“Il nostro obiettivo è valorizzare le eccellenze territoriali e creare un sistema che sia sostenibile anche dopo la fine del PNRR”. In questa intervista ai microfoni del FORUM PA POP, la web tv di FORUM PA 2024, Fabrizio Cobis, dirigente del Ministero dell’Università e della Ricerca, dialoga con Gianni Dominici sul futuro degli investimenti in ricerca e innovazione in Italia
12 Luglio 2024
Patrizia Fortunato
Content Editor, FPA
L’innovazione può nascere dal basso, come dimostrano i numerosi progetti locali che il Ministero dell’Università e della Ricerca ha scelto di valorizzare utilizzando le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Missione 4, componente 2). Una delle linee di intervento del PNRR (M4C2, investimento 1.5) riguarda gli ecosistemi dell’innovazione, creati per valorizzare le dinamiche territoriali e favorire la convergenza di competenze pubbliche e private. Ce ne parla Fabrizio Cobis, dirigente del Ministero dell’Università e della Ricerca, intervistato da Gianni Dominici negli studi del FORUM PA POP, la web tv di FORUM PA 2024.
Cobis ricorda i primi anni duemila, quando in Italia si parlava di distretti di alta tecnologia, sempre con l’obiettivo di aggregare il capitale sociale localizzato, coordinare la conoscenza, promuovere le competenze per renderle competitive a livello nazionale e internazionale attraverso il sostegno della ricerca. Oggi, gli ecosistemi dell’innovazione rappresentano un’evoluzione di quei distretti, grazie all’esperienza maturata.
L’incentivo pubblico ha il compito di dare il calcio d’avvio ai progetti, che devono poi essere in grado di camminare autonomamente. Questo obiettivo dipende in gran parte dalla capacità della pubblica amministrazione di contribuire attivamente alla pianificazione e all’implementazione di strategie necessarie per garantire la sostenibilità a lungo termine di processi innovativi spontanei.
I progetti più efficaci, infatti, sono quelli che attualmente stanno dimostrando di lavorare sul quotidiano, sui dettagli giornalieri, con una chiara prospettiva futura. “Abbiamo favorito la nascita di tante organizzazioni, fondazioni e società consortili che governano questi programmi progettuali”, afferma Cobis. Queste organizzazioni sono monitorate e supportate affinché, attraverso i soci, il radicamento territoriale e i rapporti internazionali, costruiscano fin da subito le condizioni per rimanere sostenibili anche dopo il termine dei finanziamenti (2026).
In passato si parlava di tripla elica, riferendosi alla collaborazione tra pubblico, privato e istituzioni di governo. Oggi, a questa configurazione si aggiungono la società civile e altri soggetti. Le esperienze attuali mostrano l’efficacia di questo tipo di integrazione. L’ecosistema, infatti, è quello che vede in rete iniziative con università ed enti di ricerca e una moltitudine di soggetti, che devono operare in maniera efficace e coordinata sotto la regia e il supporto dell’istituzione governativa, nello specifico il Ministero.
La novità dei sistemi di innovazione è che hanno cercato di superare i confini regionali, allargando l’orizzonte a macro-territori e favorendo un’interdisciplinarietà tra ambiti e settori. Regioni come Abruzzo, Marche e Umbria, grazie alla loro tradizione e forza aggregativa, hanno portato alla realizzazione di VITALITY, un ecosistema dell’innovazione che valorizza competenze in tecnologie come la domotica e la salute.
Esistono luoghi dove determinate vocazioni sono più spiccate rispetto ad altri, come spiega Cobis. Per esempio, la meccanica in Emilia Romagna non solo primeggia nel settore industriale, ma si porta dietro anche una notevole capacità di ricerca e innovazione. La farmaceutica ha punti di forza nel Lazio e in Campania. Tutti questi programmi sono monitorati da revisori internazionali, che stanno restituendo riscontri molto positivi in termini di eccellenza scientifica.
Si è parlato dell’importanza del rapporto tra territorio e scuole. In passato, i distretti industriali come quello della meccanica collaboravano strettamente con gli istituti tecnici per formare persone che venivano poi impiegate sul territorio. Oggi c’è il ritorno degli ITS: scuole ad alta specializzazione tecnologica.
In chiusura Gianni Dominici ha menzionato Richard Florida e la sua teoria delle tre T – tecnologia, talento e tolleranza – evidenziando in particolare il concetto di tolleranza, di cultura aperta. Concetto ribadito anche da Cobis: un territorio deve essere in grado di attrarre, ricevere e far stare bene le persone. E questo non può essere lasciato alla spontaneità; è necessaria una maggiore capacità di guida a livello istituzionale per favorire questo tipo di sviluppo.