Ecco a che serve il catasto delle infrastrutture (sperando che sia la volta buona)

Home PA Digitale Ecco a che serve il catasto delle infrastrutture (sperando che sia la volta buona)

11 Novembre 2015

F

Fulvio Ananasso, Stati Generali dell’Innovazione

I costi dei lavori civili di scavo / installazione delle infrastrutture a banda ultralarga costituiscono il 60-80% del costo totale e sono pertanto un serio ostacolo all’implementazione delle reti di nuova generazione. Esistono però infrastrutture inutilizzate (o solo parzialmente utilizzate) che potrebbero essere adatte a realizzare reti in fibra ottica senza necessità di nuovi scavi (ad es. dotti per acqua o elettricità, gasdotti, oleodotti, …). Una mappatura dettagliata (a livello “fisico”) delle infrastrutture disponibili nel territorio permetterebbe di evitare la duplicazione delle stesse per reti a banda larga e ultralarga — e il relativo moltiplicare di costi evitabili. Un tale registro delle infrastrutture costituirebbe uno strumento di informazione geo-referenziato che permetterebbe di pianificare e facilitare lo sviluppo di reti ultrabroadband, ed aumentare trasparenza e efficienza delle infrastrutture nazionali. Al contrario, la mancanza di un dettagliato “catasto elettronico” delle infrastrutture tecnologiche non consentirebbe di disporre di una mappa delle reti esistenti nel sopra / sottosuolo ed impedirebbe una adeguata pianificazione dei lavori di posa della rete in fibra ottica utilizzando condutture esistenti.

Allo scopo di realizzare un tale catasto elettronico, lo scorso 5 novembre è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il Decreto Ministeriale che attua le disposizioni del Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 133 (convertito con modifiche nella Legge 11 novembre 2014, n. 164) e istituisce il ‘Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture’ (SINFI) — prerequisito per la predisposizione di un registro delle infrastrutture interoperabile e accessibile ai vari stakeholder. Il Decreto MiSE – al quale hanno collaborato il Dipartimento della Funzione Pubblica, il Ministero dei Trasporti, l’Agenzia per l’Italia Digitale, ANCI, Regioni, … – definisce le regole tecniche e modalità di costituzione, consultazione e aggiornamento dei dati territoriali in possesso delle Pubbliche Amministrazioni e dei soggetti privati proprietari o concessionari di infrastrutture territoriali — gas, elettricità, acqua, telecomunicazioni.

Il SINFI, la cui gestione è affidata al Ministero dello Sviluppo economico, registrerà le informazioni relative alle infrastrutture passive nel sottosuolo e soprasuolo (cavidotti, linee aeree, …) presenti sul territorio. I tempi concessi, dalla pubblicazione del Decreto Ministeriale, per le comunicazione al SINFI dei dati relativi alle infrastrutture sono piuttosto stretti (90 giorni per gli operatori privati, 180 giorni per le Pubbliche Amministrazioni), allo scopo di velocizzare il più possibile lo sviluppo delle reti a banda ultralarga. Ci si aspetta un significativo abbattimento dei costi di posa della fibra ottica (indicato in almeno il 33%, ancorché non specificandone tempi e dettagli), coerentemente con la Direttiva Europea 61 del 2014 sulla riduzione dei costi di installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità.

Il sistema informativo SINFI è altresì coerente con il Piano nazionale sulla banda ultralarga, approvato dal Consiglio dei Ministri del 3 marzo u.s. Il Piano fa infatti esplicito riferimento al catasto delle infrastrutture, menzionando una fase di sperimentazione attraverso l’iniziativa www.virgoregistry.eu. Così come enunciata, questa appare tuttavia presentare una certa dose di rischio a causa delle incertezze sulla gestione di progetto e monitoraggio del software. Se tale iniziativa non portasse a risultati concreti e fattibili a breve, l’intera strategia della banda ultralarga in Italia potrebbe risultare compromessa, in una sorta di effetto domino.

Speriamo quindi che sia la volta buona. Del catasto delle reti si parlava da almeno un decennio, ma poi regolarmente tutto si bloccava, lasciando il campo a iniziative localmente circoscritte (Lombardia, Emilia Romagna, …), delle quali buone prassi (e lessons learned) sarebbe peraltro opportuno tenere conto. Ad esempio, la regione Lombardia ha promulgato a suo tempo normative specifiche che hanno reso possibile la predisposizione a livello municipale del registro elettronico, il quale ha però impiegato anni – tra resistenze, ricorsi e traversie varie – ad affermarsi.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!