Energia: il risparmio passa anche da scuole e università
Il patrimonio edilizio pubblico italiano è una sorta di “mostro energivoro” e buona parte dei consumi è riconducibile agli edifici che ospitano scuole e università. Si tratta di un gran numero di strutture, spesso vecchie, in cui gli impianti non rispettano i canoni dell’efficienza e del risparmio energetico. Basti pensare che sul territorio nazionale sono distribuiti 80 atenei e oltre 45mila scuole pubbliche, che complessivamente in un anno comportano una spesa per il consumo energetico di 1.5 miliardi di euro a fronte di oltre 2 milioni di Tep (tonnellate equivalenti di petrolio) (stima Enea – Fire).
15 Luglio 2008
Il patrimonio edilizio pubblico italiano è una sorta di “mostro energivoro” e buona parte dei consumi è riconducibile agli edifici che ospitano scuole e università. Si tratta di un gran numero di strutture, spesso vecchie, in cui gli impianti non rispettano i canoni dell’efficienza e del risparmio energetico. Basti pensare che sul territorio nazionale sono distribuiti 80 atenei e oltre 45mila scuole pubbliche, che complessivamente in un anno comportano una spesa per il consumo energetico di 1.5 miliardi di euro a fronte di oltre 2 milioni di Tep (tonnellate equivalenti di petrolio) (stima Enea – Fire).
L’indice di consumo è di oltre 250 Kwh/m2/anno, ben superiore alla media dei patrimoni destinati alla formazione di altri paesi europei (stima "Brita in PuBs– Bringing Retrofit Innovation to Application in Public Buildings").
È naturale che, in un momento in cui si discute a livello globale di come ridurre le emissioni inquinanti e sviluppare politiche di sostenibilità ambientale, il tema dell’efficienza e del risparmio energetico in edilizia sia diventato un argomento di interesse generale. Anche qui un dato ci aiuta a capire le dimensioni del problema: gli impianti e le infrastrutture tecnologiche utilizzate in tutti gli edifici (pubblici e privati) assorbono circa il 40% del fabbisogno energetico globale. In questo contesto la pubblica amministrazione ha, quindi, il compito di intervenire sugli edifici di sua competenza, secondo una logica di riduzione dei consumi (e quindi della spesa) e un uso più razionale dell’energia. Senza dimenticare che l’azione esercitata nel pubblico può funzionare anche come “buon esempio” per i privati cittadini.
Un’occasione per parlare di questi temi è stata offerta da un convegno organizzato dall’Università di Napoli Federico II – in partnership con CNS (Consorzio Nazionale Servizi), FORUM PA e la rivista "FMI" – che si è tenuto nel capoluogo campano il 4 luglio scorso. Nel corso dell’incontro, dal titolo “La gestione energetica del patrimonio edilizio pubblico: scuole e università”, sono state presentate significative esperienze avviate e sviluppate a livello nazionale, regionale e locale.
“È fondamentale adottare e diffondere un approccio ‘Energy Management oriented’ per i patrimoni pubblici, un approccio necessario se si vogliono realizzare politiche e interventi di drastico efficientamento e risparmio energetico”, ci dice Silvano Curcio, docente dell’Università di Napoli "Federico II" e coordinatore nazionale Comitato UNI normativa europea Facility Management.
Azioni e interventi mirati di valutazione diagnostica ("audit energetico"), di eliminazione degli sprechi evitabili ("energy saving") e di riqualificazione tecnologica, funzionale e spaziale del sistema edilizio e impiantistico ("retrofit" energetico) sono i tre pilastri dell’Energy Management, ovvero la gestione integrata dei servizi energetici rivolti agli edifici con l’obiettivo di razionalizzare e ottimizzare prestazioni e consumi.
“Dal punto di vista normativo, proprio il giorno precedente al convegno, il 3 luglio, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un importante decreto legislativo, il 115 del 30 maggio 2008, in cui si determinano per la prima volta delle linee guida per l’indirizzo, lo sviluppo e la regolamentazione del mercato dei servizi energetici”, aggiunge Curcio.
“Questa legge rappresenta il giusto coronamento di una serie di normative prodotte a livello nazionale in ottemperanza alle disposizioni comunitarie a partire dal 2002. È l’atto conclusivo e, allo stesso tempo, un punto di partenza: viene fornito il quadro generale per indirizzare un mercato fondamentale, che finora si è mosso in maniera un po’ ‘anarcoide’. Contiene poi anche indicazioni molto tecniche che serviranno ad indirizzare e pilotare interventi specifici, come il regolamento che riguarda le ESCO, i criteri per far partire progettazioni di interventi energetici con la partnership pubblico-privato, altri ancora più specifici che riguardano la cogenerazione, e così via”.