Il Cad cade ma noi (gli italiani) lo tireremo su
10 Febbraio 2016
Flavia Marzano, presidente Stati Generali dell'Innovazione
Le modalità di stesura del decreto di modifica del CAD non sono state davvero trasparenti e aperte (chi ha proposto emendamenti? Con quali motivazioni?) e i risultati lo sono anche meno purtroppo.
Non solo per tutto quanto detto sul formato dei dati (che pare non servano più in almeno un formato aperto) e del software libero (che diventa ancora più opzionale), ma anche per uno scivolone davvero di poca “classe”: la prima versione della pubblicazione delle modifiche e integrazioni al CAD (se pur si parla di esame preliminare) è stata pubblicata in un formato non solo non editabile, e che quindi non consente un facile confronto “a macchina” con la normativa esistente (ma non si parlava di open data una volta? E open data non significa forse anche “machine readable”?), ma anche e soprattutto per la totale cecità (parola non usata a caso purtroppo) nei confronti di chi non può leggere i documenti in rete se non sono accessibili (per chi volesse approfondire il significato di accessibile, ma sono certa che i nostri lettori sanno di che cosa sto parlando, può approfondire qui www.webaccessibile.org), ovvero anche in questo caso leggibili da un macchina (da un sintetizzatore vocale per i non vedenti, ad esempio).
> Questo articolo fa parte del dossier “Speciale CAD, grandi firme commentano il codice della PA digitale”
Sembra non solo mancanza di sensibilità (si potrebbe pensare a distrazione dovuta all’emergenza o all’urgenza anche se di emendamenti al CAD si parla da mesi), ma la cosa che colpisce di più è totale la mancanza di rispetto delle regole da parte di chi le regole genera e soprattutto dovrebbe far rispettare.
E aggiungiamo un’altra piccola “disattenzione”: al Capo V – Dati delle pubbliche amministrazioni e servizi in rete, nella Sezione I – Dati delle pubbliche amministrazioni, nella versione attuale è stato abolito l’Art. 50 bis in cui si dava l’obbligo alle pubbliche amministrazioni di definire:
- il piano di continuità operativa, per fissare obiettivi, principi e procedure per la gestione della continuità operativa, tenendo conto delle potenziali criticità relative a risorse umane, strutturali, tecnologiche e con l’obbligo di contenere idonee misure preventive;
- il piano di disaster recovery, che definiva le misure tecniche e organizzative per garantire il funzionamento dei centri di elaborazione dati e delle procedure informatiche rilevanti in siti alternativi a quelli di produzione.
Mentre riesco a capire (anche se non condivido) che un Comune di 100 abitanti possa “permettersi” di perdere i dati anagrafici dei propri cittadini, sono davvero un po’ perplessa pensando che un servizio sanitario possa perdere i miei dati mentre sono in sala operatoria solo per un “disaster” di cui non è stato previsto il “recovery” e per mancanza di continuità operativa.
Il CAD cade ma noi (gli italiani) lo tireremo su. Stiamo lavorando a emendamenti che volentieri offriremo al Governo per fare una norma migliore, magari aprendo una consultazione permanente proprio per evitare scivoloni analoghi in futuro: la società civile è più civile di quando vogliate credere… politici provate ad ascoltarla nel vostro e nel nostro interesse: grazie!