Digital Champion e Digital Minion
Riceviamo e pubblichiamo volentieri un commento di Andrea Lisi sulla govenance e sul management dell’innovazione in Italia. Presidente di ANORC e Coordinatore del Digital&Law Department dello Studio Legale Lisi con cui FORUM PA collabora proficuamente da anni sui temi della digitalizzazione della PA, nel suo commento Lisi ci propone una riflessione sulla differenza tra comunicare la digitalizzazione e gestirla, perchè "Non possiamo più giocare a provare". La posizione di Lisi ci sembra intellettualmente onesta. Dobbiamo però, per altrettanta onestà, lasciare all’autore la responsabilità delle sue opinioni. Nel dargli spazio sul nostro sito speriamo di aprire un dibattito utile e saremo lieti di ospitare tutte le voci che vorranno intervenire scrivendo a redazione@forumpa.it, nella certezza che il dibattito aperto ed inclusivo sia il principio su cui costruire insieme il miglioramento.
10 Dicembre 2014
Andrea Lisi
Riceviamo e pubblichiamo volentieri un commento di Andrea Lisi sulla govenance e sul management dell’innovazione in Italia. Presidente di ANORC e Coordinatore del Digital&Law Department dello Studio Legale Lisi con cui FORUM PA collabora proficuamente da anni sui temi della digitalizzazione della PA, nel suo commento Lisi ci propone una riflessione sulla differenza tra comunicare la digitalizzazione e gestirla, perchè "Non possiamo più giocare a provare". La posizione di Lisi ci sembra intellettualmente onesta. Dobbiamo però, per altrettanta onestà, lasciare all’autore la responsabilità delle sue opinioni. Nel dargli spazio sul nostro sito speriamo di aprire un dibattito utile e saremo lieti di ospitare tutte le voci che vorranno intervenire scrivendo a redazione@forumpa.it, nella certezza che il dibattito aperto ed inclusivo sia il principio su cui costruire insieme il miglioramento.
Leggo ormai ovunque che ogni Comune italiano si prepara a ricevere i Digital Champion, "Medici senza frontiere" del Digitale Italiano (paragone discutibile, nonostante le nostre PA siano evidentemente diroccate). Quello che mi lascia davvero di stucco non è l’entusiasmo con cui si porta avanti questa iniziativa (attraverso un nuovo blog che viene lanciato per l’occasione da un neo-costituito "movimento"), quanto piuttosto le modalità con cui si affrontano argomenti così delicati che riguardano il futuro di organismi complessi quali sono le nostre PA. E non si può davvero pensare di rivoltarle come un calzino a colpi di bit (i cui comandi rischiano così di essere affidati al caso).
Sembrerebbe, in verità, che si stia consegnando il futuro digitale dell’Italia a chiunque si metta a disposizione della causa, "autodichiarandosi" digital champion. Non voglio entrare nel merito delle dinamiche non sempre chiare di questa articolata operazione che evidentemente sembra poggiarsi, in pericoloso equilibrio, sull’ambiguità di una nomina politica che si intende sviluppare e portare avanti attraverso un’associazione privata. Altri hanno commentato questi aspetti in modo approfondito e mi riporto alle loro argomentazioni, nel merito sia delle questioni relative a un approccio forse troppo analogico al problema digitale, sia delle delicate questioni legate al metodo utilizzato per l’organizzazione di questa importante iniziativa. A tali dubbi diffusi si è comunque autorevolmente replicato attraverso una serie di Faq molto dinamiche e creative – ma non sempre convincenti – che si possono leggere sul sito dedicato all’attività dei DC.
Vorrei occuparmi invece di strategie e riflettere insieme a voi sulla funzione del Digital Champion in Europa e provare così non semplicemente a criticare ma a proporre un minimo di ordine progettuale in una evidente situazione nella quale l’ipertrofia normativa – sommata al caos generato da funzioni e iniziative simili portate avanti da organismi differenti – potrebbe prolungare ulteriormente la stagnazione che in ambito digitale stiamo vivendo (da troppo tempo) in Italia.
Prima di tutto chi è il Digital Champion? Ce lo spiega in modo chiaro la Commissione Europea specificandone le importanti funzioni: i Digital Champion sono ambasciatori per l’Agenda digitale, nominati dai loro Stati membri ai fini di aiutare ogni cittadino europeo a diventare digitale. I DC devono essere persone creative e motivate che conducono progetti innovativi nel campo delle cultura ICT, dell’inclusione digitale, dell’accesso e dell’e-government. Molti di loro promuovono attivamente lo sviluppo delle competenze digitali e l’imprenditorialità dei giovani, contribuendo ad affrontare la disoccupazione giovanile attraverso la condivisione di idee innovative.
A leggere il ruolo dei Digital Champion in Europa non può che far piacere la nomina in Italia di un eccellente comunicatore come Riccardo Luna. Le sue carte sono in regola e sono ineccepibili, pur nella discrezionalità politica della scelta effettuata dal Governo italiano. E infatti questi stessi principi di ispirazione europea nella definizione del ruolo del Digital Champion sono condivisi nell’incipit del sito web di titolarità del nostro DC e dedicato al suo progetto, che per il resto sembra discostarsi di parecchio rispetto a quanto si respira in Europa.
In particolare, sul sito di Luna si legge testualmente: “L’Italia ha avuto quattro Digital Champions in due anni. A differenza dei predecessori si è deciso di nominarne uno in ogni comune italiano: poco più di 8000.
I Digital Champions italiani avranno tre obiettivi: 1) dovranno essere una sorta di help desk per gli amministratori pubblici sui temi del digitale 2) dovranno muoversi come difensori del cittadino in caso di assenza di banda larga, wifi e altri diritti negati 3) dovranno promuovere, anche con il ricorso al crowdfunding, progetti di alfabetizzazione digitale, dai bambini ai nonni”.
Leggendo sul sito i diversificati compiti (auto)attribuiti al Digital Champion italiano e ai suoi “apprendisti digitali” non si può non sottolineare una certa confusione di ruoli e attività da portare avanti.
Occorre premettere in proposito che la palude digitale in cui viviamo è spiegabile anche e soprattutto con la mancanza di ordine nelle strategie e nella definizione degli organi preposti a portarle avanti. Allora proviamo a fare un minimo di ordine e a spiegare perché, a mio avviso, se non si ha ben chiaro sin dall’inizio quale è il preciso ruolo del Digital Champion nazionale e quale è il ruolo degli altri organismi preposti ad attuare le strategie dell’Agenda Digitale , questo caotico e composito esercito di DC al servizio (a quanto si legge gratuito) delle PA locali italiane rischia di muoversi in modo a dir poco inconcludente e senza direzione. Allora, con la speranza di non dimenticare nulla nella complicata matassa di nomine più o meno burocraticamente confermate e validate, oggi in Italia abbiamo:
1) Alessandra Poggiani alla guida dell’Agenzia dell’Italia Digitale, in qualità di Direttore Generale;
2) Stefano Quintarelli, Presidente del Comitato di Indirizzo dell’Agenzia per l’Italia digitale;
3) Paolo Coppola, Presidente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale (il Tavolo è stato istituito all’interno della Presidenza del Consiglio dei ministri con un decreto approvato il 23 settembre 2014);
4) e Riccardo Luna (appunto!) il Digital Champion italiano.
Tanti ruoli per fare le stesse cose? Ovviamente no e nel groviglio complicato di ruoli e funzioni attribuiti sarebbe opportuno separare con la massima attenzione e chiarezza l’ambito della comunicazione e alfabetizzazione da quello altrettanto fondamentale della formazione e della competenza/consulenza. Come del resto è previsto nella attuale normativa italiana ed europea.
Ruolo da protagonista, in proposito di Agenda Digitale, (ed è bene ricordarlo) spetta oggi ad AgID, la quale (lo si legge dal sito) ha il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana in coerenza con l’Agenda digitale europea e promuovere la diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, allo scopo di favorire l’innovazione e la crescita economica. AgID coordina le attività dell’amministrazione statale, regionale e locale, progettando e monitorando l’evoluzione del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione, anche adottando infrastrutture e standard che riducano i costi sostenuti dalle singole amministrazioni e migliorino i servizi erogati a cittadini e imprese. L’Agenzia definisce inoltre linee guida, regolamenti e standard, e svolge attività di progettazione e coordinamento di iniziative strategiche per un’efficace erogazione di servizi online della pubblica amministrazione a cittadini e imprese, assicurando, fra l’altro, l’uniformità tecnica dei sistemi informativi pubblici. Ad Agid spetta anche il gravoso ed essenziale compito di definire le competenze digitali.
Del resto, mi sembra utile ricordarlo, oggi è essenziale formare con attenzione specifiche professionalità in grado di supportare internamente ed esternamente i delicatissimi processi di digitalizzazione che coinvolgono tutte le PA italiane. E ancora oggi esistono casi frequenti (oserei dire costanti) di disattenzione nella comunicazione istituzionale o peggio di totale disapplicazione della normativa italiana in materia di Agenda Digitale.
Per invertire il passo e non continuare a procedere come ostinati e contrari gamberi digitali dobbiamo quindi fare ordine e definire chi fa cosa. È necessario, anzi indispensabile oggi fare ordine perché, come ha affermato di recente Luca Attias, siamo in una reale situazione di emergenza digitale e non possiamo più giocare a provare.
Non si può davvero pretendere che in modo disordinato e improvvisato ogni Digital Champion italiano possa essere in grado di fornire un costante e meticoloso help desk a cittadini e PA e magari garantire un’assistenza corretta e puntuale, grazie a una speciale segnalazione a Luna – quindi al sito – e trasformare la segnalazione in una storia; oppure attivare il digital champion per il legal! Si legge questo nelle FAQ del sito del Digital Champion italiano e a me sinceramente sembra di leggere una (poco divertente) barzelletta.
Vanno, invece, ricordati e definiti nel dettaglio i ruoli e le funzioni dei DC secondo l’Unione Europea, delicate e importanti figure che sono giustamente legate a un’attività di comunicazione.
Il mondo della PA italiana, infatti, è molto complesso e va gestito con la massima attenzione alla forma, alla sostanza e alla professionalità. Del resto nello stesso Codice della Amministrazione Digitale (D. Lgs. 82/2005) si legge all’art. 8 (alfabetizzazione informatica dei cittadini) che “lo Stato promuove iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire l’utilizzo dei servizi telematici delle pubbliche amministrazioni”. Qui il ruolo dei DC può risultare fondamentale e capillare. Ma nello stesso Codice si precisa, nell’art. 13, quanto sia fondamentale il ruolo della formazione informatica dei dipendenti pubblici e si specifica inoltre l’importanza di attuare “politiche di formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché dei temi relativi all’accessibilità e alle tecnologie assistive, ai sensi dell’articolo 8 della legge 9 gennaio 2004, n. 4”. Questo basilare compito può essere assolto solo attraverso la definizione di precise strategie portate avanti con doverosa attenzione da AgID attraverso il contributo di professionalità specifiche.
È proprio in seno ad AgID che il legislatore ha individuato l’alveo ideale per studiare e definire le competenze digitali finalizzate a sviluppare un concreto cambiamento e, in altri contesti specifici, (come ad esempio in UNI e UNINFO), ci si sta occupando di regolamentare nel dettaglio le professionalità da certificare anche attraverso l’iter di accreditamento con ACCREDIA.
Quindi mi chiedo oggi: i DC italiani sono abili comunicatori o si propongono gratuitamente, senza aver seguito precisi criteri di selezione o precise strade di accreditamento professionale, come formatori e/o consulenti di tutti i comuni italiani?
Occorre subito fugare ogni dubbio in proposito e specificare e attribuire con la massima attenzione ruoli e competenze, altrimenti si somma caos al caos e non ce lo possiamo permettere.
In verità in Italia abbiamo precise (e troppe) normative, anche di derivazione europea, in materia di Agenda Digitale e di digitalizzazione documentale. Adesso abbiamo anche un altrettanto nutrito gruppo di blogger e giovanissimi innovatori pronti a comunicare il cambiamento digitale, attraverso l’autorevole guida di Riccardo Luna. A mancare sono invece proprio gli artigiani del digitale, coloro che dovrebbero sporcarsi le mani di bit e supportare le PA in questo decisivo passaggio al digitale. Queste professionalità vanno definite e costruite con rigore e attenzione alla qualità. Esse costituiscono la cerniera tra le novità della normativa e la loro comunicazione e, quindi, sono il cuore pulsante di questo cambiamento. In proposito, è di pochi giorni fa la notizia che l’associazione ANORC ha sottoscritto un accordo di collaborazione con AgID teso a incentivare proprio la diffusione e lo sviluppo della cultura e delle tecnologie digitali nel nostro Paese, con particolare riferimento alla digitalizzazione e conservazione digitale dei documenti. La collaborazione si concretizzerà in attività di studio e comunicazione sulla digitalizzazione documentale e sui relativi aspetti formativi e occupazionali, nell’individuazione quindi delle skills necessarie alle nuove professionalità che operano in questo settore e nella pratica implementazione della formazione e dell’aggiornamento – nell’ottica digitale – del personale della PA e dell’impresa. È proprio da qui che è necessario partire perché altrimenti rischiamo di non poter comunicare nulla di concreto.
La definizione della cerniera di congiunzione tra legge e comunicazione è quindi oggi nelle mani di AgID e vanno precisate nel dettaglio le specifiche competenze digitali a cui affidare i delicati e complessi processi di digitalizzazione della PA. Vanno scovati in Italia i manager dell’organizzazione digitale di PA e imprese ed essi non devono essere bravi comunicatori, ma preziosi e meticolosi artigiani del digitale: più che Digital Champion essi mi ricordano degli efficientissimi Digital Minion. Solo se procederemo con ordine e se seguiremo con rigorosa attenzione quanto disegnato dal legislatore italiano ed europeo potremo davvero poggiare i primi mattoni (fatti di bit) su solide fondamenta digitali e quindi partire dal verso giusto, quello del concreto cambiamento.
La strada della formazione mirata è con certezza quella giusta da seguire perché, come diceva Nelson Mandela, l’istruzione e la formazione sono le armi più potenti che si possono utilizzare per cambiare il mondo.
* Andrea Lisi (Presidente di ANORC – www.anorc.it – Coordinatore del Digital&Law Department Studio Legale Lisi – www.studiolegalelisi.it)