La sperimentazione delle città intelligenti guarda ai modelli dell’Industria 4.0

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L’intelligenza delle nuove Smart city non si misura più nella capacità di sorprendere con “effetti speciali”, ma nella creazione di un rapporto di conoscenza reciproca tra città e cittadini. Perché sono intelligenti le città pensate per conoscere i cittadini e proiettate a farsi conoscere dai cittadini stessi. Il passaggio alla nuova fase delle Smart city arriva nel momento in cui si incontrano tre fenomeni: l’Internet of Things, i Big Data Analytics e una maggiore cultura di Governance digitale

9 Gennaio 2018

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Mauro Bellini, Direttore Responsabile Internet4Things e BigData4Innovation

Uno dei tratti del nostro tempo è quello della “contaminazione”. Non esiste fenomeno, sociale o professionale che non sia frutto di relazioni con altri fenomeni che ne favoriscono o scoraggiano l’adozione o lo sviluppo. Le Smart city sono, per definizione, un fenomeno che sollecita e stimola la contaminazione innovativa, spesso nella forma di relazione con altri processi di innovazione. Un esempio lo si può intravedere nei modelli di sviluppo delle città intelligenti con il fenomeno dell’Industria 4.0. Un progetto strutturale di gestione dell’innovazione nelle imprese che, nato nel perimetro degli stabilimenti e dei magazzini, sta esprimendo oggi chiaramente una capacità di innovazione, di integrazione e di trasformazione digitale, che fa sentire i suoi effetti ben oltre le linee di produzione, gli stabilimenti, l’automazione di fabbrica o le supply chain.

Il ponte tra le città intelligenti ripensate per fornire migliori servizi e le imprese ripensate nell’ottica Industria 4.0: il punto di sintesi non è tanto nella capacità di portare innovazione tecnologica, ma nella possibilità di immaginare nuovi spazi e nuove forme di convivenza e di lavoro. Se guardiamo oggi al senso di alcuni dei progetti più importanti di Smart city non possiamo non intravedere la volontà di un approccio alla relazione tra cittadino e ambiente pubblico, tra persona e servizi pubblici che nasce da una visione nuova, più ampia e più creativa ma soprattutto integrata.

L’immaginazione è uno dei segni di questo cambiamento di prospettiva e si accompagna all’esigenza di una nuova forma di Governance dei progetti a cui viene chiesto di garantire la visione digitale d’insieme dei progetti stessi. L’intelligenza delle nuove Smart city non si misura più nella capacità di sorprendere con “effetti speciali”, ma nella creazione di un rapporto di conoscenza reciproca tra città e cittadini. Perché sono intelligenti le città pensate per conoscere i cittadini e proiettate a farsi conoscere dai cittadini stessi.

Se guardiamo alla prima fase nello sviluppo delle Smart city ritroviamo lo sviluppo di progetti che usavano le migliori tecnologie disponibili, non necessariamente e solo quelle digitali, per migliorare i servizi, per ridurre i costi, per alzare il livello della qualità della vita dei cittadini. La tecnologia abilitava una nuova interpretazione dei servizi stessi, con un approccio guidato dalla specializzazione. Lo specialista dei pagamenti digitali che portava innovazione nel ticketing a livello di (alcuni) servizi pubblici, era quasi sempre scollegato dalle innovazioni attuate in altri ambiti.

Il passaggio alla nuova fase delle Smart city arriva nel momento in cui si incontrano tre fenomeni che hanno iniziato il loro cammino e il loro sviluppo in modo indipendente: l’Internet of Things, i Big Data Analytics e una maggiore cultura di Governance digitale.

Questi tre fattori non sono arrivati a incontrarsi a caso. Come sempre accade ci sono i pionieri che vanno a cercare il nuovo portando nelle città quei sensori, quelle videocamere, quei rilevatori di temperatura o luminosità, quegli apparati per controllare la qualità dell’aria o per gestire in modo più intelligente l’illuminazione pubblica, per costruire una visione di insieme, sperimentando un percorso di conoscenza che passa dall’uso della tecnologia per risolvere uno specifico problema, all’uso della tecnologia per generare conoscenza.

L’Internet of Things non è apparsa dal nulla e nemmeno è nata come effetto di un renaming in chiave di marketing di apparecchiature come sensori e rilevatori, forse poco accattivanti. L’Internet of Things è arrivata perché quel ruolo lì – vale a dire quello di leggere l’ambiente, l’aria, il rumore, la temperatura, la luce, la presenza di persone, la velocità di scorrimento delle auto o la presenza di animali – è stato reso possibile dalla disponibilità di tecnologie di rilevamento che hanno visto in poco tempo un aumento esponenziale delle performance e una contemporanea diminuzione dei costi. Un fenomeno che ha reso possibile l’adozione su larghissima scala di queste apparecchiature in tantissimi ambienti che un tempo non avrebbero mai potuto essere considerati per queste operazioni. Di innovazioni di eccellenza, ma isolate e i cui effetti benefici erano misurabili solo nello specifico perimetro scelto per quell’innovazione, ce ne sono state tante, e hanno sofferto il peso dell’isolamento, ovvero hanno espresso solo in misura marginale le loro potenzialità. La mancanza di un disegno complessivo ha vincolato molti progetti alle scelte tecnologiche e ha limitato i benefici a pochi cittadini, spesso i più dotati dal punto di vista della curiosità e della sensibilità nell’uso delle tecnologie. Ora lo scenario sta cambiando e in questo senso un contributo è arrivato anche da un fenomeno apparentemente lontano dalle città intelligenti come quello dell’Industria 4.0. L’approccio integrato, la visione progettuale basata sulla capacità di diffondere intelligenza in tutte le componenti dell’azienda per recuperare conoscenza, per analizzare prodotti e servizi e per progettare azioni e automatismi in grado di migliorare e velocizzare la produzione, ha favorito e accelerato il consolidamento di una cultura dei dati e della data science. Con questa prospettiva si aprono scenari capaci di mettere in relazione diversi piani di sviluppo con diverse tipologie di innovazione: la mobilità cittadina con il ticketing che si apre al digital payment e che si aggancia con lo smart building negli uffici pubblici; la sicurezza ambientale nelle strade e negli edifici come piattaforma anche per il risparmio energetico e per valutare la gestione dei carichi di lavoro e tanto altro.

Tutto questo ci conduce verso il grande tema della Governance intesa come la capacità di creare e coordinare i progetti con una visione di insieme e in modo integrato. Il tutto in un percorso che parte dalla definizione di regole e di linee guida comuni, di obiettivi condivisi e di visioni anche politiche e culturali.

Questo articolo è parte del dossier “Dalla smart city alla città sostenibile”.

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