La formazione per i lavoratori pubblici sta sbagliando strada: prepara le persone a lavorare in una PA che non serve più neppure a se stessa

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Solo il 61,3% dei dipendenti pubblici ha fatto formazione nell’ultimo anno, quasi solo su temi giuridico-normativi e tecnico-specialistici, poco su soft skills. Competenze manageriali e abilità relazionali inutilizzate: il 48,4% fa lo stesso lavoro da oltre 10 anni. Il 43,6% sente di avere “molte più competenze” di quelle che servono nel lavoro quotidiano. L’autoformazione (48,5%) e lo stesso esercizio del ruolo (31,2%) i principali motivi di crescita. Sono i risultati dell’indagine condotta da FPA sulle competenze dei dipendenti pubblici che ha coinvolto un panel di circa 1350 persone (di cui l’81,5%% dipendenti pubblici), presentata oggi a FORUM PA 2018.

24 Maggio 2018

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Redazione FPA

Alla PA servono competenze organizzative, manageriali e tecnologiche per gestire i cambiamenti in atto, pianificare, programmare, lavorare per progetti, utilizzare le opportunità d’innovazione offerte dal digitale. Tuttavia, i dipendenti pubblici che nell’ultimo anno hanno ricevuto formazione (6 su 10) dichiarano di essere stati aggiornati prevalentemente su temi giuridico-normativi (32,2%), informatica e telematica (12%), materie tecnico-specialistiche (11,8%), quasi nulla sulle lingue straniere (4%), i temi manageriali (5,3%), la comunicazione (8,4%), l’organizzazione (9,4%).

Sono i risultati dell’indagine condotta da FPA sulle competenze dei dipendenti pubblici che ha coinvolto un panel di circa 1350 persone (di cui l’81,5%% dipendenti pubblici) e presentata oggi a FORUM PA 2018.

“L’indagine sulle competenze dei lavoratori pubblici rivela che siamo sulla strada sbagliata per cambiare la PA – commenta Carlo Mochi Sismondi -: con una formazione scarsa, per lo più su materie o specialistiche o giuridiche, il settore pubblico può al massimo fare un po’ meno errori nei compiti che già svolge e migliorare l’efficienza di procedure spesso inutili o assurdamente complicate. La formazione invece dovrebbe trasferire ai lavoratori le competenze in grado di accelerare l’evoluzione della PA per consentirle di aprirsi ai cittadini, alle imprese, al contesto internazionale”.

Ma cosa ne pensano i dipendenti pubblici? Il 43,6% dei lavoratori dei diversi comparti della PA dichiara di avere “molte più competenze” di quelle che servono nel proprio lavoro quotidiano e il 34,5% ritiene le sue competenze, comunque, “adeguate”. La formazione ricevuta nell’ultimo anno, è giudicata utile dall’80% di chi ne ha beneficiato, anche se i lavoratori sostengono che il principale motivo di crescita delle proprie competenze siano stati l’autoformazione (48,5%) e l’esercizio stesso del proprio ruolo (31,2%) piuttosto che la formazione ricevuta (9,5%).

In sostanza, chi lavora nel pubblico oggi non sente alcun bisogno di acquisire competenze manageriali o abilità relazionali, comunicative e gestionali. E questo per un semplice motivo: non le usa. Quasi il 50% degli intervistati fa lo stesso lavoro da oltre 10 anni e, rispetto alle mansioni da svolgere nel quotidiano, l’aggiornamento sentito come necessario è prevalentemente legato a conoscenze specialistiche riferite al proprio settore professionale (29,4%), conoscenze normative (27,2%) e competenze tecnologiche (20,5%). Solo il 12,8% reclama competenze relazionali e l’8,6% di competenze manageriali.

“Non siamo di fronte a personale iper-qualificato, ma a lavori semplici, svolti per anni, senza alcun meccanismo di job rotation, in cui le uniche variazioni su cui c’è da aggiornarsi riguardano norme, procedure e aspetti tecnici – sottolinea Gianni Dominici. Se la PA resta ripiegata sui suoi stessi processi, piuttosto che formare i propri dipendenti ai nuovi compiti che le spettano, andiamo nel futuro con una PA del passato”.

Questa situazione, che non sembra essere percepita come critica dai dipendenti pubblici, appare invece chiara a chi si trova a interagire con la PA: secondo cittadini e imprese coinvolti nel Panel di FPA i gap da colmare prioritariamente nella Pubblica Amministrazione sono proprio le competenze organizzative (30,6%) e manageriali (23,4), quelle su cui i dipendenti pubblici non credono di avere bisogno di aggiornamento e quelle su cui minore è la formazione erogata.



I dipendenti pubblici che hanno fatto formazione
Hanno ricevuto formazione nel 2017, 6 dipendenti su 10. Si tratta prevalentemente di una forma “manutentiva” di aggiornamento. Serve ad aggiornarsi su come funziona la stessa macchina amministrativa e non su come evolvono i bisogni di cittadini e imprese, né tanto meno sul ridisegno della governance o sulle dinamiche di sviluppo sociale ed economico. Corsi che spesso rientrano cioè nella formazione obbligatoria.


Le modalità della formazione
La formazione è erogata principalmente in aula (35,9%), attraversi seminari, convegni e workshop (25,7%), a cui si accostano i corsi on line (22,1%). Si tratta di corsi di 2 o 3 giorni che servono ad aggiornare i dipendenti sulle – per altro sempre più complesse – novità normative, tecniche o tecnologiche.


Le ore di formazione
Nella maggioranza dei casi, il 37,3% i dipendenti pubblici hanno svolto più di 24 ore di formazione nell’ultimo anno. Il 22,2% 9-16 ore, il 19% 5-8 ore, il 16% 17-24 ore. Solo il 5,45 meno di 5 ore.


Gli argomenti della formazione
Gli argomenti sui quali si è maggiormente concentrata l’attività formativa dell’ultimo anno sono stati quelli giuridico-normativi (32,2%), informatica e telematica (12%), materie tecnico-specialistiche (11,8%). L’attenzione formativa è legata alle funzionalità specifiche dell’Amministrazione, che sembra molto attenta a generare miglioramenti interni (recupero di efficacia, conoscenza e rispetto delle regole, innovazione degli strumenti) e meno invece a rafforzare, e trasferire a chi lavora nel pubblico, conoscenze e competenze legate all’esigenza di adeguare e rendere adattiva la PA a mutamenti riferiti al territorio, ai cittadini, alle imprese, ma anche al contesto internazionale nonché ad accelerarne i mutamenti strategici ed organizzativi.

Chi decide quale formazione fare
Gli interventi formativi vengono prevalentemente individuati dalle amministrazioni sulla base delle indicazioni formulate dai responsabili di settore (21,9%) o dalle richieste segnalate dai dipendenti (18,9%), in molti casi sono definite sulla base delle risorse finanziarie aggiuntive assegnate (16,7%) e nel 15,9% dei casi derivano da un’analisi dei bisogni dell’organizzazione.


Non solo formazione interna alla PA
Il 91,5% dei dipendenti intervistati aggiunge alla formazione offerta dalla propria organizzazione percorsi di autoformazione, quali la lettura di articoli e riviste specializzate (29,1%), la partecipazione a workshop, seminari o convegni (24,2%) e il 22,9% si occupa del proprio aggiornamento attraverso webinar o corsi on line.


L’opinione dei dipendenti pubblici
La formazione nella PA appare coerente con i bisogni espressi dai dipendenti: circa l’80% di chi ha preso parte a iniziative di formazione nell’ultimo anno le reputa “complessivamente utili”.


Per la PA che abbiamo i dipendenti pubblici sono (o si sentono) fin troppo competenti. “Ho molte più competenze di quelle che metto in campo nel lavoro quotidiano”: risponde così il 43,6% dei dipendenti pubblici, per un altro 34,5% le competenze possedute sono adeguate a ciò che fa, e meno del 20% pensa che, per far bene il proprio lavoro quotidiano, avrebbe bisogno di più formazione e aggiornamento.


Quasi metà dei dipendenti pubblici, il 48,4%, svolge lo stesso ruolo/ mansione da oltre 10 anni. Il 21,6% da 6-10 anni, il 23.45 da 2-5 anni, solo il 5,5% da meno di due.


Dopo una media di 12 anni dal proprio ingresso nelle PA i 1100 dipendenti pubblici che hanno preso parte all’indagine di FPA reputano le proprie competenze cresciute soprattutto grazie all’autoformazione (48,5%) e all’esercizio de proprio ruolo (31,2%). Decisamente inferiore il numero di chi pensa che sia stata la formazione ricevuta a far aumentare le proprie competenze professionali (9,5%).



Metodologia del sondaggio. Hanno partecipato al Panel 1.346 persone. Di queste, l’81% sono dipendenti pubblici, ovvero 1.091 persone, di cui il 31,8% impiegato in Regioni e autonomie locali e il 14,8 % in Ministeri e Presidenza del Consiglio, il 10,4% in università e centri ricerca e anche se in misura minore hanno partecipato al panel anche dipendenti degli Enti pubblici non economici (5,9%), della scuola (3,9%), delle Agenzie Fiscali e del Sistema Sanitario locale. Le donne nel panel rappresentano il 55%. Pochi i giovani: non arrivano neppure al 4% i rispondenti che hanno meno di 35 anni, mentre rappresenta il 58,1 % chi ha tra i 36 e i 55 anni. Il sondaggio è stato svolto online tra il 29 marzo e il 13 aprile 2018.

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