La conoscenza dei fenomeni è elemento determinante per garantire lo stato di benessere delle persone. Come sempre, conoscere consente di evitare, prevedendoli, errori o comportamenti, che possono influire sullo stato di salute. L’osservazione critica di cosa ci comunica l’“ambiente” che ci circonda, sia essa materiale o immateriale, è fondamentale per correggere usi e consuetudini consolidate.
Da medico mi piace ricordare Ignác Fülöp Semmelweis, che a metà dell’ottocento, osservando come si svolgeva la giornata delle donne ricoverate nel reparto di ostetricia dell’ospedale di Vienna e degli studenti di medicina dell’università locale, comprese l’origine della febbre puerperale che uccideva la maggior parte delle puerpere. Semplicemente, osservò che gli studenti di medicina, in un’epoca in cui non si comprendeva ancora il nesso tra agenti infettivi e malattia, dopo la lezione di anatomia patologica, quindi dopo aver manipolato reperti infetti, proseguivano la giornata universitaria presso il reparto di ostetricia e questo era accompagnato, molto spesso, da epidemie di febbre puerperale. Per verificare ciò, impose agli studenti di lavarsi le mani con ipoclorito di calcio. Gli episodi di febbre puerperale crollarono. Era il 1847 un decennio prima del grande Pasteur. L’importanza dell’osservazione fu tale che ora, nel 2013, l’UNESCO ha inserito alcuni documenti della ricerca nel registro della memoria del mondo. Questo straordinario uomo aveva riempito, meticolosamente, qualche foglio di carta riportando il numero delle ricoverate, il numero delle febbri, la loro collocazione nel reparto, quando erano state ricoverate, confrontando altri dati, anch’essi meticolosamente appuntati, che riguardavano l’”ambiente” proprio del reparto. Osservò che vi era un’alta coincidenza tra la lezione di anatomia patologica seguita dalla lezione di ostetricia. Pertanto, dopo aver studiato e dedotto un modello, trasmissione con le mani, ripeto su elementi a lui sconosciuti (i batteri), pose in essere una modifica dei comportamenti che cambiò completamente l’ecosistema della clinica universitaria.
I dati, strutturati e non strutturati, parlano, dicono qualcosa che può essere interpretato e ricondotto a modelli. Ai giorni nostri, la produzione di dati utilizzabili è continua e, se vogliamo, pervasiva/invasiva. Nostre tracce digitali che contengono un “pezzetto” di noi sono, coscientemente ma anche incoscientemente, disseminate giornalmente, come l’esfogliazione cutanea o la saliva nella zona di un crimine; ad esempio, quando riceviamo cure, una prescrizione medica, un certificato di malattia, ma anche il movimento della distribuzione di farmaci o dei dispositivi. Vi sono poi i dati strutturali, della rete di erogatori per il SSN (dal numero posti letto agli aspetti economici) . Questi dati digitali sono utilizzati per comprendere il fenomeno utilizzando metodi di analisi descrittiva. In sostanza si descrive ciò che accade utilizzando indicatori o misure prestabilite. Il processo ha una sua dinamicità e il flusso con dati di sintesi (numero dei ricovero annui, numero posti letto per popolazione, e così via) e in alcuni casi individuali (prescrizione farmaceutica, vaccinazioni, ecc.) consente di conoscere come si modifica l’ecosistema SSN con l’introduzione di disposizioni o nuove variabili. Però ora esiste una mole d’informazioni, codificate o no, che è possibile accedere per conoscere i fenomeni e predire, attraverso modelli, cosa succederà. In sostanza, non si aspetta più ciò che accade, ma si cerca di prevedere cosa accadrà.
La complessità della vita è nota: basta considerare l’enorme mole di informazioni che contiene il DNA, non solo per l’espressione di un gene, ma per come questo interagisce con tutti gli altri, rendendo inimmaginabili le possibili combinazioni. Nello stesso tempo, i comportamenti umani sono assolutamente diversi in evoluzione e diversi per locazione, età, genere ecc. Anche loro creano una interazione di dimensioni sbalorditive. Se questo avviene nel mondo digitale, le dimensioni sono straordinarie: in 60 secondi sono effettuate 2 mln di ricerche su google, 200 milioni di email, 20 milioni di foto visitate ecc. I numeri sono impressionanti e questi depositi virtuali sono i Big Data. I Big Data sono caratterizzati per il volume, la velocità e la varietà dei dati.
I due elementi, quello che siamo (DNA) e nello stesso tempo quello che facciamo, generano un insieme di conoscenze che, come al Semmelweis, possono suggerire modelli, attraverso algoritmi, che ci consentano di prevedere e prevenire fenomeni nella società e nei singoli cittadini. Le azioni messe in campo per contrastare questi fenomeni possono essere verificate, attraverso analisi “meno dinamiche” ma che fotografano la situazione nel momento che si è deciso. Ciò ci permette di conoscere lo stato di salute dell’SSN e del singolo cittadino. Questa è la sfida strategica non dimenticando, però, che molto deve ancora essere fatto per digitalizzare il Paese. Ma questo non può e non deve impedirci di prepararci al futuro.