartelle o gli scatoloni possono essere facilmente individuati e divisi per materia, affare, argomento o competenza e i bit? Pure informazioni digitali che ogni ente ha formato e conservato secondo proprie logiche non sono necessariamente condivise, condivisibili o comprensibili a chi debba prendersene carico.

Da un lato il CAD non ci fornisce alcuna indicazione in merito, dall’altra le Sovintendenze archivistiche non hanno gli strumenti per fornire alla PA adeguato supporto per affrontare una situazione che, per quanto ci è dato sapere, non è ancora mai stata affrontata a questi livelli. Sarebbe estremamente utile poter individuare un interlocutore istituzionale che fosse in grado di dare pareri e indicazioni autorevoli in merito a problemi come quello sopra riportato per non correre il rischio di fare scelte che oltre a rivelarsi costose potrebbero, in futuro, non essere a norma.

Sarebbe inoltre auspicabile, a mio avviso, che le varie amministrazioni potessero confrontarsi sulle problematiche introdotte dal mondo digitale in modo che si arrivi ad una gestione uniforme e che le esperienze condivise facilitino la più ampia diffusione delle best practice.

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