Diritto di Accesso Civico: un concetto che cambierà la trasparenza PA

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6 Novembre 2015

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Angelo Alù, Generazione Ypsilon

Nell’ambito delle tappe evolutive della riforma della Pubblica Amministrazione, l’introduzione del diritto di accesso cd.”esoprocedimentale” ai documenti amministrativi, ha rappresentato un fattore decisivo per valorizzare il principio del buon andamento della PA, determinando lo storico passaggio da un regime improntato alla segretezza a un sistema moderno e innovativo caratterizzato da più incisivi profili democratici e partecipativi funzionali ad incrementare la pubblicità dell’azione amministrativa.

In particolare, il diritto di accesso ai documenti amministrativi, previsto dalla Legge n. 241/90, è stato configurato come strumento diretto a salvaguardare posizioni giuridicamente rilevanti (diritti soggettivi e interessi legittimi), perseguendo l’interesse generale funzionale a incrementare la trasparenza dell’attività amministrativa.

Tuttavia, in base alla disciplina originaria ex art. 22 Legge 241/1990, la concreta utilità di tale strumento era notevolmente ridotta rispetto alle astratte potenzialità di applicazione dell’istituto, proprio perché subordinare l’esercizio del diritto di accesso alla sussistenza di un interesse in capo a chiunque per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, ne limitava l’ambito di operatività soltanto per garantire la tutela di interessi giuridicamente rilevanti.

Tale limitata legittimazione soggettiva, dalle indiscutibili criticità applicative, è stata ulteriormente accentuata dalla Legge 11 febbraio 2005, n. 15 , che ha subordinato l’esercizio del diritto di accesso alla sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento di cui è chiesto l’accesso.

Rispetto a tale panorama normativo, il D.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (“Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni ”), innovando profondamente la materia, ha espressamente definito la trasparenza “ come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche ”, quale strumento diretto “ ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino ” (art. 1).

In questo modo, il legislatore, ispirandosi (sia pure in minima parte) al modello di pubblicità dell’azione amministrativa tipico degli ordinamenti aventi un vero e proprio Freedom Of Information Act, qualifica la trasparenza alla stregua di un indispensabile strumento diretto a garantire la pubblicità delle informazioni che riguardano le PA, nella prospettiva di riconoscere alla trasparenza amministrativa le caratteristiche di un diritto umano fondamentale spettante a chiunque, grazie all’introduzione dell’accesso civico previsto dall’art. 5 D.lgs. 33/2013.

Quest’ultima norma dispone che “la richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione in ordine alla legittimazione soggettiva del richiedente, non deve essere motivata, è gratuita” e risulta correlata all’obbligo posto a carico delle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati.

Con lo strumento dell’accesso civico la trasparenza assume le caratteristiche di un diritto soggettivo pubblico a conoscere e utilizzare liberamente tutti i documenti, le informazioni e i dati che le amministrazioni sono obbligate a pubblicare online [1], come peraltro è stato confermato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui, in caso di omessa pubblicazione di una serie di specifici documenti nei siti istituzionali delle PA, può essere esercitato da chiunque il diritto di accesso civico, con possibilità, in caso di conclusiva inadempienza all’obbligo in questione, di ricorrere al giudice amministrativo, secondo le disposizioni contenute nel relativo codice sul processo amministrativo. [2]

Secondo autorevole dottrina l’accesso civico configura un’inedita e peculiare azione popolare correttiva che consente di perseguire, entro i limiti degli obblighi di pubblicazione sanciti dalla legge, una finalità di controllo democratico generalizzato e diffuso sull’amministrazione, tutelando l’interesse generale alla pubblicità dell’azione amministrativa, nella prospettiva di assicurare la conoscibilità di documenti, dati e informazioni cui la legge attribuisce natura pubblica.

In questo modo vengono valorizzate concretamente le potenzialità dell’istituto, nella prospettiva di realizzare un più efficace controllo democratico diretto a verificare il costante rispetto di un facere infungibile, consistente nella pubblicazione di dati pubblici sul sito web istituzionale, nel rispetto delle modalità prescritte dalla disciplina di riferimento.

L’obbligo generalizzato della P.A. di garantire la conoscibilità di informazioni, dati e documenti pubblicati online comporta una rilevante trasformazione del tradizionale rapporto tra cittadino e Stato dirigistico, verticistico e autoritativo, realizzando modalità partecipative molto più dinamiche, interattive ed efficaci che consentono di attribuire all’utente il diritto a una pretesa, azionabile immediatamente, a fronte dell’inadempienza posta in essere dall’Amministrazione, [3] secondo cui la richiesta di accesso civico, proveniente da chiunque, non è sottoposta ad alcuna limitazione soggettiva del richiedente e non è subordinata alla titolarità di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento, come richiesto invece dall’art. 22, l. 241/1990.

Secondo la circolare n. 2 del 2013 del Dipartimento della Funzione Pubblica “con lo strumento dell’accesso civico, disciplinato dall’art. 5 del citato d.lgs. 33/2013, chiunque può vigilare, attraverso il sito web istituzionale, non solo sul corretto adempimento formale degli obblighi di pubblicazione ma soprattutto sulle finalità e le modalità di utilizzo delle risorse pubbliche da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri enti destinatari delle norme. Con l’accesso civico chiunque ha il potere di controllare democraticamente la conformità dell’attività dell’amministrazione determinando anche una maggiore responsabilizzazione di coloro che ricoprono ruoli strategici all’interno dell’amministrazione, soprattutto nelle aree più sensibili al rischio corruzione, così come individuate dalla legge 190/2012”.

Con l’evoluzione prospettata dalla legge delega di riforma della PA di agosto 2015 e con l’atteso decreto legislativo sull’accesso alle informazioni basato sul principio del FOIA, il diritto di accesso civico può rappresentare uno strumento estremamente utile per migliorare la partecipazione degli utenti cittadini al processo decisionale della PA, trasformando i cittadini da meri fruitori passivi delle informazioni diffuse dalle Amministrazioni a veri e propri protagonisti di un processo di collaborazione reciproca, nella prospettiva della realizzazione di un’Amministrazione aperta e pienamente trasparente.



[1] Nel rispetto di quanto previsto dall’Allegato A del D.lgs. 33/2013

[2] Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza del 20 novembre 2013 n. 5515

[3] come si evince chiaramente dall’art. 5 D.lgs. 33/2013

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