Il menu “fai da te” servito all’immaginifica tavola dell’Agenda Ditale Italiana
L’attuazione dell’agenda digitale è ormai ad un passo… oppure no? Con l’arrivo della calda stagione anche la nostra collaborazione con lo Studio legale Lisi si prende una piccola vacanza, ma non prima di averci regalato un piccolo ed ironico (ma non troppo) compendio di come sia semplice per un’amministrazione ottemperare agli obblighi di legge in assenza di regole tecniche precise: come montare una nuova cucina componibile senza libretto di istruzioni.
10 Luglio 2013
Andrea Lisi e Silvia Riezzo*
L’attuazione dell’agenda digitale è ormai ad un passo… oppure no? Con l’arrivo della calda stagione anche la nostra collaborazione con lo Studio legale Lisi si prende una piccola vacanza, ma non prima di averci regalato un piccolo ed ironico (ma non troppo) compendio di come sia semplice per un’amministrazione ottemperare agli obblighi di legge in assenza di regole tecniche precise: come montare una nuova cucina componibile senza libretto di istruzioni.
Ricordate cosa strillava nel 1988 Francesco Salvi nella sua canzone “C’è da spostare una macchina”? A volte, abbiamo la sensazione che il legislatore italiano abbia proceduto in questo modo quando, in tutti questi anni, con gesti schizofrenici si è occupato di digitale, spostando qui e là una norma, per poi ricominciare, a volte dando agli interessati la spiacevole percezione di non crederci neppure troppo in questo cambiamento a suon di bit!
Tuttavia oggi sembra che finalmente la meta legislativa sia giunta. Oggi c’è l’Agenda Digitale.
In verità, tutto è ancora fermo – o quasi – dietro le quinte di ogni amministrazione italiana. Proviamo a capire insieme perché.
Cucine Faktum per piatti digitali appetitosi
Immaginiamo un temerario che abbia deciso, rinnovando l’arredamento di casa, di comprare e montare da sé una bella cucina componibile Faktum, consegnatagli scomposta, quasi atomizzata, in un migliaio di pezzi di varia misura (contando anche viti, maniglie e brugole).
Immaginiamo ancora che il nostro eroe dopo aver, con molta fatica, scaricato e spacchettato tutto fino all’ultima scatola scopra con raccapriccio che in ognuna di esse manca sistematicamente il libretto di istruzioni.
Forse il suo urlo d’ineffabile angoscia, lanciato lì nel mezzo del tinello, potrebbe pareggiare solo la solitudine esistenziale del dipinto di Edvard Munch!
Stesso urlo si avverte riecheggiare oggi nell’ecosistema immaginifico disegnato dal legislatore italiano e ribattezzato “Agenda Ditale Italiana”.
Infatti, gestire oggi i documenti in digitale nella perdurante assenza di Regole Tecniche sul documento informatico, sulla sua formazione, fascicolazione e soprattutto sulla sua conservazione è un po’ la stessa cosa: è mettersi a montarla, quella cucina (perché poi è la legge che ormai lo impone), con poca certezza di quello che sarà il risultato e con la forte probabilità che il prodotto finale assomigli molto da vicino a un’opera cubista, inadatta a contenere anche solo un cucchiaino. E purtroppo per gustare piatti davvero appetitosi dovremo ancora aspettare a lungo (nonostante lo stomaco da tempo li reclami!).
E se nell’ultimo periodo ci sono stati di certo alcuni segnali positivi da parte del legislatore, come la promulgazione in un breve lasso temporale di due decreti molto attesi sulle firme elettroniche e sulla fatturazione elettronica[1], la mancanza delle Regole Tecniche sulla formazione, il protocollo e la conservazione dei documenti informatici rimane una lacuna fondamentale.
L’incubo dell’impotenza (…di saper cucinare)
Assecondare gli obblighi imposti dal CAD (D. Lgs. n. 82/2005) e poi ulteriormente definiti (spesso in modo disordinato e incoerente) dalla normativa successiva (pensiamo ad esempio al Decreto Crescita 2.0 che ha gettato le basi per la realizzazione in Italia degli ambiziosi obiettivi dell’Agenda Digitale), senza avere delle norme tecniche univoche a segnare la via, trasmette una sensazione di impotenza agli operatori che devono occuparsi – in modi differenti e a vario titolo – di gestione e conservazione digitale dei documenti, incentiva il mancato rispetto degli obblighi di legge e favorisce nelle PA la pericolosa pratica del “fai da te”, dando adito a errori che mettono a serio repentaglio la sicurezza dei documenti o la validità di intere operazioni.
Invece, secondo quanto giustamente stabilito proprio dalla bozza delle nuove Regole tecniche sulla conservazione digitale dei documenti ormai da anni in attesa di pubblicazione, si deve prevedere per ogni PA la realizzazione di un esauriente “Manuale di conservazione” (art. 8) che illustri agli operatori dettagliatamente l’organizzazione della conservazione, i soggetti in essa coinvolti e i ruoli da loro svolti, il modello di funzionamento, la descrizione del processo, delle architetture e delle infrastrutture utilizzate, le misure di sicurezza adottate e ogni altra informazione utile alla gestione e alla verifica del funzionamento, nel tempo, del sistema di conservazione.
La maionese impazzita
Nel frattempo gli obblighi digitali avanzano e si moltiplicano: la normativa impone ormai che molte attività della PA si svolgano esclusivamente in maniera digitale. Per citare solo alcune delle norme in vigore possiamo ricordare l’obbligo di stipulare i contratti della pubblica amministrazione esclusivamente in forma elettronica e non cartacea – almeno quando siano stipulati per atto pubblico notarile o in forma pubblica amministrativa – introdotto dal così detto decreto sviluppo-bis, (dl 179/2012 convertito in legge 221/2012, che modifica l’articolo 11, comma 13, del Codice dei contratti pubblici).
O ancora si può menzionare il recente D. Lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, recante il riordino della disciplina sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni ed emanato a seguito della legge n. 190 del 2012 (cd. Legge anticorruzione), che fa del principio di accessibilità totale il baluardo della lotta al fenomeno corruttivo: e, seppur si parli di formati aperti e di riutilizzo, è innegabile che manchino delle indicazioni operative su come rendere disponibili on line, ad esempio, alcuni atti che sono anche sottoposti all’obbligo di pubblicazione (legge n. 69 del 2009) ai fini di pubblicità legale e, dunque, con effetti costitutivi. Per questo genere di atti, infatti, devono definirsi regole differenti da quelle sancite per le informazioni da pubblicare nella sezione “Amministrazione trasparente” di cui ogni PA deve dotarsi e dalla quale l’utente/cittadino può acquisire (o dovrebbe poterlo fare) i relativi documenti in formato aperto o comunque operarne il riutilizzo, così come previsto dall’art. 7 del d. lgs. n. 33/2013[2].
Al riguardo DigitPA (ora Agid) ha emanato anche un vademecum intitolato “Modalità di pubblicazione dei documenti nell’Albo on line” – contenuto nelle “Linee guida per i siti web delle PA” – il quale, tra le altre indicazioni operative, offre senz’altro criteri precisi per effettuare le pubblicazioni di cui all’art. 32, c. 2 della l. n. 69 del 2009. Ma anche questo vademecum risulta alquanto laconico circa il grado di fruibilità del dato da pubblicare, lasciando alla discrezionalità di ogni PA questo genere di decisione. Fortunatamente in soccorso degli operatori alle prese con tali enigmi corre il Garante Privacy con il provvedimento n. 49 del 2013, che, seppur riguardante lo schema del citato D. Lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, al paragrafo 6 contiene indicazioni proprio sul riutilizzo dei documenti nel settore pubblico (disciplinato dalla direttiva 2003/98/CE e dal decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36) attraverso la previsione di limiti e condizioni a tutela “delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali ai sensi delle disposizioni di diritto comunitario e nazionale”. A rendere ancora più caotico il quadro normativo si fa presente che recentemente è stata approvata la “Direttiva 2013/37/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che modifica la direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico” estendendola ad archivi, biblioteche e musei (http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?uri=OJ:L:2013:175:SOM:IT:HTML).
Ma perché gli operatori si devono “arrabattare” a rinvenire, attraverso un complicatissimo studio della disordinata e incoerente normativa e dei tanti provvedimenti delle Autorità, le soluzioni ai loro problemi piuttosto che preoccuparsi di eseguire in maniera fedele gli obblighi loro imposti da precise regole tecniche riversate magari su un chiaro e astratto quadro normativo?
Perché, senza giri di parole, non si provvede finalmente al “riordino” degli obblighi di digitalizzazione dell’azione amministrativa, spiegando bene cosa fare e soprattutto come?
Oggi l’unico piatto servito dalle PA nelle tavole apparecchiate dal legislatore e a disposizione di tutti i cittadini italiani somiglia a una maionese impazzita piuttosto che un armonico e gustoso tiramisù!
La ricetta (neppure tanto segreta)
Per smuovere gli animi sulla necessità dell’immediata promulgazione delle Regole tecniche è stata recentemente lanciata sul web una petizione dagli Stati Generali della Memoria Digitale: le firme raccolte attraverso quest’iniziativa verranno inoltrate alle autorità competenti con la speranza di contribuire ad abbreviare questo dannoso “tempo d’attesa”.
Si è ormai arrivati, infatti, al paradosso di dover postulare gli strumenti per poter ottemperare a degli obblighi, come se, praticamente, dovessimo chiedere in ginocchio il modulo per pagare le tasse.
“Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti”: questo scriveva Umberto Eco nell’ormai lontano 1986; si tratta di un’affermazione che rimane condivisibile anche a quasi trent’anni di distanza e in un contesto in cui lo sviluppo e l’utilizzo degli strumenti digitali ha subito un’accelerazione superiore alle comuni aspettative di allora.
La digitalizzazione ci fornisce formidabili strumenti che possono migliorare la nostra vita sociale e privata e sono in grado di dare finalmente alla pubblica amministrazione – che da sempre in Italia pare far rima con lentezza e macchinosità – un assetto snello, veloce e razionale. Ma è fondamentale rendere gli operatori che devono affrontare questa grande inversione di rotta dei soggetti digitalmente intelligenti fornendo loro istruzioni concrete, mezzi idonei e un’adeguata preparazione.
Provate a montare una cucina Faktum senza istruzioni e capirete l’importanza delle Regole tecniche: non lasciamo gli operatori del digitale da soli nel tinello alle prese con la costruzione di un mobile impossibile e con lo stomaco che reclama!
In estrema sintesi, per far gustare i futuri e prelibati piatti digitali agli italiani il legislatore nazionale vuole seguire i consigli del (pur simpatico) Francesco Salvi o di Umberto Eco? Secondo noi è il caso di deciderlo…
* Andrea Lisi e Silvia Riezzo (Studio Legale Lisi – www.studiolegalelisi.it)
[1] Si tratta, rispettivamente, delle Nuove "Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali" – D.p.c.m. del 22 febbraio 2013m pubblicato in G.U. n. 117 del 21.05.2013 e del Decreto 3 aprile 2013, n. 55 rubricato “Regolamento in materia di emissione, trasmissione e ricevimento della fattura elettronica da applicarsi alle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 1, commi da 209 a 213, della legge 24 dicembre 2007”, n. 244 – G.U. n. 118 del 22.5.2013
[2] E, prima di questo, dal D. Lgs. n. 179/2012, convertito nella legge 221/2012 che ha modificato il Codice dell’Amministrazione Digitale all’art. 52, disciplinante proprio l’ "accesso telematico e il riutilizzo dei dati delle pubbliche amministrazioni".