Riforma Brunetta: chi valuterà i dirigenti?
Nell’ambito di uno storico rapporto di amicizia e collaborazione con Cittadinanzattiva, riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo di Teresa Petrangolini, Segretario generale dell’associazione. Il tema è quello della valutazione della dirigenza pubblica. Considerando il cittadino-utente come una risorsa – sostiene la Petrangolini – sono due le questioni da affrontare: le fonti informative su cui si costruisce la valutazione e i soggetti che devono concorrere a realizzarla.
10 Febbraio 2010
Redazione FORUM PA
Nell’ambito di uno storico rapporto di amicizia e collaborazione con Cittadinanzattiva, riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo di Teresa Petrangolini, Segretario generale dell’associazione. Il tema è quello della valutazione della dirigenza pubblica. Considerando il cittadino-utente come una risorsa – sostiene la Petrangolini – sono due le questioni da affrontare: le fonti informative su cui si costruisce la valutazione e i soggetti che devono concorrere a realizzarla.
Con la Riforma Brunetta si rafforza il sistema di valutazione dei dirigenti della PA e del personale in generale. Si tratta di un passaggio importante che rende più vincolante e più serio il sistema premiante, spesso confinato ad essere un aspetto del tutto irrilevante della gestione del sistema amministrativo e della misurazione delle performances. Prova ne è il fatto che anche i corrispettivi economici, relativi al merito e al raggiungimento degli obiettivi, sono diventati via via sempre più esigui, rispetto alla retribuzione complessiva. Con la creazione del nuovo sistema che ha tra i suoi perni la nascita di organismi indipendenti di valutazione dei dirigenti, è possibile imprimere una svolta alla centralità del merito rispetto alla posizione e agli avanzamenti automatici di carriera. A questo punto si pongono almeno due questioni che fanno entrare in campo la risorsa “cittadino-utente”: le fonti informative su cui si costruisce la valutazione e soggetti che devono concorrere a realizzarla.
Nel primo caso potrebbe essere utile domandarsi: ma come può una amministrazione costruire una valutazione più oggettiva possibile di fronte a sistemi, come quelli delle amministrazioni pubbliche, che sono notoriamente complessi? Come evitare la classica buccia di banana dell’autoreferenzialità? Nessun dirigente può pensare che un’unica fonte possa dirgli “la verità” circa la capacità di un suo capo dipartimento o di unità operativa di raggiungere obiettivi adeguati ad esempio alle attese dei cittadini. Non basta il giudizio dei diretti superiori o l’indagine commissionata alla società esterna sul gradimento degli utenti. Ciò che fa la differenza è la capacità di utilizzare più fonti di informazione e più strumenti di misurazione. Se vorrò valutare un servizio rivolto al pubblico o comunque fortemente orientato all’utenza, non potrò non considerare quanti e quali reclami sono arrivati sul quel servizio o i punteggi emersi dalla valutazione civica (audit civico) sull’orientamento al servizio dei cittadini. Un sistema complesso come la PA non può avere una valutazione semplificata, perché è per sua natura multistakeholder e multifattoriale. Viceversa non si spiega come mai può succedere – e succede – che per una stessa Asl uno studio sulle performance aziendali e manageriali faccia risultare l’Ente al top della qualità, mentre la rilevazione dei cittadini sia di segno diametralmente opposto. La verità probabilmente non sta nel mezzo, come sarebbe semplicistico dire, ma sarà anch’essa articolata, così come la valutazione del dirigente di quel servizio.
Questo discorso esaurisce la prima questione, quella delle fonti e quindi degli strumenti di valutazione. Senza un lato civico – che vale massimamente per amministrazioni con forte impatto per i cittadini – la valutazione è monca ed eccessivamente semplificata. Mancherebbe il punto di vista di un soggetto esterno, che non è solo indipendente ma è anche interessato al buon funzionamento del servizio e soprattutto autonomo rispetto all’amministrazione. Ciò significa che le forme di audit civico sono indispensabili per una corretta misurazione della qualità degli operatori della PA e che i risultati della valutazione devono entrare come indicatori nel sistema premiante. Il rischio è altrimenti quello di far perdurare la situazione attuale, dove la gran parte delle informazioni sull’effettivo funzionamento di un Ente pubblico non entrano nel sistema di valutazione dei suoi dirigenti.
Il secondo tema riguarda chi deve materialmente fare la valutazione. In Italia esistono poche ma significative esperienze di presenza di cittadini “esperti” nei Nuclei di valutazione della dirigenza, prevalentemente concentrati nelle Asl. La Regione Lazio ha addirittura inserito prima in una linea guida e recentemente nel Piano sanitario regionale, quello costruito d’intesa con il Governo per risanare la sanità pubblica, la presenza in tali organismi di rappresentanti di organizzazioni di tutela dei diritti dei cittadini. L’esperienza di questi anni è stata molto positiva, non solo perché ha consentito l’inserimento di un punto di vista nuovo e non marginale nella valutazione, ma perché ha rafforzato l’idea che a far parte di questi organi debbano essere soggetti indipendenti, come prevede la Riforma Brunetta. Indipendenti non solo perché non lavorano nell’amministrazione che devono valutare – che sarebbe il minimo – ma perché portatori di una competenza civica esterna all’amministrazione, che ben si sposa con altre professionalità, come quella dei tecnici della valutazione, sempre più diffusi in Italia. Questo inserimento ha consentito con più facilità di realizzare l’obiettivo indicato sopra, vale a dire quello di costruire una valutazione multistakholder, rispondente alle esigenze di sistemi “aziendali” complessi. I risultati in molti casi sono stati molteplici: meno punteggi massimi con una graduazione corretta, apertura di un rapporto meno burocratizzato e più dialogico con i dirigenti giudicati, la messa in campo e la conciliazione tra punti di vista diversi, la collaborazione con i direttori generali per adeguare via via sistemi di indicatori e metodi di valutazione. Una esperienza positiva che andrebbe raccolta e valorizzata nella messa in opera della nuova riforma.