Cercasi vision strategy per l’industria turistica italiana: gli enti locali ci salveranno?
Il settore turistico è una vera e propria industria che fattura circa 50 miliardi di euro l’anno, secondo le stime dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo della School of Management del Politecnico di Milano. Entrate che potrebbero essere ancora più alte se il settore pubblico adottasse una politica attiva di promozione e gestione territoriale dalla forte impronta strategica, digitale e innovativa. L’Italia è però ancora lontana dall’avere una vision integrata che valorizzi il patrimonio artistico-culturale e che raggiunga fasce di clientela specifiche, in questo caso gli enti locali possono fare la differenza. Questi i temi da mettere sul tavolo di discussione in programma a FORUM PA 2015, ne abbiamo parlato con Andrea Lamperti, ricercatore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo.
12 Marzo 2015
Eleonora Bove
Il settore turistico è una vera e propria industria che fattura circa 50 miliardi di euro l’anno, secondo le stime dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo della School of Management del Politecnico di Milano. Entrate che potrebbero essere ancora più alte se il settore pubblico adottasse una politica attiva di promozione e gestione territoriale dalla forte impronta strategica, digitale e innovativa. L’Italia è però ancora lontana dall’avere una vision integrata che valorizzi il patrimonio artistico-culturale e che raggiunga fasce di clientela specifiche, in questo caso gli enti locali possono fare la differenza. Questi i temi da mettere sul tavolo di discussione in programma a FORUM PA 2015, ne abbiamo parlato con Andrea Lamperti, ricercatore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo.
Nel 2013 il turismo mondiale ha superato il miliardo di viaggiatori, un settore in continua crescita e sempre più competitivo, grazie all’ingresso sul mercato di player come Expedia, Booking, Venere, eDreams che esercitando esclusivamente on line stanno dettando il passo di un turismo sempre più digitale e “fai da te”, che se da una parte assesta un duro colpo a quella parte del settore privato legato esclusivamente a canali tradizionali, dall’altra non trova un settore pubblico favorevole ad un approccio più vicino all’innovazione e alle nuove tecnologie.
Certo qualcosa si è mosso, pensiamo al Piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia (gennaio 2013) o al Piano per la digitalizzazione del Turismo Italiano di TD Lab, ma è abbastanza?
Dall’Europa ci arrivano segnali molti chiari, nella grande cornice di Horizon 2020, l’iniziativa europea JPI CH – “Joint Programming Initiative for Cultural Heritage on “Cultural Heritage and Global Change: a new challenge for Europe”, è promossa dagli Stati membri per perseguire la creazione di un approccio quanto più integrato e armonizzato a livello europeo dei programmi e delle infrastrutture di ricerca nazionali nel settore del patrimonio culturale materiale, immateriale e digitale.
E’ però un mercato che non riusciamo a valorizzare, schiacciati dalla competitività internazionale. Secondo uno studio di CISET e dell’Università Ca’ Foscari solo il 47% del fatturato legato all’incoming (stranieri che vengono in Italia) rimane nella filiera italiana, il resto ripaga gli operatori stranieri.
Eppure, come ci ricorda Andrea Lamperti dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo della School of Management del Politecnico di Milano: “L’incidenza sul PIL è di oltre il 10% e l’incidenza sull’occupazione è vicina al 12%, sono dati del 2013, se calcoliamo anche l’indotto è quasi un decimo dell’economia italiana. Parliamo quindi di un’industria importantissima, pensiamo solo ai benefici del turismo sul commercio estero. Turismo significa portare valore”.
E’ quindi una grande occasione che il nostro Paese si sta facendo sfuggire e che gli enti locali, chiamati per primi in questa corsa, stanno lasciando nelle mani di operatori privati più bravi ad intercettare le nuove esigenze dei visitatori. Secondo le stime dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo, la spesa complessiva dedicata ai viaggi, sia degli italiani che degli stranieri che vengono in Italia, ha sfiorato nel 2014 i 50 miliardi, una cifra di poco superiore (1%) rispetto all’anno precedente. Non cresciamo perché siamo ancora ancorati ad un sistema di promozione e offerta tradizionali, nonostante la spesa tramite canali digitali nel nostro Paese registri una crescita del 10%, per un valore complessivo vicino ai 9 miliardi di euro nel 2014.
A limitare la nostra competitività diversi elementi, tra cui la difficoltà di molti turisti di trovare in rete le informazioni necessarie e la difficile accessibilità di alcuni territori.
In effetti l’Italia è un paese spaccato in due, con una metà a tratti inaccessibile che ha conseguenze soprattutto nell’economia del mezzogiorno. Invece di essere da traino dell’industria turistica, il Sud non registra nemmeno il 20% sul totale delle presenze annuali. Dato che si riflette sulle entrate: in tutto il meridione sui 33 miliardi incassati dal turismo estero non restano che 4 mld, pensare che nel solo Lazio ne sono rimasti più di 5 mld (dati 2013).
E’ evidente comunque come non serva parlare solo di trasporti e strutture di accoglienza, ma vadano fatti i conti con nuovi segmenti di clientela che è possibile intercettare solo con l’innovazione e le tecnologie digitali, che permettono al turista di conoscere l’Italia e di costruire la propria esperienza.
Su questo versante non abbiamo molte scuse, secondo Lamperti: ”Gli strumenti ci sono, li conosciamo, ma è la tempestività di utilizzo di questi strumenti che il più delle volte blocca una potenziale crescita. Faccio un esempio: l’Expo 2015, il portale unico per informazioni e prenotazioni è arrivato a fine 2014, quando sarebbe dovuto essere disponibile anni prima”.
Abbiamo ancora politiche poco orientate alla domanda e prive di sinergia tra i vari prodotti turistici dei nostri territori. Manca, in altre parole, una visione Paese che faccia crescere l’offerta da un punto di vista qualitativo, l’esperienza va personalizzata, approfondita nelle sue motivazioni e soprattutto manca una visione strategica e integrata. Il soggetto pubblico dovrebbe promuovere, gestire e coordinare l’offerta del territorio, in un vero e proprio marketing territoriale che ne valorizzi le risorse fin dalla primissima fase di costruzione dell’agenda da parte del turista.
E’ infatti nel momento che precede la decisione del viaggio (raccolta informazioni, ricerca attrazioni ecc) che gli enti territoriali dovrebbero inserirsi con una buona promozione, che sia poi da stimolo per tutti i player della zona. ”La nostra ricerca ha coinvolto più di 1700 strutture ricettive, analizzando quale era l’utilizzo di strumenti digitale nella relazione con il cliente, ed è emerso che quelle presenti sui portali istituzionali dell’ente locale hanno avuto una maggiore visibilità che li ha ripagati in termini risparmio di spesa in marketing e pubblicità – ci dice Lamperti – a dimostrazione che il settore pubblico può giocare un ruolo di primo piano nello sviluppo e nella promozione del territorio”.
Tutto ciò permetterebbe di spingersi anche in settori di mercato meno battuti, offrendo servizi specifici e da cui potrebbero arrivare buone risposte in periodi di solito meno richiesti. E’ una crescita naturale quella a cui stiamo assistendo, gli utenti si spostano on line per sostituzione dei canali tradizionali e per ottimizzare la spesa, ma da qui deve seguire una reale conoscenza e utilizzo strategico di questi canali da parte delle amministrazioni chiamate a gestire i territori in un’ottica di sviluppo e benessere.