Patruno (Istat): “In Italia matura (piano) un ecosistema favorevole all’uso dei dati”
10 Novembre 2015
Vincenzo Patruno, Istat
Se dovessi raccontare in qualche modo quello sta accadendo attualmente con i dati, mi vengono in mente Cristoforo Colombo e i navigatori del passato. A quei tempi quando si navigava lo si faceva in modo piuttosto grossolano. Si utilizzavano mappe e strumenti imprecisi e si navigava sostanzialmente a vista, cioè guardando riferimenti sulla la costa. Quando poi si doveva attraversare il mare aperto, si puntava una direzione, si attraversava quel tratto di mare cercando con i grossolani strumenti a disposizione di non perdere la rotta. Quando poi si arrivava a rivedere la terraferma si riprendeva a navigare a vista per raggiungere così il porto di destinazione. Al giorno d’oggi una nave ha tutte le strumentazioni necessarie per poter costantemente tenere sotto controllo la rotta, correggerla strada facendo, sapere se sta arrivando una tempesta e arrivare direttamente in porto. E questo è possibile grazie alla disponibilità in tempo reale di tutta una serie di dati.
Di fatto, se in passato era consentito navigare con ampie tolleranze per cui era normale se una volta attraversato il mare ci si accorgeva di aver “sbagliato” di qualche o di svariati chilometri, oggi questo non è più accettabile nella navigazione moderna.
Se ci pensiamo, è un po’ quello che sta accadendo oggi nella nostra società attuale. Pensate ad esempio alle politiche che vengono intraprese in ambito sociale ed economico. Oggi è consentito sempre meno sbagliare o “navigare a vista”. L’approssimazione non serve a raggiungere in modo efficace gli obiettivi che le politiche si pongono di raggiungere.
Inoltre “navigare a vista” ha un costo, e la velocità con cui ora il mondo moderno va avanti rende difficoltoso correggere azioni fatte “a intuito” in modo affrettato e approssimativo.
I dati danno la possibilità di monitorare fenomeni di varia natura, consentendo di semplificare la comprensione di sistemi complessi. Questo permette ad esempio di supportare le attività degli amministratori pubblici nel fare le politiche di un territorio, ma possono essere di supporto alle imprese che così possono monitorare ad esempio il proprio mercato di riferimento per agire in modo adeguato e tempestivo.
Tutto ciò, se ci pensiamo bene, non è proprio una novità. Da sempre si cerca di capire e studiare “cose” attraverso i dati. E anche la statistica, che ricordo vuol dire “scienza dello stato” nasce con l’obiettivo di misurare fenomeni sociali ed economici quando di dati ce n’erano veramente molto pochi.
La vera rivoluzione ora è che di dati ce ne sono un diluvio e la quantità di dati disponibile sta aumentando vertiginosamente. Di pari passo sta aumentando anche la complessità per poterli valorizzare opportunamente.
Si apre quindi la possibilità di conoscere, misurare, monitorare realtà complesse in modo inedito, spesso in tempo reale o quasi al fine di ottimizzare le decisioni e le azioni da intraprendere. Tutto ciò sta aprendo uno spazio importante per la nascita di professionisti e startup che partono dalla oramai grande disponibilità di dati per creare valore aggiunto sotto forma di servizi alle pubbliche amministrazioni, alle imprese e ai singoli cittadini.
Si sta in altre parole creando pian piano un ecosistema sempre più favorevole all’utilizzo di dati. E’ una rivoluzione silenziosa tutt’ora in corso che sta cambiando lentamente il modo in cui le imprese possono fare impresa, il modo in cui vengono fatte le policy del territorio, il modo in cui i cittadini possono interagire con le imprese e con chi amministra quel territorio. E’ questa la vera innovazione “data-driven”. I dati che diventano protagonisti di un cambiamento profondo della società e del sistema produttivo. O meglio di quella parte della società e del sistema produttivo che vorrà innovarsi e che riuscirà a vedere in tutto ciò una opportunità.