Politiche urbane: diamo ai Comuni risorse e competenze per realizzare i progetti
Cosa
vorrebbe dal nuovo governo Paolo Testa, Capo dell’Ufficio Studi di ANCI,
Associazione Nazionale Comuni Italiani.
14 Febbraio 2018
Michela Stentella
Guardando alle politiche per le città, ci sono due piani diversi su cui ragionare: da un lato le iniziative istituzionali avviate o da avviare, con una prospettiva quindi normativa/giuridica, dall’altro lato i percorsi e le iniziative progettuali. Parte da qui la riflessione di Paolo Testa* su quanto è stato fatto negli ultimi anni e su cosa dovrebbe fare il nuovo governo per dare il giusto peso alla dimensione urbana.
Cosa riprendere e sviluppare: Riforma degli enti locali, Agenda digitale, PON Metro e Bando periferie
“Partendo dalle iniziative politiche e istituzionali, un posto centrale occupa certamente l’attuazione della Riforma Delrio che dopo il referendum sta attraversando un momento di pausa. La Riforma, infatti, per essere compiuta prevedeva il completamento sul piano costituzionale della riforma delle Province, cosa che non è avvenuta. Il rischio è che si blocchino molti, se non tutti, i precetti che quella legge individuava, rischiando di lasciare in uno stato di pericoloso indebolimento diversi percorsi avviati, penso principalmente alle Città metropolitane. Il prossimo governo dovrebbe decidere quali percorsi giuridici di completamento far prendere alla legge, dovrebbe definire, anche attraverso interventi regolativi molto semplici, quali sono le funzioni fondamentali delle città metropolitane e fornire un quadro certo di finanza all’interno del quale possano esercitare queste funzioni. Bisogna poi tenere vive leggi di riforma che hanno un impatto diretto sui Comuni, leggi che si trovano in un avanzato stato di trasformazione, ma che necessitano di avallo politico per essere completate e raggiungere i risultati che tutti auspichiamo: penso in particolare all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente e, più in generale, al completamento dell’Agenda digitale. In questo caso serviranno non tanto misure di taglio normativo, quanto sostegni operativi progettuali che diano compimento ai progetti di legge.
Passando quindi proprio al piano delle progettualità, porrei l’accento su due misure che risalgono più indietro negli anni, ma sulle quali anche l’ultimo governo si è molto impegnato e che agiscono portando importanti risorse direttamente sulle città. Mi riferisco al PON metro, unica iniziativa a livello europeo di piani operativi nazionali a diretto beneficio delle città, e al Bando periferie. Si dovrebbe dare un seguito operativo importante a entrambe le iniziative. Come? Per il PON metro, mettendo in campo tutte le risorse possibili per mantenere gli impegni che le città hanno assunto nei confronti del governo e dell’Europa, quindi usare le misure complementari e i piani di rafforzamento amministrativo per dare sostegno alle città nella spesa, nel dare attuazione ai progetti presentati e approvati. Stesso ragionamento sul Bando periferie: dare la possibilità alle città di essere fattive, mettendo in campo le condizioni di cui hanno bisogno per aprire i cantieri.
Cosa abbandonare: le politiche settoriali e le misure straordinarie
“Il bando periferie, una misura tanto importante che arriva a mobilitare quasi 4 miliardi di euro complessivi, non si colloca tuttavia all’interno di una più ampia strategia nazionale, cosa che invece dovrebbe essere abbastanza naturale. Il Bando, infatti, fa il paio con la strategia nazionale sulle aree interne concentrandosi sulle aree urbane. Il prossimo governo dovrebbe essere più esplicito nella definizione di questa strategia e nel darle seguito, rendendo stabili misure di finanziamento che, ad oggi, sono state pur importanti ma straordinarie. In questi anni abbiamo avuto una predominanza delle politiche settoriali rispetto alle politiche di sistema. Il fatto che in così tanti anni non ci sia stato un ministro per le politiche urbane (l’ultimo è stato Carlo Tognoli a fine anni ‘80) è perché si è preferito aggredire i problemi rispetto alla loro natura e non rispetto al luogo dove il problema si presentava. Le politiche urbane poi hanno trovato poco riscontro anche all’interno delle politiche settoriali, un esempio importante è la questione abitativa non affrontata in modo adeguato da più di 20 anni. Finalmente si sta cominciando ma sempre su base locale, non con politiche nazionali. Del resto, basti pensare che non esiste un’Agenda urbana nazionale nonostante ci sia un obiettivo di sostenibilità dell’ONU dedicato a questo (il Goal 11) e nonostante abbiamo un’Agenda urbana europea che ci richiama in questo senso. Di conseguenza, il governo ha frammentato le responsabilità all’interno della presidenza del consiglio e del consiglio dei ministri, e forse in questo senso la mancanza più grave è stata quella di generare azioni fuori da un quadro determinato di politiche.”
Cosa vorrei per il 2018: pensiero, strategie, politiche e risorse stabili e certe per gli interventi in ambito urbano
“Prima di tutto vorrei che fossero date ai Comuni le risorse e le competenze necessarie: qui ci sarebbe da aprire un capitolo importante sulla valorizzazione del lavoro pubblico e sulla possibilità di favorire il turn over e quindi anche le nuove professionalità. Si dovrebbe quindi prevedere un insieme di azioni che sostenga i Comuni sul piano della programmazione, della progettazione degli interventi e della previsione di politiche ideali di cambiamento, con particolare attenzione alle aree più degradate e alle periferie. Il nuovo governo, in definitiva, dovrebbe porsi una prospettiva più urbanocentrica, in cui le misure siano tra di loro integrate, in cui ci sia una visione olistica e strategica sulla città per un miglioramento reale della qualità di vita dei cittadini. Vanno individuati standard (ad esempio per la costruzione delle infrastrutture), protocolli a cui occorre attenersi per le nuove costruzioni, si dovrebbe essere più stringenti ed efficaci sulle condizioni che i Comuni devono rispettare per sviluppare le loro politiche”.
*Genovese, Capo Area Studi e Ricerche dell’ANCI e Responsabile dell’Osservatorio Nazionale Smart City dell’Anci. Laurea in scienze politiche e master in innovazione nelle pubbliche amministrazioni. Da più di vent’anni si occupa delle politiche nazionali di supporto all’innovazione amministrativa e al cambiamento nelle città, all’inizio in consulenza, poi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ora all’ANCI.