Il dono del novello Prometeo alla pubblica amministrazione

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Riceviamo e pubblichiamo questo brevissimo saggio di Italo Lisi, Responsabile per la Transizione al Digitale e Chief of Innovation Officers della Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa. Si tratta di un gioco letterario che esplora, con un tocco di sorpresa, l’uso dell’IA generativa nella pubblica amministrazione

20 Dicembre 2024

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Italo Lisi

Responsabile per la Transizione al Digitale e Chief of Innovation Officers, Scuola Universitaria Superiore Sant'Anna di Pisa

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Nel labirinto intricato della burocrazia, dove i documenti si accumulano come polvere in una biblioteca dimenticata, l’introduzione dell’intelligenza artificiale generativa appare come un’eco lontana di un sogno di futuro promesso, un riflesso colto nell’infinità ricorsiva di un gioco di specchi, un immagine di un mondo in cui le macchine, compagne imitatrici dotate di una mente quasi umana, assistono, proficuamente, i pubblici funzionari nel loro compito quotidiano, trasformando il caos in ordine, l’inefficienza in precisione.

L’IA generativa, con la sua capacità di apprendere e adattarsi, potrebbe diventare il bibliotecario perfetto, il custode della conoscenza ideale, capace di navigare tra i tomi infiniti delle leggi e dei regolamenti, suggerendo soluzioni e risposte con la rapidità di un pensiero. In questo scenario, la macchina non è solo uno strumento, ma un compagno di viaggio, un Virgilio digitale che guida l’umanità attraverso i gironi della burocrazia. Parafrasando Paolo di Tarso, “nunc videmus per speculum et in aenigmate” [1], così anche noi, attraverso l’IA, cerchiamo di intravedere una chiarezza futura.

Tuttavia, come in ogni racconto, c’è un rovescio della medaglia. L’affidamento eccessivo alla tecnologia potrebbe portare a una perdita di umanità, a un distacco dalla realtà tangibile. Le decisioni, una volta prese con ponderazione e saggezza, rischiano di diventare mere esecuzioni di algoritmi, privando il processo amministrativo della sua componente etica e umana. Come ammoniva T.S. Eliot, “Where is the wisdom we have lost in knowledge? Where is the knowledge we have lost in information?”  [2].

Nella pratica, gli scenari potrebbero essere quelli che comprendono l’uso dell’IA generativa per la gestione delle richieste di permessi: un sistema in cui i cittadini possono compiere il loro percorso di richiesta, guidati da un immateriale Virgilio, esclusivamente in digitale ed online, con l’IA che analizza automaticamente i documenti, verifica la conformità alle normative locali e genera una risposta preliminare. Questo non solo abbrevierebbe l’attesa, ma libererebbe i funzionari, permettendo loro di dedicarsi ai labirinti più intricati, quei casi che esigono il discernimento e la saggezza propri dell’animo umano. Tuttavia, è imperativo che l’ultimo sigillo del controllo resti nelle mani degli uomini, affinché ogni decisione rifletta le particolarità e le sfumature che solo l’occhio e l’animo umano può discernere. 

Opportunamente, possiamo riflettere sulle parole di William Blake: “What is now proved was once only imagined” [3]. L’IA generativa rappresenta una visione che si materializza, il sogno di un sognatore che al risveglio prende gradualmente forma nella realtà quotidiana. Ma come ogni sogno, porta con sé il rischio di diventare un incubo se non gestito con saggezza; come nel Paradiso di miltoniana memoria: “La mente è il proprio luogo, e in sé può fare un inferno del paradiso, un paradiso dell’inferno”[4], ci dobbiamo ricordare che, nonostante l’ausilio delle macchine, è la mente umana che deve governare e interpretare, per evitare che il paradiso della tecnologia si trasformi in un inferno di disumanizzazione. Come un capitano che guida la sua nave attraverso mari tempestosi, l’uomo deve mantenere la rotta, utilizzando la bussola della saggezza e il sestante dell’empatia per navigare tra le insidie della modernità.

L’adozione dell’IA generativa nella pubblica amministrazione rappresenta una promessa di efficienza e innovazione, ma anche un monito. Come in un labirinto di specchi, dobbiamo essere cauti nel non perdere di vista la nostra immagine riflessa, ricordando sempre che, dietro ogni algoritmo, c’è un essere umano che deve mantenere il controllo del proprio destino. E come ci ricorda la saggezza latina, “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”[5].

Le conseguenze etiche dell’uso dell’IA nella pubblica amministrazione sono profonde e complesse.
Da un lato, l’IA può migliorare l’efficienza, ridurre i tempi di attesa e rendere i servizi più accessibili. Dall’altro, il rischio di una disumanizzazione del processo decisionale, dove le scelte vengono fatte da algoritmi privi di empatia e comprensione umana, sollevando questioni di trasparenza e responsabilità: chi è responsabile per le decisioni prese da una macchina? Come possiamo garantire che gli algoritmi siano equi e non discriminatori?

Come un antico codice inciso su tavole di pietra, è imperativo che l’adozione dell’IA sia accompagnata da un robusto quadro etico e normativo, garantendo che l’IA sia utilizzata in modo trasparente e responsabile, come un faro che illumina le acque oscure della modernità, con meccanismi di controllo e supervisione adeguati, simili a sentinelle vigili che sorvegliano le mura di un antico palazzo proibito posizionato nel mezzo di una moderna megalopoli. Solo così potremo navigare attraverso il labirinto della tecnologia, guidati dalla luce della saggezza e dalla bussola dell’integrità, memori della saggezza latina, “Primum non nocere” [6]. Dobbiamo, quindi, assicurarci che l’IA sia uno strumento al servizio dell’umanità, e non un novello Golem[7] che da strumento diventa, sfuggendo al controllo del creatore, un padrone che ci domina.

L’IA generativa è una porta verso un futuro di possibilità infinite, ma anche un richiamo alla nostra responsabilità di custodire l’essenza dell’umanità. Come scriveva Borges, “La realtà non è sempre probabile, o probabile come ci piacerebbe”. In questo equilibrio delicato tra tecnologia e umanità, dobbiamo trovare la nostra strada, guidati dalla luce della saggezza e dalla consapevolezza dei nostri limiti.

E così, l’IA generativa emerge come un nuovo Prometeo digitale, portando il fuoco della conoscenza e dell’efficienza agli uomini. Ma come il Prometeo della mitologia, che fu punito per aver donato il fuoco agli umani, anche noi dobbiamo essere consapevoli del prezzo della nostra audacia. “Quis custodiet ipsos custodes?”[8], ci chiediamo, ricordando che il vero potere dell’IA risiede non solo nella sua capacità di trasformare, ma nella nostra capacità di governarla con saggezza e umanità.

Nota dell’Autore: come molti di voi avranno capito, questo breve saggio è stato in gran parte realizzato da una IA generativa. Il mio modesto contributo, oltre all’argomentare, è stato indirizzare l’IA sullo stile borgesiano, suggerendo alcune delle citazioni (non tutte) ed arricchendo di metafore ed aggettivazioni il testo. Questo gioco letterario serve per aiutare ad immaginare cosa potrà rappresentare l’IA generativa, nell’uso quotidiano, quale supporto alle attività lavorative. Rimarchevolmente, è anche un ulteriore esempio di IA che mette in guardia l’umanità nei confronti di sé stessa.


[1] La citazione completa è “Videmus nunc per speculum et in aenigmate, tunc autem facie ad faciem; nunc cognosco ex parte, tunc autem cognoscam sicut et cognitus sum.” (“Ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò pienamente, come anch’io sono pienamente conosciuto.”), ed è contenuta nella Prima Lettera ai Corinzi.

[2] “Dov’è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?”. T.S. Eliot, The Rock (1934).

[3] “Ciò che ora è dimostrato era una volta solo immaginato”. William Blake, Auguries of Innocence(1803)

[4] “The mind is its own place, and in itself can make a Heaven of Hell, a Hell of Heaven” proviene dal poema epico “Paradise Lost” di John Milton. Questa frase è pronunciata da Satana nel Libro I, durante il suo discorso agli angeli ribelli dopo essere stati cacciati dal Paradiso.

[5] “Sono un uomo, nulla di ciò che è umano mi è estraneo”. Questa frase è attribuita al commediografo romano Publio Terenzio Afro e appare nella sua opera “Heautontimorumenos” (Il punitore di sé stesso), scritta nel 165 a.C. 

[6] “Prima di tutto, non nuocere”. In realtà la frase la frase è attribuita al medico inglese del XVII secolo Thomas Sydenham, noto come il “padre della medicina inglese”.

[7] Il Golem è una figura leggendaria della mistica ebraica, spesso rappresentata come un essere d’argilla creato per proteggere la comunità ebraica. Uno dei riferimenti letterari più celebri è il romanzo “Il Golem” di Gustav Meyrink, pubblicato nel 1914. Un altro riferimento letterario è il racconto “Il Golem” di Isaac Bashevis Singer, che esplora la leggenda del Golem di Praga, creato dal rabbino Judah Loew ben Bezalel nel XVI secolo per proteggere il ghetto ebraico dalle persecuzioni volute dall’imperatore Rodolfo II.

[8] “Chi sorveglierà i sorveglianti?”: Giovenale, Sesta Satira

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