Open Data Day 2016: alla ricerca dei primi risultati concreti
La maturità di queste iniziative si è notevolmente sviluppata, sia negli argomenti affrontati sia negli obiettivi: non semplice dimostrazione o sperimentazione, ma passo concreto di implementazione e risultato effettivamente spendibile
26 Febbraio 2016
Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione
Per il fenomeno open data in Italia è venuto il momento di un sano pragmatismo, nell’affrontare i veri ostacoli che ancora si frappongono sul cammino. E’ questo il clima con cui l’Italia si appresta a ospitare la quarta edizione dell’International Open Data Day ed è emblematico dello stato del dibattito. Si è perduto infatti il carattere entusiastico delle prime edizioni, quando si pensava che gli open data avrebbero avuto davanti a sé una stagione di costante crescita e diffusione, spinti da una normativa (quella soprattutto del decreto crescita 2.0 del 2012) e da un’apparente volontà politica di considerare questo tema come strategico.
Anche in questa edizione, però, la rete di iniziative che si stanno organizzando per il 5 marzo e per la settimana che precede la “data internazionale”, è senz’altro significativa e importante, perché ratifica la presenza e il consolidamento di una comunità che vuole mostrare praticamente come gli open data possano essere una leva importante di sviluppo culturale, sociale e di cittadinanza digitale, oltre che economico. L’annuncio dato da AgID in occasione di uno di questi eventi, a Salerno, della prossima pubblicazione dell’agenda nazionale per il 2016 (prevista anche nel nuovo testo del Cad) va nella direzione di un ritorno d’attenzione e di una decisa volontà di riprendere il cammino (nel 2015 l’agenda nazionale non è stata pubblicata).
Forse le iniziative organizzate quest’anno saranno in numero inferiore agli anni scorsi, ma la loro maturità si è notevolmente sviluppata, sia negli argomenti che saranno affrontati (dal turismo all’ambiente, dalla cultura alla sanità, alla cultura) sia negli obiettivi che si propongono (tanto le discussioni di approfondimento, quanto le attività di formazione che gli hackathon). Non in ottica di semplice dimostrazione o sperimentazione, ma di passo concreto di implementazione, risultato effettivamente spendibile.
La richiesta che emerge è quindi di far sì che queste energie e queste competenze (che si mostrano nelle iniziative che sono organizzate da Bolzano a Reggio Calabria, a Trento, da Modena a Salerno, da Roma a Taranto, a Lecce) possano davvero avviare un percorso virtuoso e non avere un carattere di estemporaneità.
I problemi di diffusione degli open data in Italia sono, come sappiamo, correlati in gran parte non tanto alle norme (che ci sono) quanto alla presenza di una politica e una strategia che organicamente puntino alla costruzione di un ecosistema in cui
- Il settore pubblico si concentra sulla qualità e fruibilità, e si fa piattaforma abilitante per ampliare, arricchire, migliorare i dati da parte dei cittadini e dei city user;
- Il settore privato si focalizza sui servizi di riuso dei dati, e sulla pubblicazione dei dati che produce;
- I cittadini, i city-user partecipano alla co-progettazione dei servizi (living labs), forniscono feedback sulla qualità e sull’utilità dei dati e forniscono dati.
Ma quali sono i problemi e gli ostacoli che impediscono di intraprendere questa strada, necessaria, di evoluzione sociale ed economica, e che chiaramente mostrano come il tema degli open data sia un tema primariamente politico, sostenuto da competenze tecnologiche?
L’attenzione è bene si rivolga ad alcune problematiche, in particolare: come si sviluppano le competenze per e con gli open data, l’efficacia dell’approccio formativo (anche rispetto alle diverse fasce d’età), come si creano le condizioni per lo sviluppo del business con gli open data nei diversi ecosistemi digitali, quali sono gli elementi di successo di un progetto open data per le amministrazioni pubbliche. Tutti temi che richiedono lo sviluppo di un confronto ampio e approfondito, tra narrazioni di esperienze e riflessioni, che permettano di convergere verso concrete proposte di azione per le comunità di cittadini, per le imprese e per le istituzioni, proprio per superare i problemi di sviluppo disomogeneo che sono sotto gli occhi di tutti, e sfruttare le potenzialità e le opportunità che rischiamo di perdere.