Ict, servizi on line, eGovernment: concentriamoci sulla governance
Cosa si
aspetta dalla prossima legislatura Michele Benedetti, Direttore
dell’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano.
7 Marzo 2018
Michela Stentella
Per non disperdere gli effetti positivi avviati con il Piano triennale per l’informatica nella Pubblica amministrazione si deve avviare una seria riflessione sul tema della governance, che deve essere così strutturata: livello centrale, soggetti aggregatori, centri di competenza, gestori delle soluzioni. Senza dimenticare di sviluppare strumenti di condivisione del sapere. Queste le aspettative di Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano.
Cosa riprendere e sviluppare: l’approccio di sistema introdotto con il Piano triennale
Sicuramente una delle cose positive fatte dal governo passato è il Piano triennale per l’informatica nella Pubblica amministrazione. Uno dei problemi che ha sempre un po’ condizionato la capacità di innovare e fare eGovernment in Italia è stato il frazionamento della spesa in Ict, unito a quelle che sono le autonomie delle singole amministrazioni, quindi l’incapacità di fare sistema e sinergia su questi temi. Il Piano triennale invece individua piattaforme centralizzate – come SPID, PagoPA, ANPR – e indica dei tempi fermi su cui tutte le PA devono cominciare a ragionare in maniera omogenea e unitaria. Abbiamo finalmente una base comune da cui partire. Queste piattaforme possono fornire una risposta univoca e sistemica a diverse difficoltà di tipo organizzativo. Per esempio le amministrazioni hanno sempre sollevato il problema della gestione di tutti i pagamenti che gravitavano intorno ai servizi di eGov. Ora, al di là del fatto che queste piattaforme possano diventare obsolete ed essere sostituite da altre, l’aspetto positivo è la possibilità di cominciare a lavorare insieme nell’adottare soluzioni condivise a livello nazionale. Oggi, per esempio, le Regioni si stanno impegnando nel supportare gli enti del proprio territorio a dare seguito ai programmi definiti all’interno del Piano triennale. Gli enti, da parte loro, stanno cominciando a confrontarsi su quali possano essere le soluzioni tecnologiche e organizzative migliori e stanno cercando di mettere a sistema competenze e risorse per adottare queste soluzioni. Questi sono gli effetti positivi che si stanno generando collateralmente a queste norme.
Cosa abbandonare: le soluzioni valide per tutti e la norma onnipresente
Siamo stati costellati negli anni da iniziative sbagliate non tanto nella concezione quanto nella messa in pratica, nell’attuazione. Pensiamo per esempio alla Carta di identità elettronica, che a breve tutti avremo, ma di cui si ne parla da 15 anni, o alla razionalizzazione dei data center, una cosa evidentemente necessaria, che si è cominciata a perseguire diversi anni fa, ma che oggi diventa più gestibile perché sono cambiate le tecnologie. Ci sono quindi iniziative che non sono state sbagliate nell’ideazione, ma nell’implementazione . Ora penso per esempio alla PEC, le imprese la usano perché la trovano funzionale ed economica, ma c’è da capire se effettivamente è necessario utilizzarla anche nelle interazioni PA-cittadino. Non è detto che una soluzione valida e che funziona bene, funzioni bene per tutto e per tutti. Ci possono essere alternative altrettanto funzionali. Per esempio in un sistema “chiuso” come quello giudiziario, dove abbiamo da una parte i tribunali e gli altri uffici giudiziari e dall’altra il mondo degli avvocati che sono censiti e riconosciuti, forse non era necessario forzare l’introduzione della PEC a discapito di soluzioni che funzionavano già. Potrebbero esserci soluzioni informatiche altrettanto efficaci e più adatte a questo contesto, come quelle usate all’interno del processo civile telematico. Un’altra cosa da non fare, per la quale mi aggancio al CAD: non dobbiamo incardinare tutto all’interno di una legge. Dobbiamo lasciare che la norma individui i principi e inserire invece le possibili soluzioni all’interno di regolamenti. Le soluzioni, infatti, non possono essere che temporanee, oggi c’è SPID e domani chi lo sa, per cui questa soluzione non dovrebbe essere incardinata all’interno di una legge.
Cosa vorrei per il 2018: una riflessione approfondita sul tema della governance
Ancora oggi circa 5 miliardi di spesa in Ict è frammentata in N soggetti: Regioni, Comuni, Aziende ospedaliere. Quindi è fondamentale evitare di fare investimenti che siano tra di loro in antitesi, ma mettere a sistema esperienze e competenze che sono difficili, tra l’altro, da reperire all’interno di un unico ente pubblico, soprattutto oggi che tecnologie e soluzioni evolvono velocemente. Ci dobbiamo concentrare sulla governance. Ci deve essere una regia centrale, che può essere rappresentata da agenzie come AgiD ma non solo, perché oggi l’informatica pervade qualunque settore ed è necessario un coordinamento tra tutti i soggetti che su questo tema possono dire qualcosa, dall’Ambiente al MIUR al MISE, che hanno anche risorse dedicate. Fondamentale il ruolo dei soggetti aggregatori, che devono supportare le amministrazioni del territorio di riferimento nell’adozione del Piano triennale e che possono essere le regioni, ma anche province, città metropolitane, etc. E poi i centri di competenza, perché oggi specializzarsi su un tema, indirizzare strategie e spesa, è fondamentale. Altro livello è quello delle soluzioni: oggi ci sono in Italia molte best practice, domandiamoci quali possono assurgere a ruolo di piattaforme di riferimento a livello nazionale. Dobbiamo quindi ripensare una governance così strutturata: livello centrale , soggetti aggregatori, centri di competenza, gestori delle soluzioni, sviluppando poi strumenti di condivisione del sapere. Dobbiamo anche ricordare che AgiD fa un po’ fatica a fare il suo lavoro che consiste non solo nel dare regole di riferimento, ma anche nel cercare di garantirne l’attuazione. Servono o risorse economiche per poter condizionare l’azione delle amministrazioni, oppure la possibilità di sanzionare, come può fare per esempio l’ANAC. Le scadenze di AgiD non vengono rispettate, oppure si adempie in maniera solo formale, perché comunque non succede nulla. Oggi gli strumenti che l’Agenzia ha a disposizione sono solo di moral suasion. Ovviamente, nel momento in cui introduciamo sanzioni o incentivi, anche le amministrazioni più piccole devono essere messe nella condizione di raggiungere gli obiettivi.
Per concludere, vorrei citare un altro aspetto fondamentale: la collaborazione pubblico privato, non solo nella fase di investimento ma soprattutto nella fase di manutenzione ed evoluzione delle soluzioni informatiche. È un problema di sostenibilità: creare nuove soluzioni informatiche è certamente complicato, ma manutenerle e farle evolvere tenendole al passo con l’evoluzione della tecnologia lo è ancora di più. Se il mercato può aiutare in questo senso la cosa diventa più fattibile. Si possono studiare nuovi modelli di business. Bisogna individuare su cosa deve concentrarsi la PA e su cosa invece il privato può intervenire a supporto di questo processo di cambiamento.