Coinvolgimento civico e l’illusione del cittadino-eroe

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Il rapporto bipolare tra istituzioni e cittadini è destinato a scomparire, in favore di un rapporto di scambio sempre più frequente delle informazioni che il cittadino produce in qualità di utente non solo consumatore, ma anche produttore di un patrimonio informativo di valore inestimabile, un vero bene comune digitale. Ne abbiamo parlato a FORUM PA 2018, all’interno del convegno “Quale ruolo per il cittadino del XXI Secolo? Una nuova concezione di cittadinanza attiva” (di cui sono disponibili gli atti)

13 Giugno 2018

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Marina Bassi

Abbiamo parlato lungamente delle iniziative di partecipazione e consultazione che, a vario titolo, hanno intercettato i bisogni dei cittadini a livello territoriale. Sebbene qualcosa abbia cominciato a muoversi anche nel panorama digitale, lo stato dell’arte si mostra ancora lacunoso per quello che riguarda il raccordo a livello nazionale dei meccanismi e dei parametri che cooperano alla definizione di policy davvero partecipative. Questa è l’impressione generale emersa anche nel corso del convegno Quale ruolo per il cittadino del XXI Secolo?

Dal keynote iniziale di Francesca De Chiara (FBK – Digital Commons Lab), apprendiamo che ad oggi sono ancora molte le difficoltà che i cittadini (e le stesse Pubbliche Amministrazioni) fronteggiano per accedere e usufruire dei documenti che a livello normativo sarebbero già dovuti essere disponibili. Se come dicevamo da un lato gli enti hanno provato a intercettare i bisogni dei cittadini e a rispondere con soluzioni concrete (si pensi al percorso dei Laboratori di quartiere cominciati lo scorso anno a Bologna, ancora in corso), collezionare le buone esperienze esistenti e metterle a sistema è cosa più complessa. Secondo De Chiara, alcuni passi saranno indispensabili per rispondere al bisogno di raccordo:

1. mappare le risorse esistenti e le energie sociali già attive;

2. non ignorare le soluzioni meno ovvie. La cultura sperimentale è la chiave per avvicinare il futuro, e “l’esperimento non è tal se conosciamo già il risultato”.

In termini di collezione della domanda e coordinamento della risposta, quello che può venire in aiuto è l’esperienza della Piattaforma open source Decidim del Comune di Barcellona – di cui avevamo accennato con il supporto di Marta Almela Salvador, relatrice in Manifestazione – all’interno della quale è in fase di apertura anche un laboratorio di innovazione democratica.

Quello che emerge quest’anno è, quindi, l’esigenza di un vero cambio di paradigma. Abbiamo bisogno di una nuova pubblica amministrazione in questa fase storica, senza prepotenza burocratica, ma che consideri il cambiamento come condizione necessaria per rispondere alle nuove esigenze, come suggeriva Eggers quando consigliava di imparare a diventare da rematori a timonieri.

Quali sono quindi le raccomandazioni per il futuro?

Dal punto di vista di Marta Almela Salvador, è importante incentivare l’utilizzo di piattaforme libere tra i cittadini, formandoli sui diversi strumenti a disposizione, in modo che diano loro la percezione di come le decisioni sono state prese e per quali finalità. Le informazioni dovrebbero essere non solo disponibili, ma anche fruibili per favorire l’empowerment e l’engagement dei cittadini.

A questo si aggiunge la necessità di un processo di datificazione delle città. Quando si progetta una smart city – ad esempio – i dati forniti dai cittadini come produttori devono diventare beni comuni digitali (digital commons) utili alle finalità attraverso:

– la standardizzazione normativa dei processi di profilazione dell’utente;

– la creazione di una cultura della partecipazione.

In questo contesto, è necessario “alleggerire” il cittadino dal ruolo di eroe sociale. In altre parole, il cittadino deve essere trainato dall’alto, mentre preme da sotto. La legge sulla partecipazione diventa un elemento prioritario nella nuova agenda di governo, che possa fissare degli standard nazionali, limiti di spesa, garanzie di accesso e obblighi di finanziamento regionale.

Chiaramente, a tutto questo deve accompagnarsi uno studio dello stato dell’arte, della reale domanda di partecipazione, superando il livello delle linee guida alla consultazione, arrivando a un manuale della partecipazione e dei beni comuni digitali. Garantiamo, in sostanza, il diritto alla città.

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