Imparare dalle comunità. OpenDataSicilia e la cultura del dato sul territorio
Lavorare bene, aprire dati di qualità, usare standard in modo corretto. Queste le tre condizioni di base emerse dal raduno annuale di OpenDataSicilia, che si è svolto a Palermo il 9 e il 10 novembre scorsi. Vi raccontiamo come è andata
15 Novembre 2018
Giovanna Stagno
La comunità OpenDataSicilia si è incontrata a Palermo per il proprio raduno annuale il 9 e il 10 novembre scorsi. Due giorni intensi di confronto e lavoro collaborativo sul tema dei Linked Open Data a partire da un caso di sviluppo concreto, OpenArs il progetto di apertura e pubblicazione in formato open dei dati presenti sul sito dell’Assemblea Regionale Siciliana sviluppato da Giovanni Pirrotta e Davide Taibi dell’Università di Messina, esperti di ontologie, linked open data e sul web semantico. Ne abbiamo parlato qui recentemente anche con Andrea Borruso in un’intervista di approfondimento dei dati parlamentari rilasciati in formato aperto.
L’evento ha visto la partecipazione di esperti del mondo open data, aziende e cittadini curiosi di approfondire il tema e mettere le mani nei dati di #OpenArs.
Il raduno ha previsto un’ampia giornata di convegno ospitato presso la sede dell’ARS a Palazzo dei Normanni, con interventi finalizzati ad approfondire il funzionamento dei Linked Open Data, delle Ontologie, a presentare casi ed esperienze di riuso dei dati provenienti da diverse Pubbliche Amministrazione nonché meccanismi operativi e approcci culturali che permettano alle Pubbliche Amministrazioni di muovere passi avanti, tutte insieme, verso il mondo affascinante dell’ interoperabilità e della data governance territoriale.
La seconda giornata è stata la giornata dell’hackthon. Una sessione di didattica di spiegazione delle ontologie e dell’ ontologia specifica di OpenArs, propedeutica alla parte più entusiasmante del “fare”: mettere le mani tutti insieme su OpenArs.
Tenutosi presso gli spazi di Crezi.Plus ai Cantieri Culturali della Zisa, l’hackthon ha visto all’opera attivisti più o meno esperti che si sono confrontati su dati, mappe e soluzioni di restituzione dei dati di #OpenArs. È stata l’occasione per incontrare e vedere lavorare tutti insieme su un progetto vecchi e nuovi amici Vincenzo Patruno, Ilaria Vitellio, Giorgia Lodi, Ciro Spataro, Andrea Borruso, Guenter Ricther, Marina Galluzzo, Francesca Gleria, Valentina Bazzarin, e molti altri!
Qui tutto il materiale dei due giorni:
- Video del convegno: prima parte e seconda parte pubblicati sul nostro canale YouTube.
- Le presentazioni dei relatori qui
- Una ricca gallery di foto del convegno e dell’hackthon
- Un report twitter con alcuni momenti di #ODS18
Sono stati due giorni intensi, da cui usciamo con un bagaglio ricco di considerazioni:
1) le esperienze di innovazione che nascono e si sviluppano nei territori sono un tesoro prezioso a cui istituzioni e pubbliche amministrazioni devono guardare con curiosità e visione strategica. È proprio qui che alle PA è richiesto un ruolo di aggregatori, di collanti, di incubatori, per mettere a sistema questa innovazione e amplificarla;
2) essere community attorno al concetto di #openness vuol dire mettere a servizio di un territorio sapere e competenze che permettono a quel territorio di crescere e di innovarsi. Vuol dire creare sempre nuovi stimoli per i più “bravi” e non lasciare indietro i meno esperti, perché tutti possono dare un contributo nella costruzione del bene comune. Ma vuol dire in maniera strabica rispondere ai bisogni del territorio andando oltre il territorio stesso. Vuol dire diventare un luogo di contaminazione tra esperienze e territorialità diverse, perché l’arricchimento viene dal confronto.
3) c’è ancora da fare per rendere comprensibili e quindi applicabili i concetti che stanno dietro e dentro al mondo open data “avanzato”. Linked Open Data e Ontologie sono parte del mondo bellissimo dell’interoperabilità e della conoscenza collettiva ancora poco conosciuti e ritenuti di nicchia. E lo sono, purtroppo ancora spesso, anche all’interno della PA locale, dove una competenza adeguata permetterebbe invece di muoversi su una base di conoscenza comune (ontologie e vocabolari controllati). Come dice Ciro Spataro in questo interessante contributo post-raduno permetterebbe di “usare lo stesso linguaggio nella gestione digitale di processi amministrativi, con il risultato che i dati derivanti da questi applicativi [usati dalla PA, ndr] sarebbero direttamente confrontabili tra di loro e messi in relazione diretta ”.
4) dietro i sistemi che permettono di standardizzare, interoperare, aggregare dati c’è molto più “elemento umano” di quanto si possa pensare. Si parte dallo straordinario quanto elementare modo di organizzare le informazioni e dare senso al mondo proprio dell’uomo (la tripla delle ontologie ci ha conquistati!) per potenziare di fatto la capacità dell’uomo di fornire soluzioni, della PA di erogare servizi migliori, del cittadino di accedere alla conoscenza.
Unica condizione di base: lavorare bene, aprire dati di qualità, usare standard in modo corretto.
A noi non resta che augurare a tutte le community opendata che operano sui territori buon lavoro, a tutta #openness!