Entando: semplifica il passaggio al cloud-first nella PA con il suo approccio componibile

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“Modularità, componibilità e determinazione” sono le tre parole chiave per la modernizzazione dell’IT, secondo Roberto Serravento, Sales Director Government di Entando. La piattaforma open source di Entando permette anche alle PA di realizzare applicazioni Cloud native usando microfrontend e microservizi con benefici importanti come velocità di sviluppo, riuso, miglioramento della governance e user experience”

2 Agosto 2023

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Patrizia Licata

Giornalista

Foto di Ross Sneddon su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/sWlDOWk0Jp8

La pubblica amministrazione svolge un ruolo centrale nel raggiungimento di una società digitale inclusiva, dove al centro della progettazione dei servizi ci sono cittadini e imprese. Occorre, tuttavia, una riconsiderazione decisa dell’IT, che abbandoni i vecchi modelli legacy ed abbracci i nuovi principi del cloud first, dell’Once-Only e della user-centricity, come afferma Roberto Serravento, Sales Director Government di Entando.

“Pensiamo al cloud journey: fino ad oggi la PA si è focalizzata principalmente sull’infrastruttura, ovvero sulle implementazioni IaaS, ma un cloud-first efficiente deve ragionare in ottica di servizi ed evolvere verso piattaforme as-a-service, o PaaS. Ciò permette la reingegnerizzazione dei servizi e, quindi, di essere veramente cloud-native”, dichiara Serravento.

Questo salto nel cloud “nativo” coincide con l’adozione ed implementazione dei micro frontend, dei microservizi e la determinazione nel pensare a qualcosa di completamente innovativo”, sottolinea Serravento.

Una PA cloud-native? Si può fare!

Certo, costruire applicazioni cloud-native può essere un’attività impegnativa, soprattutto per la PA. Qui intervengono le piattaforme come quella di Entando: si tratta dell’unica Application Composition Platform open source per Kubernetes presente sul mercato che fornisce tutti gli strumenti necessari per comporre applicazioni “composable” e cloud native,  Tra gli strumenti inclusi nella piattaforma troviamo l’Hub, che permette la gestione, la condivisione ed il riuso  di componenti comuni e di Bundle in grado di rispondere a specifiche esigenze di Business.

“La piattaforma di Entando aiuta le PA a realizzare applicazioni cloud-native e scalabili, facilitando la gestione dell’intero ciclo di sviluppo delle applicazioni stesse”, afferma Serravento. “L’obiettivo è garantire che i servizi siano veramente innovativi e al tempo stesso permettere la migrazione dei sistemi legacy, il riuso delle applicazioni e il miglioramento della governance”.

Il PNRR chiede alle pubbliche amministrazioni di scegliere e implementare rapidamente le soluzioni tecnologiche più adeguate alla digitalizzazione dei processi interni e allo sviluppo di servizi pubblici accessibili e semplici da usare. Ma gli enti rischiano di trovarsi con tante applicazioni diverse, non riusabili, spesso monolitiche, che rendono complicata la resa del servizio. Una soluzione è: “Pensare le applicazioni in maniera componibile, ossia realizzate partendo  da moduli funzionali indipendenti, presenti all’interno di un Hub. Tali moduli potranno essere realizzati a partire da linguaggi di programmazione differenti ed utilizzati per assemblare o riassemblare le applicazioni stesse”, afferma Serravento.

Alla base della possibilità di realizzare e fornire servizi che funzionino in modalità integrata c’è, ovviamente, l’esposizione delle opportune API, prosegue Serravento. “Entando crede molto nell’interoperabilità by design e fa leva sulle API. E anche le PA oggi possono affidarsi all’open-source: si tratta di un modello consolidato, diffuso e su cui sono costruite soluzioni robuste e sicure”.

Cloud-first e Once-Only tra i princìpi del Piano Triennale

Il cloud-first è uno dei principi indicati dal Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione, lo strumento con cui il governo promuove la trasformazione digitale del Paese e, in particolare, della pubblica amministrazione. Il piano si fonda su alcuni principi-cardine: non solo il cloud come prima opzione, ma anche il digital & mobile first per i servizi, che devono essere accessibili in via esclusiva con sistemi di identità digitale definiti dalla normativa assicurando almeno l’accesso tramite SPID. I servizi devono essere anche inclusivi e interoperabili by design, user-centric e data-driven.

Le pubbliche amministrazioni devono, inoltre, prediligere l’utilizzo di software con codice aperto e, nel caso di software sviluppato per loro conto, deve essere reso disponibile il codice sorgente.

Il Piano Triennale definisce i dati pubblici “un bene comune”: il patrimonio informativo della PA è un bene fondamentale per lo sviluppo del Paese e deve essere valorizzato e reso disponibile ai cittadini e alle imprese, in forma aperta e interoperabile.

Un altro principio cardine è quello del “Once-Only”, secondo il quale i cittadini e le imprese forniranno soltanto una volta i propri dati alle autorità pubbliche e queste ultime potranno dialogare, scambiandosi, su richiesta dell’utente, dati e documenti ufficiali.

La condivisione: gli “ecosistemi di dati”

L’importanza della condivisione dei dati e della collaborazione tra PA e tra pubblico e privato, al fine di abilitare la trasformazione digitale della società, è evidenziata anche dallo studio “Connecting the dots. Data sharing in the public sector” di Capgemini. Gli analisti pongono l’accento sugli “ecosistemi di dati”, che sorgono quando le organizzazioni accettano di condividere dati e conoscenze nel rispetto delle normative per creare nuovo valore per tutti i partecipanti. Si tratta di un approccio sistematico alla condivisione delle informazioni.

Nell’indagine condotta da Capgemini a giugno 2022 su 1.000 organizzazioni del settore pubblico a livello globale, gli intervistati hanno detto di ritenere che gli ecosistemi di dati possano consentire un miglioramento medio del 9,5% nell’utilizzo di fondi e risorse governative. Le organizzazioni che hanno creato o stanno implementando ora gli ecosistemi di dati già registrano vantaggi: il 79% riferisce una migliorata citizen experience, il 78% un’aumentata efficienza operativa, il 76% un più efficiente processo decisionale, il 74% maggior resilienza alle cyber-minacce, il 73% un ROI più alto e il 71% un risparmio sui costi.

Tuttavia, solo il 10% ha implementato completamente ecosistemi di dati, un altro 17% è nella fase di attuazione e il restante 73% sta ancora pianificando o sperimentando iniziative. La sfida va oltre la tecnologia: sono le competenze, la cultura e la fiducia gli ostacoli percepiti come più rilevanti.   

Il modello cloud-native basato su Kubernetes abilita esattamente questa condivisione dei dati e il riuso di codici e applicazioni, generando efficienza. Una piattaforma per applicazioni modulari su Kubernetes rende il processo più semplice, aiutando ad assemblare pagine composte da micro frontend e microservizi.

Infatti, nel momento in cui un’applicazione viene disegnata fin dall’origine come una serie di moduli indipendenti, questi moduli, presenti in un Hub, possono essere singolarmente utilizzati, modificati e trasferiti. Pensiamo ai moduli di integrazione all’autenticazione (SPID, Cie, ecc.) nella PA: ogni amministrazione ne ha bisogno, ma perché svilupparli in ogni ente separatamente? Grazie alle soluzioni cloud-native, alle API e all’Hub si può usare sempre lo stesso così com’è o personalizzato. Questo permette il riuso nella PA: una funzionalità che serve a tutti basta svilupparla una volta sola, e poi, eventualmente, farla evolvere.Così: “Anche nella PA viene fatto valere il principio del Once-Only – conclude Serravento – come garanzia di efficienza, sostenibilità e user experience.

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