Ripartiamo dalle comunità locali, anzi dalla strada!

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Si parla tanto di cambiamento e di necessità di dare vita ad un nuovo modello economico basato sulle relazioni più che sul capitale. Quando ancora molti credono che la migliore strategia per il cambiamento sociale sia quella organizzata dall’alto, un’esperienza bolognese ci suggerisce di ripartire dalle comunità locali, con una azione di cambiamento dal basso perché è lì che nascono i cambiamenti radicali che  possono  rivoluzionare la nostra società.

7 Gennaio 2014

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Francesca Battistoni

Si parla tanto di cambiamento e di necessità di dare vita ad un nuovo modello economico basato sulle relazioni più che sul capitale. Quando ancora molti credono che la migliore strategia per il cambiamento sociale sia quella organizzata dall’alto, un’esperienza bolognese ci suggerisce di ripartire dalle comunità locali, con una azione di cambiamento dal basso perché è lì che nascono i cambiamenti radicali che  possono  rivoluzionare la nostra società.

In un mondo iper-connesso, il bisogno della relazione face-to face è ormai visibile in tante esperienze e progetti, a testimoniare una rinnovata voglia di antica socialità: alcune tendenze del momento, dalla sharing economy all’agricoltura urbana, presuppongono l’incontro fisico, lo stare insieme, il costruire insieme. La SocialStreet bolognese guidata da Federico Bastiani è un progetto che ha ottenuto una visibilità nazionale perché incarna questo bisogno. «La città non crea più occasioni di socialità. Penso ad esempio ai paesini di cinquanta anni fa, dove magari la domenica mattina ci si riuniva per andare a messa come un momento di socialità. Oggi queste cose non ci sono più e quindi in questo caso Facebook mi ha aiutato tantissimo, costruire la comunità di via Fondazza.» spiega Federico.

Ma cosa succede in Via Fondazza a Bologna?

L’idea della Social Street ha origine dall’esperienza del gruppo facebook "Residenti in Via Fondazza – Bologna" iniziata nel settembre 2013. L’obiettivo è quello di socializzare con i vicini della propria strada di residenza al fine di instaurare un legame, condividere necessità, scambiarsi professionalità, conoscenze, portare avanti progetti collettivi di interesse comune e trarre quindi tutti i benefici derivanti da una maggiore interazione sociale. Da facebook infatti nel giro di pochissimo si è passati alla vita reale. Sabato 10 novembre è andata in scena la prima social dinner: chi abita al civico 9 ha ospitato quelli del civico 87. C’è chi si è messa a disposizione dei vicini più anziani portandogli la spesa a casa. Nicola domanda ai vicini dove trovare un buon gommista per cambiare le ruote della macchina e Antonio si offre per fare ripetizioni per i ragazzini.

Piccoli passi dunque verso un’economia di tipo collettivo, non più fondata sull’individuo, ma sull’interazione tra le persone e sulla comunità di vicinato.  Da via Fondata l’esperienza si poi allargata ed oggi il sito socialstreet.it conta ben 56 “vie sociali” o “socializzanti”.

Ma Bologna non è nuova a simili iniziative. Qualche anno fa, infatti, un’altra esperienza, quella dei luoghi di sosta pedonale in Via Centotrecento, aveva dato avvio a pratiche locali di cittadinanza attiva. Si trattava della creazione di una rete di piccole piazze di vicinato, sempre diverse e progettate con la partecipazione dei cittadini, ricavate in spazi minimi nelle strade urbane che favoriscano la sosta, la convivialità ed i rapporti di vicinato e che supportino la mobilità sostenibile.

Cosa impariamo da queste esperienze?

Una rinnovata importanza e centralità dello spazio pubblico come luogo della mediazione e dell’incontro sociale; l’esigenza delle persone di stare insieme e soprattutto di condividere tempo, esperienze e competenze; l’attenzione al benessere non come fonte di reddito economico, ma come fonte di felicità.
La Social Street o la piazzetta di vicinato è uno strumento che gli abitanti della comunità hanno imparato a gestire nella consapevolezza che il cambiamento della società parte da lì, da loro stessi, dai loro vicini, dallo spazio che abitano. Se la politica guardasse e cercasse di apprendere da queste esperienze, forse qualcosa cambierebbe davvero!

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