EDITORIALE
PA abilitante e Open Governance: cosa cambia per la PA?
Mancano più o meno tre mesi al prossimo FORUM PA 2018 che, come abbiamo già avuto modo di dire, sarà un momento di confronto teso alla redazione di un programma d’innovazione della PA da proporre al prossimo Governo. Con questo primo e provvisorio position paper esplicitiamo in grande sintesi, ma con chiarezza, quali sono gli assunti da cui partiamo, quando parliamo dell’esigenza di un nuovo paradigma di amministrazione abilitante che si basi sulla collaborazione e la sussidiarietà orizzontale
21 Febbraio 2018
Carlo Mochi Sismondi
Mancano più o meno tre mesi al prossimo FORUM PA 2018 che, come abbiamo già avuto modo di dire, sarà un momento di confronto, elaborazione e proposizione teso alla redazione di un programma d’innovazione della PA da mettere, con determinazione, sulla scrivania del prossimo Governo, quale che sia.
A questo punto ci sentiamo in obbligo di esplicitare in grande sintesi, ma con chiarezza, quali sono gli assunti da cui partiamo, quando parliamo dell’esigenza di un nuovo paradigma di amministrazione abilitante che si basi sulla collaborazione e la sussidiarietà orizzontale.
Ecco quindi, con un primo e provvisorio position paper, il filo del nostro ragionamento che vuole essere anche alla base del programma della Manifestazione di maggio che vi proporremo con la prossima newsletter di fine mese.
- Lo sviluppo che vogliamo per il nostro Paese e per i nostri figli è uno “sviluppo equo e sostenibile” in linea con quello disegnato dai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), approvati dalle Nazioni Unite e recepiti dal nostro Governo.
- Vogliamo che questo sviluppo sia basato sui valori di quello che Rifkin chiamò “European dream”: partecipazione, democrazia, trasparenza, fiducia, coesione sociale, lavoro, tutela della salute, sicurezza fisica ma anche sociale ed economica, tolleranza e inclusione, libera produzione culturale, qualità del capitale sociale nelle nostre città e comunità territoriali, ricchezza delle reti di relazioni.
- Per raggiungere questi obiettivi il ruolo dell’amministrazione pubblica è fondamentale, ma ci serve una PA nuova, non tanto nella forma o nelle norme, ma nella sostanza e nei comportamenti. Una PA fondata su un diverso ruolo rispetto al solo fornire servizi e autorizzazioni. Un ruolo che superi il paradigma bipolare e la porti ad essere piattaforma abilitante per una nuova collaborazione tra le diverse componenti della società complessa in cui viviamo.
- Questa piattaforma non può fare a meno di un uso pervasivo ed intelligente delle tecnologie che comporta un potenziamento e una razionalizzazione dell’infrastruttura tecnologica che permetta una trasformazione digitale basata su dati, informazioni e conoscenza condivisa. La piattaforma digitale è anche l’unica base su cui si possono credibilmente innestare tutte le riforme di cui abbiamo bisogno: scuola, lavoro, sicurezza, sanità, welfare, fisco, politiche industriali, spending review.
- La trasformazione digitale non è di per sé garanzia di openness né di collaborazione, ma ne è comunque fattore necessario perché, se correttamente intesa, abbatte i silos, appiana le asimmetrie informative, rende possibile l’accountability e la partecipazione consapevole alle decisioni, orienta trasparentemente le scelte, rende possibile la collaborazione orizzontale e una efficace comunicazione.
- Questa trasformazione abilita quella “open governance”, di cui abbiamo parlato nel recente editoriale di Gianni Dominici, perché cambia necessariamente tutti i “fondamentali” della PA:
- cambia il lavoro pubblico e l’attenzione alla crescita delle persone con una cura maggiore verso la convergenza tra gli interessi dell’amministrazione e dei lavoratori, anche con il diffondersi del paradigma dello smart working;
- cambia la formazione e l’empowerment dell’amministrazione e dei suoi dipendenti, perché diverso è l’obiettivo: non più formare per un diligente adempimento, ma piuttosto per un creativo e aperto processo di continua negoziazione tra le parti della società e una regia capace di polarizzare gli sforzi sulla creazione di “valore pubblico”;
- cambia la dirigenza, perché i dirigenti che ci servono non sono più solo produttori di servizi e autorizzazioni o gestori di risorse, attenti solo al rispetto formale delle tante (troppe) norme e a non rischiare (burocrazia difensiva), ma registi dello sviluppo sostenibile tesi a massimizzare il valore pubblico e a identificare le reti presenti nelle comunità, con i loro valori e i loro talenti;
- cambia l’organizzazione degli enti e la loro stessa geografia perché si fondano ora sugli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere e sulla soddisfazione dei bisogni dei cittadini da garantire e non sull’approccio gerarchico, che premia efficienza ed esistenza rispetto a efficacia e coerenza;
- cambia il processo amministrativo verso una reale semplificazione e una corretta e integrata gestione documentale, in cui la norma sia al servizio dei bisogni dei cittadini e delle imprese e non viceversa, partendo dalle esperienze positive di lavoro collaborativo già innescato;
- cambia la comunicazione tra cittadini, imprese e istituzioni in un dialogo dove sia centrale l’ascolto degli stakeholders ed efficace l’utilizzo di tutti i canali che le moderne tecnologie ci offrono: dai social network ai chatbot, dai siti collaborativi alle occasioni di incontro e di lavoro insieme;
- cambia il procurement e più in generale il rapporto Pubblico-Privato perché una PA abilitante non può basarsi che su una reale, accorta e trasparente partnership tra le amministrazioni e il mondo della produzione e dei servizi avanzati, che molto spesso è titolare di saperi ed esperienze che possono tradursi in nuovi paradigmi anche tecnologici e in nuove frontiere d’innovazione;
- cambia il processo decisionale, che si basa sui dati (data driven decision), sulla loro raccolta multicanale, sulla loro corretta analisi e diffusione, permettendo quindi politiche partecipate che siano preventive, predittive e personalizzate;
- cambiano infine anche i servizi, non solo perché digitali e immediatamente fruibili, ma perché co-disegnati e progettati sulle esigenze di ciascun cittadino e perché anticipano i bisogni e, attraverso sistemi evoluti di notifiche, di autenticazione, di pagamenti, si allineano con le migliori pratiche di user experience sperimentate dalle più evolute piattaforme private.
È partendo da questi assunti che vi proponiamo un confronto che prepari il prossimo FORUM PA 2018 e che ci veda tutti attivi protagonisti.
Aspetto i vostri contributi.