La Toscana investe sul trasferimento tecnologico
Razionalizzazione e potenziamento del sistema regionale di trasferimento tecnologico. Questo l’obiettivo che la Regione toscana si è prefissata attraverso un percorso che dura già da due anni e che porterà alla selezione e alla qualificazione del rapporto domanda/offerta tra centri pubblici di ricerca e aziende. Ne abbiamo discusso con l’assessore regionale alle attività produttive Gianfranco Simoncini.
28 Settembre 2010
Tommaso Del Lungo
Razionalizzazione e potenziamento del sistema regionale di trasferimento tecnologico. Questo l’obiettivo che la Regione toscana si è prefissata attraverso un percorso che dura già da due anni e che porterà alla selezione e alla qualificazione del rapporto domanda/offerta tra centri pubblici di ricerca e aziende. Ne abbiamo discusso con l’assessore regionale alle attività produttive Gianfranco Simoncini.
In toscana le imprese ad “alta tecnologia”, ossia quelle in cui il livello di innovazione è molto alto, sono 886 (fonte Osservatorio sulle imprese high-tech della Toscana http://www.hightechtoscana.it) e rappresentano un elemento importante per il sistema economico regionale. Un patrimonio che la Regione intende valorizzare e rafforzare.
Per questo, a partire dal 2008 è iniziato un percorso di razionalizzazione e potenziamento del sistema regionale del trasferimento dei risultati della ricerca scientifica al tessuto produttivo. Ne abbiamo discusso con Gianfranco Simoncini Assessore alle attività produttive, lavoro e formazione della Regione Toscana.
“Il percorso è stato attivato nel corso del 2008 – spiega Simoncini – con una serie di iniziative specifiche. Il finanziamento di studi di fattibilità per la promozione di “poli di innovazione”; la creazione della rete regionale del sistema di incubazione (che sta portando al prossimo riconoscimento di 10 incubatori); la realizzazione della rete regionale dei centri servizi alle imprese nel settore della nautica; e, infine, la creazione della rete regionale del sistema regionale del trasferimento tecnologico (tecnorete)".
"Questo lavoro – continua Simoncini – ha tre obiettivi: razionalizzazione e qualificare i centri di competenza e creare forme di reale collaborazione con la ricerca, in primo luogo di quella pubblica, ovvero con le 5 università e le due aree del CNR; selezionare i centri più efficienti e maggiormente in grado di rispondere alle domande delle imprese attraverso una valutazione delle performances; definire un sistema di economie esterne informative, una vera e propria infrastruttura di “intelligenza economica” al pieno servizio e sostegno delle imprese".
E’ in questo percorso che si inquadra il bando – scadenza prevista per novembre – che prevede un finanziamento complessivo di 20 milioni di euro per la creazione di Centri di competenza da parte di Comuni, Province, Comunità montane, enti pubblici, università, centri di ricerca pubblici o privati, società miste o fondazioni a totale composizione pubblica.
Poli di innovazione, centri di competenza, incubatori. Assessore ci potrebbe spiegare che differenza c’è e perché avete scelto bandi differenti per finanziare lo sviluppo di queste realtà, invece che concentrarvi su un solo obiettivo?
“Gli interventi hanno finalità diversa rispetto alle funzioni. Centri di competenza è un temine per indicare quell’universo di strutture che afferiscono al sistema di trasferimento tecnologico (centri servizi alle imprese, poli scientifici e/o tecnologici, laboratori privati, pubblici o misto pubblico/privati). Si tratta, in altre parole, di tutti quei luoghi di intermediazione finalizzati al trasferimento tecnologico. Il bando finanzia, in questo caso, il potenziamento delle infrastrutture esistenti e la loro qualificazione (hardware). Gli incubatori sono luoghi di sostegno qualificato alla creazione di impresa, con particolare attenzione ai settori avanzati: il bando finanzia attività di preincubazione e di marketing per attrarre imprese nell’incubatore. I poli di innovazione sono piattaforme per il trasferimento tecnologico, che mettono insieme centri di competenza, organismi di ricerca pubblici (Università e CNR) e imprese e derivano dalla disciplina comunitaria per il sostegno di RS&I. Il bando, in questo ultimo caso, finanzierà le azioni di scouting e trasferimento tecnologico.
Strumenti diversi, quindi, per un unico obiettivo?
“Esatto! L’obiettivo è unico e i percorsi per realizzarlo si articolano in modo razionale e ordinato secondo modalità che stanno all’interno di una strategia. Ridurre la complessità, in questo caso, non aiuta perché non risolve i problemi della complessità medesima.
Credo sia da sottolineare, poi, il raccordo che si è definito sin dall’inizio di questo percorso con il sistema camerale regionale. Attraverso un protocollo con Unioncamere abbiamo messo in comune competenze, risorse e idee, in modo da strutturare solidamente, per quanto possibile, l’idea di «sistema regionale».
Potete già fare un primo bilancio di questo percorso?
Da due anni la Regione non finanzia più microprogetti, ma procede secondo un percorso di finanziamento mirato e selettivo, connesso a funzioni svolte e risultati da raggiungere. Inoltre i centri servizi si sono alleati e cooperano e si è aperto un tavolo interessante di confronto e collaborazione con le Università e il Cnr. È un lavoro che porterà ad una selezione e qualificazione del sistema dell’offerta.
Ma con il nuovo finanziamento per i centri di competenza non si rischia di vanificare questo risultato di “sistematizzazione” andando a creare un ulteriore ente nel rapporto tra pubblica amministrazione ricerca scientifica e impresa?
“Assolutamente no! Questo pericolo non c’è perché non si creano nuovi centri di competenza. Razionalizzare ha molti significati: ridurre le strutture, attivare processi di riconversione, incentivare forme di cooperazione e collaborazione nonché di integrazione. Ma la Regione deve fare tutto ciò dialogando con il territorio. Credo sia corretto che tutto il percorso di razionalizzazione del sistema passi dal territorio, secondo modalità e regole condivise. Il numero delle strutture e le modalità operative di alcune di esse, sono diventati insostenibili sul piano finanziario; inoltre, in alcuni casi, esse non operano secondo parametri di efficienza; infine può darsi che alcune di esse abbiano concluso la loro missione, svolta egregiamente nel passato. Il mutamento fa parte del processo di innovazione. La Regione intende accompagnare e agevolare questo processo, ma non più garantirne – da sola – la sopravvivenza”.
La Toscana non è una regione povera in quanto a qualità e quantità della ricerca scientifica, ed alcune realtà universitarie hanno già da tempo avviato percorsi virtuosi di contatto con il tessuto imprenditoriale. In che modo i prossimi bandi di finanziamento valorizzeranno questi esempi di eccellenza?
I bandi relativi ai centri di competenza dovrebbero aiutare a potenziare le forme di coordinamento, il che, in altri termini, significa superare la chiusura e l’autosufficienza dei vari attori. La finalità delle politiche sul trasferimento tecnologico, a cui stiamo lavorando, è quella di incrementare la collaborazione ed il coordinamento tra mondo della ricerca e mondo delle imprese.
C’è uno scarto ancora evidente tra competenze scientifiche, competenze tecnologiche e investimenti in RS&I del sistema imprenditoriale toscano. Così come il sistema produttivo non sempre è in grado di recepire le innovazioni, così le Università o il CNR non sempre sono in grado di andare a cercare le imprese, sostenerle, accompagnarle nella crescita e nei processi di innovazione.
Quale è, allora, il ruolo dell’istituzione pubblica e della politica locale?
In questo campo il supporto pubblico è essenziale, a condizione, però, che gli interventi siano realizzati in modo tale da permettere una verifica ex post sui risultati.
Sono altrettanto convinto però, che la Regione e il sistema degli enti locali non possono sostituirsi allo Stato. Vi sono settori e ambiti tecnologici la cui strategicità è nazionale: la Regione deve svolgere un compito nei limiti delle risorse a disposizione e non sostituirsi, come purtroppo sta succedendo, alle carenze dello stato centrale, il quale, con sempre maggiore frequenza, chiede alle Regioni di cofinanziare le proprie politiche.