L’urgenza di un cambiamento radicale ovvero PA-mazon e OKR
La distinzione tra pubblica amministrazione e settore privato, un tempo netta, si sta riducendo a causa di una rivoluzione digitale veloce e inarrestabile. I cittadini ora si aspettano servizi pubblici rapidi ed efficienti, mentre i dipendenti pubblici desiderano obiettivi chiari e misurabili. La PA deve attrarre talenti e migliorare l’efficienza dei servizi per rispondere prontamente alle esigenze dei cittadini. L’adozione Objectives and Key Results (OKR), già utilizzati con successo in alcuni comuni europei, potrebbe essere la chiave per una riorganizzazione efficace e per mantenere un alto grado di entusiasmo tra i dipendenti nonostante le lentezze e gli ostacoli continui
4 Settembre 2024
Andrea Tironi
Project manager Digital Transformation, Consorzio.IT
William Zisa
Esperto OKR e socio fondatore Associazione Italiana OKR
Solo qualche anno fa, la distinzione tra pubblica amministrazione e settore privato era ben netta e definita nella mente dei cittadini, sia quando si agiva nelle vesti di “datore di lavoro” sia in quella di “fornitore di servizi”.
Nel primo dei due aspetti la PA godeva, rispetto al settore privato, di vantaggi strutturali quali la stabilità dell’impiego e un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata (work-life balance), a fronte di svantaggi riconosciuti, come le minori opportunità di crescita professionale, velocità di carriera e stipendio.
Nell’era attuale invece, complice una rivoluzione digitale sociale e globale veloce e inarrestabile, i due mondi stanno convergendo velocemente.
Il progresso digitale ha infatti portato le aspettative dei cittadini a crescere considerevolmente negli ultimi anni: ora desiderano (o talvolta, pretendono) servizi pubblici forniti con la stessa rapidità di Amazon, sempre più digitali ed efficienti, con feedback continuo e chiarezza nei tempi di risposta.
I dipendenti pubblici, nel loro ruolo di lavoratori, richiedono sempre più un posto di lavoro che stia al passo con i tempi, guidato da obiettivi chiari e da una misurazione costante dell’impatto del servizio che offrono quotidianamente alla comunità, al proprio territorio e al settore di appartenenza.
La tecnologia e la spinta all’efficienza stanno ogni giorno diventando elemento cruciali e questo porta tutto il settore pubblico ad una profonda riflessione: come è possibile competere con il settore privato in termini di attrattività di talenti e, in modo speculare, come capacità di erogare servizi alla velocità del mondo attuale?
Come sappiamo, un adeguato livello di servizio (soprattutto in caso di servizi fondamentali ad una società civile e democratica come quelli erogati dalla PA) inizia sempre da una forza lavoro che si dà da fare con entusiasmo e in maniera efficace ed efficiente. Quindi organizzata.
Il rischio della PA di oggi è invece quello di essere la PA di ieri, attraendo risorse umane che vedono l’entrata nel pubblico come un traguardo e non un naturale punto di partenza, poco disposte alle nuove sfide, inadatte a combattere quella forte resistenza al cambiamento che ancora oggi (purtroppo) immobilizza tanti uffici pubblici. Oppure persone motivate e in gamba che entrano nella PA e in 1-2-5 anni vengono assorbite dal sistema. Tutto ciò non a causa del singolo dipendente, esente da colpe, ma da un apparato organizzativo gerarchico e burocratico ormai antico, nato qualche centinaio di anni fa e che ha ricevuto dei tentativi di innovazione con risultati non strutturali e spesso a macchia di leopardo.
Non riuscire ad azionare una dinamica culturale di spinta verso il cambiamento e l’innovazione costante porterà conseguenze sull’offerta di servizi, già sotto pressione per la riduzione numerica del personale di un terzo avvenuta dal 2007 e per un’ulteriore riduzione di un terzo prevista nei prossimi 10 anni. La PA ha quindi bisogno di persone in gamba, ma ancora prima, di un’efficace riorganizzazione per non perdere rilevanza nell’erogazione dei servizi essenziali.
Altrimenti i cittadini cercheranno risposte nei privati, e non potremo biasimarli.
La bassa attrattività della PA per i talenti è nota ed è triste osservare come molti nostri Comuni si stiano gradualmente svuotando di giovani competenti, nonché di personale con esperienza. In più, come dimostrato dalle scienze manageriali, la tendenza naturale per le organizzazioni è sempre quella di allineare la motivazione al ribasso rispetto ad un gruppo, e ciò contribuiscono a raggiungere obiettivi poco sfidanti, con una struttura organizzativa lenta e obsoleta, che portano a non troppa soddisfazione e bonus poco motivanti.
L’equazione che spiega la situazione attuale è semplice: in diversi ambiti gli obiettivi sono formali o tarati sulle possibilità o sulle necessità, senza pensare al meglio o al miglioramento.
Ma la PA vale molto di più di questo scenario. La PA è il motore dell’economia del Paese: non ci possiamo più permettere che queste siano le dinamiche naturali dello scheletro dell’Italia di oggi, perché significa che tutto il Sistema Paese viaggia con un motore da 500 cavalli in prima, massimo seconda.
Il disfattismo non fa parte del nostro DNA, per cui vogliamo presentare oggettivamente la situazione attuale, compresi gli aspetti positivi: il passaggio al full-digital sta avvenendo, i fondi del PNRR stanno dando uno stimolo mai visto prima e l’introduzione dell’intelligenza artificiale creerà cambiamenti che, governati o per osmosi, aiuteranno un cambiamento nella PA. Tuttavia, rischiamo di sottoutilizzare tutte queste nuove risorse se il nostro personale e – soprattutto – le nostre organizzazioni non hanno la giusta cultura né motivazione per gestirle, fino a farle arrivare ai cittadini.
Ad oggi manca qualcosa di centrale per far nascere un vero cambiamento: non parliamo di fondi che ci sono nel PNRR; non parliamo di formazione che sovrabbonda, né di tecnologia che c’è in avanzo, parliamo invece di un modello organizzativo e di gestione degli obiettivi che risulti efficace. Parliamo di merito e ambizione. Di PA più efficiente ed efficace si parla da anni, di innovazione organizzativa anche, ma quasi nessuno parla del “come facciamo questa cosa ora che abbiamo capito che è un bisogno e una necessità?”.
Per trovare una risposta, guardiamo al mondo del privato e cerchiamo di capire come le aziende si stiano organizzando per affrontare questa crescente spinta verso aspettative al rialzo, con tecnologie che cambiano e lotta avanzata ai talenti, rimanendo così al passo con i tempi.
La soluzione organizzativa che hanno trovato, la cui applicazione sta crescendo in modo costante anche nelle aziende italiane, arriva direttamente dagli USA e viene già utilizzata nel settore pubblico statunitense e del Nord Europa: si chiama OKR[1].
Come implementare gli OKR nella PA italiana
Ma come possiamo trasferire dei metodi organizzativi privati al settore pubblico, passando dalle parole ai fatti?
La risposta, come anticipato, può risiedere in tre lettere: OKR (Objectives and Key Results), cioè un metodo organizzativo che ha già dimostrato il suo successo in varie pubbliche amministrazioni a livello europeo e mondiale.
La metodologia Objectives & Key Results è molto semplice da comprendere e punta ad un equilibrio tra la spinta all’ambizione e al miglioramento continuo, e il benessere delle persone. Il tutto grazie ad un reale lavoro per obiettivi (concetto originario di smart-working).
Nelle organizzazioni che applicano gli OKR tutti conoscono il proprio obiettivo, concettuale e numerico, e ne discutono frequentemente con l’organizzazione per mantenersi allineati, al massimo ogni trimestre.
Viene garantita e favorita un’autonomia nella proposta degli obiettivi (coinvolgimento) e stimolato un confronto costante per formare una adeguata cultura del feedback in tutti i livelli organizzativi.
L’obiettivo numerico cessa quindi di essere visto come un mezzo di controllo e di valutazione individuale, come si presentava in passato, e diventa invece il primo strumento di comunicazione, informazione e partecipazione per chi lavora, finendo per essere il vero motore dell’innovazione.
Tuttavia, gli OKR non sono una soluzione né semplice né standard da applicare: richiedono un impegno formativo e investimenti in termini di tempo, e hanno già dimostrato di poter funzionare. Del resto, il cambiamento organizzativo è il meno affrontato proprio perché il più difficile da applicare: mentre un dipendente si sostituisce e una tecnologia si compra, un cambiamento culturale è un percorso da affrontare.
Gli OKR sono ideali per gestire la “multidimensionalità degli obiettivi” tipica della PA, dove la direzione del lavoro è più variabile rispetto al privato: non esiste solo il fatturato e la marginalità, ma soprattutto il benessere dei cittadini nelle loro mille sfaccettature, la qualità dei servizi, le scelte politiche a volte comprensibili a volte meno, la visibilità mediatica e diverse altre dimensioni. L’impatto non è solo economico, ma spesso su diverse fasce di cittadini che vanno considerate sia separatamente che in toto. Gli OKR sono nati nel privato proprio per gestire questa abbondanza di categorie, di obiettivi e direzioni, andando oltre l’ormai semplicistico aspetto economico. Far comprendere a tutti i dipendenti cosa c’è oltre all’aspetto economico è l’unico modo per appassionare le persone al proprio lavoro, e in specifico nella PA è fondamentale avere un framework che permetta di inglobare la complessità dei traguardi da raggiungere.
Nella sostanza, implementare gli OKR significherebbe mettere chiarezza negli obiettivi di tutti i presenti in un’amministrazione, che sarebbero chiamati a partecipare in prima persona alla loro definizione, e creare sistemi incentivanti che spingano la PA oltre il lavoro di routine o quei semplicistici sistemi di KPI che talvolta vediamo sconnessi dal lavoro quotidiano. Farlo sarebbe indispensabile per garantire quella spinta e velocità di cui la PA ha bisogno per stare al passo con i tempi e diventare motore da 500 cavalli.
I cittadini e le imprese hanno bisogno di una burocrazia snella e amica per poter vivere bene i servizi a loro erogati: lo Stato che passa da essere controllore ad un vero alleato rimarrà per tutti un sogno, almeno fino a quando non saremo in grado di tradurlo in un concreto obiettivo, passando per i cambiamenti organizzativi.
Ecco due casi di successo nell’applicazione degli OKR in alcune pubbliche amministrazioni:
1. il Comune di Amsterdam, come spiegato in un’intervista dalla PMO Wilma van Leeuwen, li usa da Gennaio 2019 e punta a portarli a tutte le 19mila persone impiegate nel settore pubblico di Amsterdam.
Interessante notare quanto una buona organizzazione, come riporta Wilma, sia indipendente dal partito politico: tutti vogliono mettere a terra i propri obiettivi con organizzazioni funzionali, anche se i colori politici non sono allineati davanti a obiettivi chiari e definiti insieme, il colore politico sfuma.
2. KELA è un’azienda municipalizzata della Finlandia che si occupa di assistenza sociale e sussidi. Utilizzare gli OKR ha permesso loro di avere obiettivi ben scritti nel proprio sito e pubblicizzati nel materiale informativo, dove scrivono questo:
“Abbiamo concordato comuni Obiettivi e Risultati Chiave (OKR) per definire la nostra strategia. Loro ci permettono di definire una direzione concreta e dimostrare il nostro successo nell’implementazione della strategia. Obiettivi concordati ci aiutano ad assicurare una direzione comune tra i servizi di KELA e i loro futuri sviluppi. Il miglioramento continuo ci aiuta a portare il cambiamento che vogliamo”.
Da dove Iniziare?
Il punto chiave è culturale: nella PA non possiamo aspettare impostazioni dall’alto per cambiare il nostro modo di lavorare.
Dobbiamo trovare una soluzione organizzativa che possa nascere ed evolvere dal basso, da ogni Comune e da ogni piccola azienda partecipata. In una situazione in cui tutti siamo sia cittadini che, nel nostro lavoro in PA, forniamo servizi pubblici utili al benessere della nostra popolazione.
Il nostro modello organizzativo dovrebbe farci sentire tutti responsabili di questo cambiamento culturale.
Per avviarlo, bisogna innescare una prima ondata di cambiamento sfruttando poi la “Legge della Diffusione”: partire dal piccolo per cambiare il grande. Ottenere successo in un piccolo team, all’interno del nostro piccolo spazio di controllo, per poi scalare.
Le persone motivate si diffonderanno nel tempo nell’organizzazione e le buone pratiche arriveranno ovunque: ovviamente, in tempi minori tanto più attori del cambiamento riusciremo a coinvolgere. Chiarire la missione e la visione della PA può attrarre talenti con la giusta mentalità, anche avendo a disposizione meno risorse rispetto al privato. È un’arma in più che è necessario utilizzare per rendere la PA un luogo capace di innovare e rispondere alle sfide del futuro.
Dobbiamo comunicare chiaramente quanto lavorare nella PA significhi contribuire a qualcosa di più grande: un bene comune che ha lo scopo di migliorare la vita di tutti quelli che vivono in Italia, nel nostro Paese. E possiamo partire ricordandolo spesso a noi stessi, grazie agli obiettivi definiti dagli OKR, perché la vera sfida di lavorare nella PA è mantenere un alto grado di entusiasmo nonostante le lentezze e gli ostacoli continui. Obiettivi chiari e definiti insieme possono essere un forte stimolo ad essere soddisfatti del proprio lavoro pur nel lento progredire.
È tempo di agire
La PA ha bisogno di un cambiamento organizzativo profondo e strutturato per rispondere alle esigenze moderne e attrarre i talenti necessari. Iniziamo oggi, con determinazione e visione, per un futuro più efficiente ed innovativo. Ogni piccolo passo può creare quell’onda di cambiamento che, sul lungo termine, trasformerà la pubblica amministrazione in una macchina efficiente e realmente moderna, capace di rispondere prontamente alle esigenze dei cittadini e di attrarre a sé i migliori talenti per continuare a farlo con costanza.
È il momento di iniziare un cambiamento organizzativo, perché tutto il resto c’è (tecnologia, fondi, formazione) ma manca ancora il centro: le persone e l’organizzazione.
Incoraggiamo ogni nostro collega a capire che può prendere l’iniziativa, senza aspettare che il cambiamento arrivi dall’alto o venga imposto. Ogni passo in avanti, per quanto piccolo, può contribuire a creare un ambiente di lavoro più dinamico, stimolante e capace di affrontare le sfide del futuro con successo.
È facile? No, altrimenti si sarebbe già fatto.
Sarà osteggiato da chi non vuole che qualcosa cambi? Certamente, soprattutto se mette a rischio qualche “piccolo ufficio regno” o “ruolo dirigenziale” poco illuminato. Del resto, i tentativi di innovazione organizzativa sono quelli che falliscono di più ma su cui ha più senso spendere energie, perché possono portare benefici esponenziali e su larga scala che si mantengono nel tempo.
Gli strumenti e gli esempi di successo esistono già, come abbiamo visto. La sola e unica domanda che conta è quella rivolta a noi: vogliamo davvero cambiare come PA nel complesso e come PA nel proprio ambito?
Perché, se siamo convinti di poterlo fare, probabilmente gli OKR sono il modo migliore di provarci.
[1] Objectives and key results (OKR)