Polo di conservazione digitale: la sfida dell’Archivio centrale dello Stato per un nuovo modello conservativo

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L’Archivio centrale dello Stato, come soggetto attuatore nell’ambito dell’investimento PNRR M1C3 1.1 del Ministero della cultura, sta lavorando per la creazione del Polo di conservazione digitale anche con il supporto del raggruppamento temporaneo di imprese costituito da DXC Technology, in qualità di mandataria, e in qualità di mandanti da Deda Next, Live Tech, DGS, UniDoc, Eustema e Vidyasoft.
Silvia Trani, archivista di Stato e PM del progetto Polo di conservazione digitale, ci racconta come l’ACS vuole contribuire alla definizione e realizzazione di un nuovo modello conservativo per gli archivi digitali destinati alla conservazione di medio-lungo periodo (valore giuridico) e alla conservazione permanente (valore storico)

5 Dicembre 2023

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Paola Orecchia

Giornalista

Foto di Dmitry Ratushny su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/O33IVNPb0RI

L’Archivio centrale dello Stato (ACS) è al centro del processo di massima valorizzazione dei beni culturali italiani. In ragione della sua mission istituzionale, infatti, l’Istituto è stato individuato come soggetto attuatore dell’investimento del Ministero della cultura M1C3 1.1 – Strategie e piattaforme digitali per il patrimonio culturale – del PNRR e sta realizzando il Polo di conservazione digitale, avvalendosi anche della collaborazione di un RTI di partner privati. Ne parliamo con Silvia Trani, Archivista di Stato e PM del progetto.

“Nel 2021 il progetto originario, denominato ‘Polo di conservazione degli archivi storici digitali della Pubblica amministrazione’, è confluito nel PNRR del Ministero della cultura, precisamente nel sub-investimento 1.1.8, Polo di conservazione digitale, stream progettuale (su 12 totali) dell’investimento M1C3 1.1.

Il sub-investimento 1.1.8 prevede la realizzazione di due nuove e innovative piattaforme conservative: la prima è il Polo di conservazione digitale degli Archivi di Stato (PCDAS), la seconda è l’Archivio digitale intermedio del Ministero della cultura (ADIMiC). Entrambe le piattaforme tratteranno archivi digitali nativi o risultato di attività di dematerializzazione con certificazione di processo, garantendone la conservazione affidabile e anche la fruizione.

Il progetto Polo di conservazione digitale oltre alla realizzazione delle due piattaforme conservative prevede il raggiungimento, entro il giugno 2026, anche un ulteriore target costituito dal trasferimento e versamento di archivi digitali prodotti dalle strutture del MiC e da altre amministrazioni statali al fine di testare concretamente, e consolidare, i due sistemi prima dell’effettiva messa a disposizione dei servizi conservativi che avverrà a partire dalla fine del 2026, ossia al termine del PNRR.

L’ACS per la tutela della memoria documentaria contemporanea

La mission storica dell’ACS è conservare le carte delle strutture centrali dello Stato prodotte dal 1861 in poi. L’Istituto è stato istituito nel 1875 come Archivio del Regno e solo nel 1953 ha assunto la piena autonomia e l’attuale denominazione.

“L’Archivio centrale dello Stato, Istituto del Ministero della cultura dotato di autonomia speciale, ha come funzione principale quella di conservare e rendere accessibili, in una dimensione temporale ‘permanente’, gli archivi prodotti dalle strutture centrali dello Stato unitario; nel tempo ha acquisito documentazione anche di diversa natura e, in particolare, quella prodotta da enti pubblici e quella privata dichiarata di particolare interesse storico di proprietà dello Stato o in deposito, anche temporaneo, presso quest’ultimo in ragione di disposizioni di legge o in base a qualunque altro titolo”.

Va da sé che, per un tempo molto lungo, l’ACS abbia trattato documentazione immersa nella dimensione analogica. “Negli ultimi anni, con l’avvento del digitale, abbiamo iniziato a interrogarci su come esercitare le funzioni di tutela, conservazione e poi fruizione anche della documentazione su supporto digitale”, racconta la responsabile del progetto.
Grazie a speciali finanziamenti ricevuti dal Ministero della cultura, a partire dal 2016, l’Archivio centrale dello Stato ha avuto il compito di costituire il “Repository degli archivi digitali della Pubblica amministrazione” che ha, successivamente, modificato la sua denominazione in quella di “Polo di conservazione degli archivi storici digitali della Pubblica amministrazione”, entrambi finalizzati alla conservazione degli archivi digitali di competenza dell’Istituto.

Nel 2021 il progetto “Polo di conservazione degli archivi storici digitali della Pubblica amministrazione” è confluito nel PNRR, assumendo la denominazione di “Polo di conservazione digitale” e ha modificato ed esteso il suo obiettivo originario.

“Infatti, oggi il compito assegnato all’ACS è quello di creare una nuova infrastruttura cloud-native, su cui poggeranno due nuovi sistemi conservativi del MiC” ci dice Silvia Trani, che in sintesi sono:

1. l’Archivio digitale intermedio del Ministero della cultura (ADIMiC), ossia il sistema, in house, per la conservazione di medio-lungo periodo degli archivi digitali prodotti dalle strutture centrali e periferiche del MiC;

2. il Polo di conservazione digitale degli Archivi di Stato (PCDAS), ossia il sistema per la conservazione permanente degli archivi digitali storici delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e degli Enti pubblici nazionali nonché degli archivi digitali privati dichiarati di interesse storico; sistema che rappresenta, quindi, una nuova rete conservativa a servizio e a supporto di tutti gli Archivi di Stato (e non più soltanto dell’ACS), destinata a tutelare, conservare e valorizzare la memoria documentaria digitale del Paese.

Dall’archiviazione a norma alla conservazione per la fruizione

“I due sistemi – continua Trani – sebbene caratterizzati da specifiche funzioni istituzionali che richiedono soluzioni organizzative-procedimentali, software e architetturali parzialmente differenti, hanno come riferimento lo stesso modello conservativo generale di carattere innovativo, basato su specifiche e standard (nazionali, europei e internazionali) nonché su strategie, strumenti, requisiti e funzionalità finalizzati allo sviluppo di processi affidabili e sostenibili per la conservazione di archivi digitali. Si tratta di un modello generale che, nel rispetto delle norme nazionali in materia di gestione documentale, conservazione digitale e beni culturali, rappresenta un’evoluzione dell’attuale scenario conservativo italiano (c.d. ‘a norma’)e il tentativo di superare i suoi nodi critici, specie quelli relativi alla fruizione, uso e riuso, evidenziati nel 2021 dalla stessa AgID nel documento di indirizzo Progetto Poli di conservazione. Definizione di un modello di riferimento per i Poli di conservazione e della relativa rete nazionale”.

Un progetto necessariamente corale dalle grandi prospettive

Il lavoro di creazione delle due piattaforme conservative procede e dichiara Trani: “Oggi stiamo realizzando un primo prototipo destinato al massimo riuso tanto che a gennaio 2024 è prevista l’inizio dello sviluppo della prima release della soluzione a target”.

In ragione della novità del modello conservativo e tenendo sempre al centro le questioni dell’interoperabilità e del riuso, il progetto deve necessariamente procedere cercando la collaborazione e la condivisione con gli stakeholders principali.

“In questi ultimi anni abbiamo lavorato in sinergia con la Direzione generale Archivi e, soprattutto, con AgID che ha contribuito a rafforzare il ruolo dell’ACS quale attore principale nella definizione dei requisiti del modello conservativo per gli archivi digitali storici. Stiamo poi realizzando l’Archivio digitale intermedio del MiC grazie alla collaborazione e al supporto della Direzione generale organizzazione del nostro Ministero. È anche in corso l’organizzazione di primi tavoli interistituzionali con le amministrazioni statali destinate a trasferire o versare i loro archivi digitali ai due sistemi del Polo di conservazione digitale; tavoli che rappresentano un’occasione importante per recuperare, ed esercitare realmente, i compiti spettanti all’amministrazione archivistica in materia di sistemi di gestione documentale e policy conservative nel settore pubblico”.

Nell’ottica di collaborazione e condivisione del progetto, l’ACS ha individuato come ulteriore tassello quello relativo al rafforzamento delle competenze digitali prevedendo un programma formativo e di aggiornamento rivolto, in particolare, agli archivisti di Stato e al personale delle amministrazioni statali, ma destinato anche a tutto il settore pubblico e al settore privato.

Parte del programma formativo sarà realizzato in collaborazione con la Fondazione scuola dei beni e delle attività culturali del MiC, a sua volta soggetto attuatore del sub-investimento M1C3 1.1.6, finalizzato alla realizzazione di “Dicolab. Cultura al digitale”, progetto di formazione e aggiornamento delle competenze digitali da erogare attraverso una nuova piattaforma di e-learning.

Come specificato da Trani: “La collaborazione con la Fondazione Scuola prevede una serie di iniziative, che partiranno a dicembre 2023, curate dal punto di vista didattico dal Polo di conservazione dell’ACS e dedicate alla gestione documentale, alla conservazione digitale, alla dematerializzazione con certificazione di processo e all’impatto del GDPR sugli archivi. Seguiranno poi corsi su tematiche afferenti al settore ICT e, ancora, all’uso delle riproduzioni dei beni culturali e, in particolare, dei beni archivistici digitali.

L’approccio scelto è quello di prevedere diversi livelli di approfondimento e di accompagnare sempre la parte normativa, teorica e concettuale con quella più operativa e pratica attraverso laboratori e workshop periodici. Infine, specifici momenti formativi saranno dedicati all’utilizzo delle piattaforme conservative con il coinvolgimento del personale del MiC e del personale delle amministrazioni statali soggette all’obbligo di versamento al PCDAS”.

Ultima, ma non per importanza, la partnership con alcuni player dell’ICT. Si tratta delle società specializzate che collaborano con l’ACS per la realizzazione del progetto Polo di conservazione digitale. “Stiamo lavorando in maniera proficua con le società che ci accompagnano e supportano nella realizzazione dei due sistemi conservativi. Questa sinergia, pur nel rispetto delle diversità dei ruoli, credo si debba al fatto che le imprese hanno compreso l’importanza di quello che stiamo cercando di realizzare, per dare un contributo reale al fine di migliorare e consolidare il processo di trasformazione digitale del Paese”, conclude Silvia Trani.

Si tratta di un raggruppamento temporaneo di imprese costituito da DXC Technology, in qualità di mandataria, e in qualità di mandanti da Deda Next, Live Tech, DGS, UniDoc, Eustema e Vidyasoft.

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