Obiettivi di sostenibilità: a due anni dagli impegni presi
Le premesse suggeriscono comunque che, seppur per tentativi ed errori, il lavoro di concertazione internazionale per lo sviluppo sostenibile ha chiari gli scopi di intervento, soprattutto per alcuni temi percepiti come di prioritaria attenzione
22 Novembre 2017
Marina Bassi
“Una città smart e sostenibile è una città innovativa che usa le ICTs e altri mezzi per migliorare la qualità della vita, l’efficienza e la competitività dei servizi urbani, assicurandosi che questi siano in linea con i bisogni della generazione attuale e futura, in termini economici, sociali, ambientali e culturali”, questa la definizione di smart sustainable cities, sviluppata da ITU – International Telecommunication Union e UNECE – United Nation Economic Commission for Europe, e fatta propria dallo U4SSC – United Smart Sustainable Cities Management Team.
A partire dagli SDGs presentati in occasione dell’Assemblea Generale ONU del 2015, dei quali abbiamo avuto modo di parlare a più riprese nel corso di quest’ultimo anno, conferendo loro un ruolo di primo piano all’interno della Manifestazione FORUM PA 2017, a livello internazionale gli Stati hanno cominciato a interrogarsi sulle possibili alternative per portare a termine gli impegni presi prima a Parigi, poi a Quito. E infatti emergono, dal documento Connecting cities and communities with the Sustainable Development Goals 2017 [1], molteplici casi virtuosi (per la precisione 17, uno per ogni Obiettivo di sostenibilità) di buona implementazione pratica delle promesse fatte due anni fa.
Prima di passare in rassegna alcune delle realtà che ci sono sembrate più degne di nota, qualche considerazione su strategia e struttura.
In prima battuta, la domanda di indagine alla quale il documento è intenzionato a rispondere compete l’utilizzo delle tecnologie ICTs come elemento trasversale per il raggiungimento degli SDGs. Su questo punto, è interessante registrare come – esattamente come in tutti i processi che coinvolgono diversi strumenti e soggetti – ad ogni contesto territoriale corrisponda il suo livello di sufficiente accesso alla tecnologia per la realizzazione dell’obiettivo. Consideriamo il progetto presentato per il Goal 3 (Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età): Managing HIV in Children – The case of Kenya [2]. Si evince chiaramente dal testo del documento [3], che non è sempre necessario raggiungere l’apice risolutivo di un problema, quando anche superare leggermente il punto t0 ha ricadute positive esponenziali;
In secondo luogo, forse senza l’intenzionalità di chi scrive, la struttura proposta per ciascun capitolo [4] mette in evidenza qualcosa che fa sempre bene notare: le lacune. Alcuni dei capitoli – quindi di fatto progetti – infatti, mancano di alcuni paragrafi. È il caso del capitolo di competenza del Goal 8 (Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti): E-banking services: The Case of Pakistan [5], che non contiene nessun riferimento ai risultati del progetto, o alla sua implementazione (in realtà, contiene solo la vision) [6]. Questo apre a due interpretazioni sul contenuto: la prima, ottimistica, potrebbe tradursi come oggettivo limite dei tempi nel fornire risposte esaustive ai difficili impegni a cui la comunità internazionale deve dare una risposta (dopotutto non è troppo il tempo trascorso dalla ratifica degli Accordi); l’altra interpretazione è decisamente più preoccupante, e cioè anche ammesso che alcuni progetti possano essere più indietro di altri, è anche vero che il documento ha avuto l’intenzione di fare una panoramica dei casi migliori sul tema. Stiamo dicendo che sul tema crescita economica siamo talmente indietro da portare come simbolo di miglioramento un progetto che di concreto ha solo un atto [7], peraltro dello scorso anno?
Ultima considerazione preliminare, in armonia con quella appena descritta. Non si rileva dal documento perché la scelta sia ricaduta su alcuni progetti e non su altri, e perché talvolta si è voluto accorpare casi che presentati anche da soli sarebbero stati fonte di ispirazione per i soggetti coinvolti. Qui parliamo del capitolo sul Goal 12 (Garantire modelli sostenibili di produzione e consumo), che si concentra sulla considerazione teorica del turismo come asset associato al consumo sostenibile delle risorse e le possibili ricadute smart [8], accennando solo in parte il lungo processo che – ad esempio – ha coinvolto Seoul e la Corea del Sud negli ultimi anni. Abbiamo avuto modo di approfondire questo tema in passato, e il punto è che proprio Seoul, tra tutte, è la metropoli che ha fatto dell’innovazione tecnologica un vero ubiquitous commons [9] che mette a sistema servizi digitali, cultura, politiche pubbliche e di impresa. Un peccato, soprattutto in considerazione di tutto il lavoro di ricognizione dell’ITU sul punto.
Le premesse suggeriscono comunque che, seppur per tentativi ed errori, il lavoro di concertazione internazionale per lo sviluppo sostenibile ha chiari gli scopi di intervento, soprattutto per alcuni temi percepiti come di prioritaria attenzione. Per citarne qualcuno:
- Goal 4 (Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti) | Il progetto scelto per questo obiettivo, Mohammed Bin Rashid Smart Learning Program, negli Emirati Arabi, è di rilevante interesse per l’approccio inclusivo e olistico, che comprende la collaborazione tra studenti, insegnanti, dirigenti scolastici e personale ausiliario. La strategia che sta alla base del progetto passa per l’insegnamento di tutte le possibilità dell’utilizzo delle tecnologie ICTs, dalle stampanti 3D alle lezioni virtuali, dalla School Radio [10] alle App ludiche per l’apprendimento delle scienze, restituendo risultati ottimi in termini di impatto. Finora i sondaggi effettuati sul personale docente mostrano un impatto positivo in più del 70% dei casi;
- Goal 9 (Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile) | La centralità del progetto presentato, Smart mobility, The case of Ahmedabad, sta nell’interoperabilità dei dati. La sfida per la città di Ahmedabad, una delle più grandi metropoli indiane, è stata trovare una strategia per il monitoraggio in tempo reale dei dati riguardanti il traffico. È così che il sistema messo in pratica dal governo, supportato dalla società civile, si è basato su due elementi imprescindibili: da un lato, il supporto di tecnologie atte al pagamento online immediato del ticket, favorendo l’accelerazione dei processi di transito; dall’altra parte, offrendo la possibilità agli utenti di fornire in prima persona dati sullo stato del traffico e feedback di gradimento sui percorsi;
- Goal 11 (Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili) | Anche qui, come nel caso precedente, il progetto Smart Dubai Platform (SDP) and Dubai Data Initiative (DDI) è risultato del connubio tra buon utilizzo della tecnologia e inclusività nella fase di progettazione della policy. Il caso di Dubai è peculiare, essendo già città tecnologica e avanzata. L’elemento mancante, nonché la sfida, ha riguardato l’ingegnerizzazione di tutti quei processi che potevano già essere chiamati smart, con l’avvento della Smart Dubai Platform (SDP), sulla quale sono confluiti tutti i dati e le risorse già a disposizione di entità indipendenti. Sul tema dei dati, poi, la Dubai Data Initiative (DDI) vuol essere un progetto di raccordo governativo sui dati, fornendo una cornice di governance a buone pratiche già esistenti.
Al netto di qualche lacuna ancora da riempire, quindi, sentimento generale è che si stia procedendo nella giusta direzione, ammessi però due elementi imprescindibili per la buona riuscita della sfida alla sostenibilità: digitalizzazione trasversale, che non vuol dire portare tutti i Paesi allo stesso livello tecnologico, ma equilibrare le soluzioni proposte con le istanze reali di ciascun territorio; partenariato e coinvolgimento della società civile per la realizzazione della rete tra tutti i portatori di interesse, a questo punto non solo territoriali, ma anche internazionali.
[1] A cura di CBD, ECLAC, FAO, ITU, UNDP, UNECA, UNECE, UNESCO, UN Environment, UNEP-FI, UNFCCC, UN-Habitat, UNIDO, UNU-EGOV e WMO, con il supporto e i contributi di U4SSC Management Team, giugno 2017.
[2] Il progetto in questione ha riguardato la realizzazione di un sistema online – HITSystem – di monitoraggio dei dati riguardanti i bambini kenioti affetti da HIV, essendo emerso, come problema alla radice della recidività della malattia, il mancato follow-up del contesto medico familiare di riferimento.
[3] “It was noted that relatively limited penetration of ICTs, telecommunications and Internet connectivity had minimal negative impact of the continuance of the project […]”, p. 32.
[4] Case study; 1. Introduction; 1.1. Background; 1.2. Challenge and response; 2. The Project(s); 2.1. Vision and content; 2.2. Implementation; 2.3. Results; 3. Conclusions; 4. References.
[5] Per niente banale, alcune banche private pakistane ancora oggi sono restie a fornire un servizio online ai propri utenti, nonché carte ATM, limitando di molto la facilità dei pagamenti online o la tracciabilità degli spostamenti bancari. Scopo del progetto (ecco la vision), sarebbe quello di rendere più sicure le transazioni bancarie, garantendo tecnologie di E-banking.
[6] Cfr. Table of Contents, p. 73:
[7] Si tratta del Prevention of Electronic Crimes Bill.
[8] “Cultural and economic phenomenon which entails the movement of people to countries or places outside their usual environment for personal or business /professional purposes”, p.120.
[9] In prestito da Ubiquitous Commons, ndr.
[10] In uso da remoto da parte degli insegnanti, la School Radio è uno strumento motivazionale in favore degli studenti, che vengono supportati e accompagnati a distanza dai loro mentori.