Quale governance per l’innovazione della Scuola: a partire dai dirigenti
Senza la formazione di tutto il personale –
dirigente, docente e amministrativo – e un’organizzazione e condivisione di
un sistema di monitoraggio e valutazione dei progressi raggiunti, tra quelli previsti dal Piano, l’attuazione della riforma sarebbe messa seriamente a rischio
4 Febbraio 2016
Licia Cianfriglia, vicepresidente ANP
A circa tre mesi di distanza dalla presentazione del Piano col quale il MIUR intende dare attuazione alla parte di riforma della Buona Scuola relativa alla digitalizzazione della didattica e dell’organizzazione scolastica, va sottolineata l’urgenza dell’attivazione di due delle azioni previste , senza le quali l’intero progetto, ambizioso quanto necessario, sarebbe messo concretamente a rischio. Mi riferisco alle misure relative alla formazione di tutto il personale – dirigente, docente e amministrativo – e all’ organizzazione e condivisione di un sistema di monitoraggio e valutazione dei progressi dell’intero Piano .
La prima esigenza è, a mio parere, più rilevante della stessa soluzione dei problemi strutturali di accesso alla rete, se non altro perché gli obiettivi da raggiungere in termini di trasformazione delle pratiche consolidate richiedono tempi di intervento adeguati. Non è, insomma, solo una questione di investimento di risorse. Occorre un lavoro ampio e capillare, continuativo e ben strutturato per accompagnare il cambiamento delle abitudini professionali. Un tale lavoro dovrebbe iniziare al più presto e prevedere un tempo di realizzazione non banale. Gran parte dei docenti ha consolidato un’esperienza con i ragazzi basata essenzialmente su una didattica frontale e prevalentemente legata a strumenti di lavoro cartacei. Questo nonostante gli attuali ordinamenti, in vigore dal riordino del 2010, prevedano una didattica mirata alla costruzione e certificazione delle competenze, che richiederebbe l’adozione di una pluralità di metodi e strategie attive, favorite dall’adozione di strumenti digitali. Il libro di testo e le verifiche in forma scritta di tipo tradizionale affiancano ancora, nella maggior parte dei casi, le interrogazioni finalizzate alla verifica del possesso di conoscenze acquisite in modo trasmissivo. Nessuna definitiva condanna di questa tradizione, ma sicuramente la necessità di un arricchimento delle pratiche , che non può solo essere dichiarato nei convegni, cui spesso partecipano quelle minoranze già convinte dell’utilità di altre forme di approccio alla conoscenza. Un vero processo di riforma deve dimostrarsi capace di modificare gli atteggiamenti della maggioranza, rafforzando tutti i docenti nella convinzione che la didattica frontale e i metodi tradizionali dell’insegnamento e dell’apprendimento non sono gli unici ad essere efficaci. Perché siano acquisite da tutti gli insegnanti in servizio le competenze per avviare il cambiamento in modo strutturale è necessario consentire a tutti di avere esperienza di nuove modalità operative , in situazioni di formazione e aggiornamento anch’esse innovative. Un’analoga esigenza di cambiamento sussiste in ambito organizzativo, per adeguare i processi amministrativi della scuola a quanto già previsto dalle norme di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Anche in questo campo ci sono sicuramente punte di eccellenza e realtà scolastiche nelle quali il dialogo con gli studenti e le famiglie e la documentazione dei processi didattici e amministrativi è in larga parte digitalizzato, ma è assai più ampio il numero delle scuole che sono ancora indietro e le resistenze da affrontare da parte del personale amministrativo non sono minori di quelle manifestate dai docenti.
La sensazione è che per il successo di questo processo di cambiamento non ci si stia avvalendo sufficientemente delle competenze dei dirigenti delle scuole . Per il loro ruolo nella singola organizzazione ed anche nel sistema nel suo complesso, invece, i dirigenti dovrebbero essere alla guida dell’innovazione, categoria professionale su cui investire e con i quali condividere passo passo le scelte e le strategie attuative. I dirigenti dovrebbero essere i primi ad essere ben informati delle fasi e dei tempi di azione, formati anch’essi alle competenze di e-leadership e coinvolti in modo diretto. Questo non è quello che sta accadendo, a giudicare dalla situazione generale caratterizzata dall’estemporaneità e spesso anche sovrapposizione di iniziative e richieste, che giungono alle scuole senza che se ne possa rintracciare il disegno complessivo, lasciando intendere che lo stesso livello centrale agisca su diversi fronti senza un adeguato coordinamento. Sicuramente è stato utile favorire l’individuazione di un Animatore Digitale per ciascuna scuola, come possibile figura di sistema che realizzi un contatto continuo tra l’amministrazione centrale, le sue articolazioni periferiche e la singola istituzione scolastica autonoma. L’aver calato dall’alto questa indicazione, comunicandola mediante una nota che ovviamente non poteva avere natura prescrittiva, non ha contribuito però alla generale condivisione di senso. Sarebbe stata preferibile, come primo atto d’avvio dell’intera riforma della Buona Scuola, e con essa del Piano Nazionale Scuola Digitale, un’ organica attività di informazione e formazione e conseguente presa in carico dell’intero processo da parte dei dirigenti delle scuole . La realtà è invece un’altra, un continuo avvicendarsi di note, avvisi pubblici, circolari prive di un apparente coordinamento temporale e di senso, che da quattro mesi a questa parte sta rendendo frenetico e assai complicato il lavoro dei dirigenti, col rischio di far maturare in loro, e nei docenti che di volta in volta devono convolgere, la convinzione che la responsabilità di un tale clima di affanno sia nell’obiettivo stesso dell’innovazione. Questa conclusione sarebbe un grosso passo falso, assolutamente da scongiurare anche per non prestare il fianco ai tradizionali oppositori di qualunque cambiamento, gli irriducibili difensori dello status quo ante.
Va detto anche che, se si vuole davvero attivare una trasformazione sistemica e non solo innescare cambiamenti episodici e localizzati, gli errori delle esperienze precedenti non vanno ripetuti . E’ sotto gli occhi di tutti che quanto realizzato in passato sotto il nome di Piano Nazionale Scuola Digitale non ha attivato quel cambiamento complessivo delle pratiche di lavoro nelle classi e nelle segreterie che sarebbe necessario per fare della nostra scuola un sistema al passo coi tempi. E’ utile, per capire la situazione, leggere il documento di sintesi realizzato dalla Direzione Generale per gli Studi la Statistica e i Sistemi informativi del MIUR, nel quale sono elencate azioni, investimenti e relativi risultati nel periodo 2000-2015. Per intenderci, si va dalle iniziative ForTic e Fortic2, al DiGI Scuola, all’azione LIM in Classe, passando per le azioni Cl@ssi 2.0, Scuola@ 2.0 ed Editoria Digitale Scolastica, quindi alla realizzazione degli accordi MIUR-Regioni finalizzati a sostenere le azioni del MIUR con ulteriori coperture finanziarie e procedure operative calate sui singoli territori regionali, fino all’individuazione del Poli formativi, delle liste regionali di formatori per attivare una prima fase di formazione sulle competenze digitali (corsi di base ed avanzati) e all’azione Wireless nelle scuole del 2013. Lasciando parlare i dati quantitativi dello stesso documento e tenendo presente che un cambiamento di sistema è quello capace di intervenire sugli oltre 40.000 plessi, su circa 350.000 classi, circa 1.000.000 unità di personale e 8.000.000 studenti, appare evidente come quanto fatto finora ha la dimensione di una goccia nel mare.
Oltre il 75% delle scuole del primo ciclo non utilizza ambienti web per la didattica, la percentuale scende al 55% circa nelle scuole del secondo ciclo, ma il dato corrisponde alla presenza degli ambienti digitali di apprendimento e non tiene conto della pervasività e frequenza del loro utilizzo. Nel primo ciclo la velocità di connessione è per oltre l’89% medio bassa, dello stesso tipo per il’77% delle scuole del secondo ciclo. Il numero medio di studenti per computer è 9,8 nel primo wciclo e 5,7 nel secondo ciclo. Solo il 46,5 % delle aule è cablata, solo il 26,3% è dotata di LIM, solo il 5,9% di un proiettore interattivo (dati Osservatorio Tecnologico MIUR). Lo stesso esame dei dati OCSE Pisa 2012, condotto nello studio “Students, Computers and Learning. Making the connection ” relativamente all’Italia evidenzia ancora una volta la scarsa efficacia con la quale sono utilizzate le tecnologie nelle scuole italiane e individua come fattore determinante la garanzia di un livello adeguato di preparazione degli insegnanti. In questa direzione è necessario agire senza ulteriori indugi, ottimizzando le energie, le risorse e l’uso del tempo. Un obiettivo così sfidante di trasformazione della scuola, come quello delineato dal nuovo PNSD, non potrà essere perseguito senza una governance ben definita e trasparente, meccanismi di coordinamento, monitoraggio e controllo e una valutazione costante dell’avanzamento dei processi .